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Il presidente del Consiglio Regionale della Sardegna, Gianfranco Ganau, a Roma davanti alla commissione bicamerale per le questioni regionali

“Le ragioni della specialità della Sardegna sono non solo attuali ma oggi ancora più evidenti, incisive e profonde visto che trovano motivazioni in cause oggettive e non modificabili di carattere geografico oltre che storiche, politiche e istituzionali”. Il presidente del Consiglio regionale, Gianfranco Ganau è stato ascoltato questa mattina in audizione a Roma dalla commissione bicamerale per le questioni regionali, nell’ambito dell’indagine conoscitiva portata avanti dal Parlamento relativamente all’attuazione degli statuti delle regioni autonome con particolare riferimento al ruolo delle commissioni paritetiche, alla luce della riforma costituzionale in atto.

Il presidente dell’Assemblea sarda ha ribadito le ragioni della specialità, in primo luogo l’insularità e la perifericità della Sardegna, “dalle quali discendono profili di peculiarità identitarie e ambientali indubbiamente da valorizzare ma che comportano però anche un gravissimo distacco nella capacità di fruire servizi alla comunità, rispetto al resto dell’Italia. Il massimo rappresentante dell’Assemblea sarda si è soffermato a lungo sulle storiche carenze dell’isola, il deficit infrastrutturale, la mancanza di energia a basso costo, la forte limitazione territoriale a causa delle servitù militari, ribadendo - nell’occasione - il più fermo no dell’assemblea legislativa sarda ad ogni ipotesi di realizzazione del deposito nazionale di scorie nucleari nell’isola. Sulla specialità il presidente Ganau è stato chiaro: essa si pone come una vera e propria questione di diritti dei cittadini, prima ancora che di rapporti fra istituzioni per questo deve essere valorizzata sino in fondo “come strumento di parità di condizioni fra cittadini italiani del ‘continente’ e cittadini dell’isola”. Riguardo alle motivazioni di carattere identitario, ad iniziare dalla questione linguistica, il presidente ha sottolineato come queste rappresentino per i sardi una seconda pelle cucita addosso, peculiarità che richiederebbero non solo un riconoscimento, ma la massima salvaguardia e valorizzazione attraverso risorse aggiuntive.

In merito all’adeguamento degli Statuti il rappresentante dell’Assemblea legislativa sarda ha chiarito che alla  loro piena attuazione è legato il destino del progresso e della crescita civile e sociale dell’isola. «Ma la mancanza di norme di attuazione, non può essere un freno all’attuazione degli Statuti – ha aggiunto il presidente Ganau – perché oggi nella fase ormai lunga della crisi economica, delle politiche economiche restrittive e del patto di stabilità, il confronto fra Stato e Regioni è sempre più incentrato sulle risorse  e la spesa. Il Governo ha assunto iniziative unilaterali, poco rispettose della specialità». Gianfranco Ganau ha sottolineato come il nodo centrale rimanga di ordine politico: "la clausola di salvaguardia per la sopravvivenza degli Statuti e la loro modifica prevista dalla riforma costituzionale in atto – ha sottolineato il presidente Ganau – è dettata più dalla necessità di portare a termine rapidamente la riforma che da una reale salvaguardia  e ripensamento del ruolo delle autonomie. Il percorso di revisione degli statuti secondo il presidente del Consiglio comporterebbe un effettivo rischio di appiattimento, da qui la necessità di rivedere il rapporto tra Stato e Regione in un’ottica di leale collaborazione per rafforzare e supportare le ragioni di fondo della specialità, vedi l’adozione da parte della Sardegna dei principi di omogeneizzazione degli ordinamenti contabili, attuata senza attendere le norme di attuazione, così come altri aspetti di ammodernamento e trasparenza del sistema che possono essere recepiti direttamente, come ad esempio la riduzione del numero dei consiglieri o la riduzione delle spese di funzionamento degli organi, già applicate".

La Sardegna interpreta e declina la specialità come questione di sostanza – ha concluso il presidente Ganau – quello che ci aspettiamo non è tanto un adeguamento in sé alla riforma costituzionale, ma piuttosto una valorizzazione e una piena attuazione della specialità che può essere, se opportunamente declinata, un valore aggiunto per lo  Stato e l’intero regionalismo». Red