Cagliari 1 Feb 2016 - La seduta statutaria, ai sensi dell’art.20 dello Statuto, si è aperta sotto la presidenza del presidente Gianfranco Ganau. Dopo le formalità di rito, il Consiglio ha iniziato l’esame dell’ordine del giorno con lo Schema di norme di attuazione n.4 relative all’art.8 dello Statuto speciale della Sardegna.
Prima della discussione generale il consigliere Emilio Usula (Soberania-Indipendentzia), prendendo la parola sull’ordine dei lavori, ha affermato che «secondo i Rossomori e molte altre forze politiche di connotazione sardista merita il massimo dell’attenzione da parte del presidente della Regione e del presidente del Consiglio regionale un documento consultabile sul sito della Procura Cagliari che riporta le dichiarazioni del Procuratore generale Roberto Saieva rilasciate in occasione dell’apertura dell’anno giudiziario in Sardegna». In quella circostanza, ha ricordato Usula, l’alto magistrato ha detto in maniera «maldestra ed inopportuna» che alcuni delitti d’impeto «traggono origine da moventi che si radicano nella cultura agro-pastorale» così come nell’aumento delle rapine ai mezzi portavalori sarebbe «trasfuso l’istinto predatorio tipico della mentalità barbaricina che stava alla base dei dei sequestri di persona». A giudizio di Usula, si tratta di «concetti che trovano origine in uno sgradevole ed inaccettabile pregiudizio, perché non sardi siamo certamente portatori della cultura agropastorale ma non di un istinto predatorio, sono inoltre concetti pericolosi se espressi da luogo solenne come l’inaugurazione di un anno giudiziario». Il dr. Saieva, ha concluso Usula, «è persona degnissima ed abbiamo il massimo rispetto del ruolo ma, con queste argomentazioni, forse ha dimostrato la sua inadeguatezza a ricoprire una così alta funzione».
Successivamente il presidente ha dato la parola al consigliere Francesco Agus (Sel), presidente della commissione Autonomia e relatore dello Schema delle norme di attuazione.
Nel suo intervento Agus ha osservato che, con il provvedimento in discussione, «arriva a parziale conclusione, attraverso un iter molto lungo, un processo rimasto sostanzialmente fermo per circa 10 anni con cui si doveva esercitare un diritto previsto dallo Statuto, mentre ora avremo a disposizione una «cassetta degli attrezzi» che ci consentirà di gestire le opportune modifiche ed assicurare un gettito fiscale maturato fin dal 2010». Anni che non sono stati a costo zero per la Sardegna, ha sottolineato Agus, «in termini di opportunità sprecate e costi dei servizi, ma ora ancora più necessarie in presenza del regime di pareggio di bilancio; lo Schema di norme di attuazione rappresenta comunque un tassello fondamentale frutto del lavoro della commissione paritetica e dello stesso Consiglio nella legislatura precedente, nel quadro di una interpretazione esaustiva del gettito fiscale riconosciuto alla Sardegna su molte voci».
Il vice capogruppo di Forza Italia Alessandra Zedda ha messo l’accento sul fatto che «è vero che da oggi bisogna ripartire per un nuovo rapporto con lo Stato ma nel documento molti contenuti destano perplessità e, per noi, si tratta di una occasione persa per ottenere qualcosa di più, soprattutto se confrontati con quelli del 2010 e del 2012 che contenevano importanti opportunità ed una contabilizzazione veritiera ottenuta sulla base di ricorsi rivelatisi vincenti, che oggi invece non ci sono». Da questo momento, ha proseguito, «comincia un altro lungo iter che comporterà un altro rinvio e tempi lungi ed occorre vigilare perché questo non accada; va bene, inoltre, costituire la nuova Agenzia delle entrate ma a condizione di sapere come si coordinerà con questo schema che assegna la determinazione delle entrate allo Stato».
Il consigliere Gianfranco Congiu (Sdl) ha condiviso le argomentazioni del collega Agus, evidenziando che il testo contiene due parti essenziali, quella relativa agli articoli 1 e 2 ed il resto. Nei primi due articoli in particolare, ha rilevato Congiu, «c’è il punto di non ritorno della politica tributaria e sovranista di questa legislatura, che comunque è solo il primo passo di nuovo disegno che si definirà compiutamente solo con la costituzione dell’Agenzia sarda delle entrate; abbiamo lavorato a queste norme con la serenità di aver imboccato la strada giusta per attivare un vero processo di autodeterminazione».
Il consigliere Michele Cossa (Riformatori) ha criticato quella che definito una «eccessiva timidezza nei confronti dello Stato su una serie di partite a cominciare dall’aver lasciato alla determinazione unilaterale dello Stato l’ammontare delle risorse da assegnare alla Sardegna, oltre alla rinuncia importante come quella sulle accise che per la Sardegna è tema strategico». Un tema, ha continuato, che secondo noi «viene riproposto in termini canonici cioè relativo solo ai prodotti consumati e non a quelli lavorati; la stessa timidezza che troviamo nella parte che riguarda i giochi con la vertenza chiusa a luglio 2014 forse troppo in fretta, e nella valutazione della leva fiscale come leva di sviluppo economico evitando le sanzioni per gli aiuti di Stato, mentre invece è una leva molto importante per la politica regionale».
