Roma, 15 Mag 2016 - Nel 2016 ci sono oltre 150mila italiani in meno. Come se fosse sparita nel nulla l'intera Rimini. O Foggia, o Cagliari. A tanto ammonta infatti il differenziale negativo tra nuovi nati e morti, dati record che allarmano e che hanno fatto parlare il ministro della Salute Beatrice Lorenzin di "crac demografico", proponendo una serie di "interventi choc", a partire dal raddoppio del bonus bebè.
I numeri sono eloquenti: nel 2015, riporta l'Istat, le nuove nascite sono state 488mila, 8 per mille residenti, quindicimila in meno rispetto al 2014, toccando il minimo storico dalla nascita dello Stato Italiano. Dal momento che i decessi l'anno scorso sono stati 653mila, ne deriva una dinamica naturale della popolazione negativa per 165mila unità. Solo parzialmente mitigata dagli ingressi degli immigrati. Il che significa che il ricambio generazionale non solo non viene più garantito da nove anni, ma continua a peggiorare (da -7mila unità nel 2007 a -25mila unità nel 2010, fino a -96 mila nel 2014).
In assoluto, alla bassa propensione di fecondità, insufficiente a garantire il necessario ricambio generazionale, continua ad accompagnarsi la scelta di rinviare sempre più in là il momento in cui avere figli: l'età media delle madri al parto, infatti, sale un ulteriore gradino portandosi a 31,6 anni contro i 31,5 del 2014 (31,3 nel 2010). Già a gennaio l'autorevole sito di demografia "Neodemos" lanciava l'allarme, in un editoriale dal significativo titolo "Abbiamo avuto 150mila invitati in meno al banchetto di capodanno?".
Secondo gli esperti, un crollo simile non si era mai verificato in un secolo: per ritrovare un saldo negativo di questi livelli bisogna tornare ai tempi della Prima Guerra mondiale. Solo nel biennio 1917-1918, infatti, si erano registrate punte così negative, complice il terribile conflitto, certo, ma anche l'imperversale della letale epidemia di "spagnola"