Cagliari, 9 Mag 216 – Vasta operazione dei carabinieri del comando provinciale di Cagliari stamane in tutto il territorio di competenza e in alcuni centri vicini al capoluogo sardo della provincia di Nuoro. Infatti, dalle prime ore di oggi a Cagliari, Quartu S.E., Dolianova, Sanluri, Iglesias, Narcao e Isili, oltre 150 militari hanno eseguito 20 ordinanze di custodia cautelare agli arresti domiciliari, con le accuse di induzione indebita continuata in concorso, peculato continuato, truffa aggravata continuata, falso in atto pubblico continuato e 11 perquisizioni delegate.
Tali provvedimenti costituiscono l’ultimo atto di una lunga e complessa attività d’indagine, denominata convenzionalmente “Caronte”, condotta dalla Stazione Carabinieri di Cagliari Villanova dal 2013 al 2015.
L’attività investigativa, tramite sistemi d’intercettazione ambientale e di videoripresa, ha consentito agli investigatori dell’Arma di dimostrare, in modo inequivoco, attraverso la raccolta di una considerevole quantità di riscontri oggettivi, l’esistenza di un diffuso sistema di malaffare che ha visto coinvolte ed indagate 168 persone (tra cui le 20 finite in manette) tra necrofori dipendenti di 5 ospedali cagliaritani e 11 agenzie funebri.
In particolare, le indagini hanno consentito di accertare come questi avessero favorito sistematicamente alcune agenzie funebri compiacenti piuttosto che altre, aiutandole nella vestizione delle salme, permettendo loro di “incassare” il defunto prima del tempo previsto dal regolamento di polizia mortuaria (non prima di 15 ore dal decesso), accelerando la relativa prassi burocratica, mettendo a disposizione la camera mortuaria più grande ed arrivando, in alcuni casi, a segnalare ai parenti dei defunti le agenzie “amiche” cui rivolgersi; il tutto in cambio di un compenso in denaro variabile tra 20 e 200 euro per servizio funebre (stimato su alcune migliaia all’anno).
Tale sistema, nel quale, sovente, le agenzie funebri si inserivano anche spontaneamente, poiché i vantaggi erano certamente superiori all’indebita sovrattassa, consentiva ai necrofori di intascare un vero e proprio “secondo stipendio” (dai 1.000 a 1.500 euro al mese), per un giro d’affari complessivo stimato in 500.000 euro.
Nell’ambito di tale sistema sono emersi inoltre, per taluni indagati, profili di responsabilità in ordine al reato di “truffa aggravata”, in quanto si è dimostrato come gli operatori funebri non rispettassero gli orari di lavoro imposti e, oltre a scambiarsi i turni senza informarne la Direzione sanitaria, falsificassero intenzionalmente e regolarmente gli orari delle timbrature dei badge elettronici, strisciando le tessere gli uni degli altri, arrecando così un considerevole danno erariale per l’amministrazione sanitaria. Per alcuni necrofori indagati, nelle funzioni di incaricato di pubblico servizio, sono emerse responsabilità in ordine al reato di “peculato” avendo accertato alcuni episodi dove si faceva un uso personale del telefono dell’ufficio o di varie apparecchiature elettroniche con i relativi beni di consumo.