Dopo Cossa ha preso poi la parola Ignazio Locci (Forza Italia), che ha detto: “La discussione su queste norme di attuazione avviene dopo che la Regione si è dovuta accontentare di trecento milioni in meno dal Governo. Lo stesso assessore Paci ha parlato di recente di un problema di accantonamenti. Sono dunque evidenti le perplessità presenti nella legge di stabilità: è troppo forte la presenza dello Stato. Eppure le nuove competenze della Regione in materia di assistenza e non solo producono per noi maggiori spese che sono prive però di finanziamenti appositi da parte dello Stato. In parole povere, spetta a noi sostenere con le nostre risorse questi maggiori costi”. Per l’oratore “non possiamo reclamare solo diritti ma al tavolo con lo Stato dobbiamo far valere concretamente le nostre prerogative”.
Secondo Salvatore Demontis (Pd) “resta la questione degli accantonamenti: 380 milioni di euro sono troppi ma sarà la Giunta a continuare a negoziare una misura più equa con il Governo. Non è il caso di ricorrere alla Corte Costituzionale, come sostiene il centrodestra”. L’on. Demontis ha ricostruito il rapporto di credito della Sardegna con lo Stato a partire dal 2004, separando tutte le partite delle entrate ed evidenziando in particola modo il credito Iva.
Ha poi preso la parola Marco Tedde (Forza Italia), secondo cui “sulla questione delle entrate il centrosinistra ha ben poco da gioire per i suoi risultati. Anche perché lo Stato nei rapporti con la Sardegna non usa il metro della leale collaborazione, come evidenziato anche dallo stesso presidente Pigliaru. Lo Stato è in una condizione di inadempimento denunciato e conclamato. A cominciare dal 2006, quando il presidente Soru disse di aver raggiunto un ottimo accordo col Governo Prodi e in realtà a parere nostro e di tanti sovranisti e autonomisti l’accordo con lo Stato sulla partita delle entrate non è stato proprio vantaggioso. Il governo Renzi non è diverso, prende in giro anche altre Regioni oltre la Sardegna. Bisogna sbattere i pugni sul tavolo e far capire che non siamo disposti a farci prendere in giro”.
Per Franco Sabatini (Pd) questo è invece “un momento storico e un grande risultato per l’Isola al pari di altri che si sono succeduti negli anni. Queste norme di attuazione sono un passo davvero importante. In particolare, l’articolo 15 sulle riserve erariali apre scenari un tempo inimmaginabili. La norma consentono allo Stato la possibilità di aumentare le aliquote per una certa finalità, con lo scopo di concorrere ad abbattere il debito dello Stato. Anche nella manovra di bilancio 2016 sono iscritte queste risorse e in questo contesto l’articolo 15 prevede che il debito pubblico non sia un evento imprevedibile come quelli previsti nell’articolo 15. E in ogni caso le norme di attuazione, sotto il profilo della gerarchia delle fonti, hanno una forza costituzionale superiore alla legge di stabilità e a qualunque legge ordinaria. Anche questo fatto ci mette al sicuro da ogni rischio”.
Per conto del Psd’Az ha preso la parola Angelo Carta, che ha detto: “C’è molto da lavorare e nulla da festeggiare visto che fuori da quest’Aula i sardi aspettano soluzioni e invece queste norme di attuazione non risolvono i problemi. Intanto va detto che non ci sono nuove maggiori entrate e dobbiamo comunque ricordare che stiamo accettando dallo Stato che continui a riversarci le nostre quote di imposte, come e quando vorrà. Altro che agenzia sarda delle entrate, altro che sovranità fiscale: queste norme di attuazione svuotano definitivamente l’articolo 8 dello Statuto. Ci stiamo coricando perché qualcuno ci metta poi i piedi in testa e dal governo di Roma non possiamo aspettarci nulla di buono. Ci salverà non l’istinto predatorio ma quello di sopravvivenza”.
Pietro Pittalis, capogruppo di Forza Italia, ha chiesto una sospensione dei lavori per chiedere la cancellazione della firma di un parlamentare del Pd, Francesco Sanna, sul testo e il presidente Ganau ha comunicato di aver ordinato la cancellazione della firma.
Per Dedoni (Riformatori) “a nessuno sfugge quali sono i conti di questa vicenda e che da anni andiamo a Roma a pietire soldi che Roma non ci restituisce. Il risultato è che la Sardegna è impoverita e più di 600 milioni di euro ci sono sottratti ogni anno per accantonamento. Noi dobbiamo assistere uno Stato che non ci assiste quando ci serve, come nel caso dell’industria chimica. Volete che diciamo che va tutto bene?”.
È poi intervenuto Pietro Cocco, capogruppo del Pd, che ha parlato apertamente di “risultato straordinario per la nostra isola. Come si fa a dire che questo è un risultato improntato alla timidezza quando il presidente Pigliaru ha chiuso una vertenza che è rimasta aperta per dieci anni? Ci spettava vedere riconosciute queste risorse e finalmente le abbiamo concordate con lo Stato. Perché dite che non c’è leale collaborazione quando ci sono firme sui documenti ufficiali? Io non avrei mai chiesto di levare la firma di un rappresentante delle istituzioni, anche se prima di essere il presidente della commissione è un senatore eletto ed espressione di un partito. La stessa fiducia e lo stesso rispetto avrei avuto se quel senatore fosse appartenuto al centrodestra”.
Ha preso poi la parola Pittalis, che ha meglio spiegato il perché della sua richiesta: “Se fossi al posto dell’on. Sanna mi vergognerei, perché è uno schema di decreto al ribasso che alla Sardegna non consente e non concede nulla. All’articolo 15 stiamo venendo meno ai nostri diritti sanciti dal nostro Statuto. Volete dire che questo è il massimo che si poteva ottenere da uno Stato con il quale non si può alzare mai la voce?”. L’oratore ha chiesto al presidente Ganau una breve sospensione per concordare con il resto dell’opposizione la posizione da prendere sullo schema di attuazione. Segue