Cagliari, 2 Nov 2015 - Il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, ha vinto la sua sfida: il filo-islamico partito della Giustizia e dello Sviluppo (Akp) ha ottenuto il 49,3% dei voti e si aggiudica la maggioranza assoluta dei seggi nel Parlamento turco, 315 su 550. "Oggi è una vittoria per la nostra democrazia e per il nostro popolo", è il primo commento del premier turco, Ahmet Davutoglu, che ha preso la parola davanti a una folla di sostenitori del suo partito, l'Akp, davanti alla sua casa nel centro di Konya, roccaforte di questa formazione politica.
Nella notte, con un messaggio email, Erdogan ha salutato la vittoria come un segnale che il popolo ha scelto la stabilità e la fiducia. E ha "avvisato" i militanti del Partito dei lavoratori del Kurdistan Pkk: il risultato del voto mostra che "violenza, minacce e spargimento di sangue non possono coesistere con la democrazia e la legge".
Il partito filo-curdo Hdp ha centrato comunque l'obiettivo di entrare in Parlamento grazie al 10,4% dei voti (la soglia di sbarramento era del 10%) che gli varrà 59 seggi. Tengono i kemalisti laici del Chp che confermano il risultato di cinque mesi fa e i loro 132 seggi, attestandosi intorno al 25,3%. In calo i nazionalisti repubblicani, scesi dal 16,3 al 12% e con un numero di deputati dimezzati, da 80 a 42.
Il dato più eclatante di queste elezioni è la crescita dell'Akp di Erdogan che dalle ultime elezioni del 7 giugno ha guadagnato nove punti percentuali, portando così il proprio numero di deputati da 258 a 315, ben oltre la maggioranza assoluta di 276, necessaria a governare da solo, e molto vicino alla maggioranza qualificata di 330, richiesta per cambiare la Costituzione e realizzare il progetto presidenzialista. Quest'ultimo era ed è il vero obiettivo di Erdogan, che si sente ingabbiato dai poteri formali dell'incarico da lui coperto, deciso ad acquisire poteri esecutivi.
Dopo l’exploit del 7 giugno scorso, i filo curdi dell'Hdp, perdono oggi quasi il 3% passando dal 13% al 10,4% e da 80 deputati a 59.
La mappa dei risultati mostra un Paese spaccato in tre. Sulla costa egea e in Tracia vincono i repubblicani del Chp, l'Anatolia centrale e il Mar Nero sono dominati dall'Akp, nel sud-est del Paese a maggioranza curda vincono i filo curdi dell'Hdp, ragione per cui, seppur con una percentuale leggermente inferiore, ottengono più seggi dei nazionalisti.
Mesi di tensioni e violenze alle elezioni del 7 giugno a oggi, la Turchia ha vissuto mesi difficili: la ripresa degli scontri con il Pkk il 24 luglio, scontri che hanno causato più di 230 morti tra civili e forze di sicurezza, mentre l'esercito turco ha annunciato l'uccisione di più di 2000 ribelli separatisti. Gli attentati di Suruc del 20 luglio, 33 morti e Ankara il 10 ottobre, 102 morti. L'oscuramento di due canali televisivi e il commissariamento di due giornali. Scelte politiche che hanno causato un travaso di voti dai nazionalisti all'Akp, ma non solo, la Turchia ha scelto un partito solo al potere e il suo leader che ora governerà da solo.
Il voto ha visto una partecipazione di massa: l'affluenza alle urne ha toccato l'87,2%. Lo riferisce la tv di Stato Trt. Nel voto del 7 giugno scorso la partecipazione si fermò all'83,9%.
Le forze di sicurezza turche hanno lanciato gas lacrimogeni per disperdere manifestanti curdi scesi in piazza a Diyarbakir, nel sud-est del Paese, per esprimere la rabbia per il trionfo elettorale del Partito della Giustizia e dello Sviluppo del presidente Erdogan. Gli scontri sono scoppiati davanti alla sede locale del filo-curdo Partito democratico del popolo (Hdp). Decine di manifestanti hanno lanciato sassi contro gli agenti e hanno bloccato una delle strade principali della città, dopo che i dati parziali mettevano in dubbio il superamento da parte dell'Hdp della soglia del 10% necessario per portare di nuovo propri deputati in Parlamento