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Niente truppe italiane in Libia: oggi a Vienna si discute il futuro del paese

Roma, 16 Mag 2016 - In attesa che la situazione si stabilizzi, l`Italia non prevede l`invio di soldati in Libia: lo scrive il Corriere della Sera, che ricostruisce gli ultimi sviluppi della linea italiana sul Paese nordafricano. Il sostegno al governo guidato da Fayez Serraj è immutato, ma "troppo alti sono i rischi, troppo forte il pericolo che i reparti stranieri diventino bersagli di attacchi", per cui il governo continua a seguire la linea di grande cautela.

"L`impegno del nostro Paese segue il percorso della diplomazia" e la Farnesina ha ribadito in una nota che "obiettivo prioritario rimangono l`unità e la stabilizzazione della Libia", nelle ore in cui a Vienna delegazioni guidate dal segretario di Stato Usa John Kerry e dal ministro degli Esteri Paolo Gentiloni discuteranno proprio delle prospettive per la Libia.   Intanto, “in vista del decreto di finanziamento delle missioni all`estero che dovrà essere approvato questa settimana, si sono intensificate le consultazioni tra il presidente del Consiglio Matteo Renzi e i ministri competenti", continua il Corriere: rimane la possibilità, prevista da un provvedimento firmato dallo stesso Renzi, di utilizzare nuclei speciali per missioni segrete. Ma per quanto riguarda gli altri compiti di vigilanza e addestramento la scelta è quella di prendere tempo.

Tutto questo mentre oggi a Vienna è in programma una riunione ministeriale sulla Libia convocata e co-presieduta dal segretario di Stato Usa John Kerry e dal ministro degli Esteri Paolo Gentiloni. L'appuntamento riunisce i Paesi del cosiddetto ''formato di Roma'' (membri permanenti del Consiglio di Sicurezza, alcuni Paesi europei e della regione, Organizzazioni Internazionali e Regionali), allargato a Malta, Ciad, Niger e Sudan.

Compattare il fronte pro Sarraj, confermare pieno sostegno al Governo di accordo nazionale, aprire al generale Haftar, discutere e verificare le condizioni di un`eventuale revoca parziale dell`embargo Onu sulle armi. Sono questi i temi della riunione di oggi che si si pone in continuità con l`appuntamento di Roma del 13 dicembre scorso e intende agevolare la soluzione di tutte le questioni più spinose - o almeno di una buona parte di esse - per favorire una transizione con pochi rischi per l`esecutivo insediatosi a Tripoli con il sostegno della comunità internazionale. L`Italia, che ha convocato e co-presiede la riunione con gli Stati uniti, si attende "un passo avanti" e confermerà il suo impegno primario per una Libia "unita e stabile".

Al Serraj potrà così raccogliere un importante messaggio di sostegno internazionale alla sua azione e presentare alcune prime decisioni, come il decreto per la formazione della Guardia Presidenziale e il provvedimento per la creazione di un comando operativo congiunto per la lotta a Daesh. La Guardia presidenziale, che nel prossimo futuro potrebbe rappresentare il nucleo fondante delle nuove forze armate libiche, necessita di un rapido consolidamento, condizione indispensabile anche per l`eventuale revoca dell`embargo Onu sulle armi.

A questo proposito, gli Stati Uniti hanno inviato segnali di apertura, "se il governo libico preparerà una lista dettagliata e coerente di strumenti che vuole utilizzare per combattere l'Isis e risponderà a tutti i requisiti per la deroga". Una posizione condivisa dall`Italia, che pensa a una revoca dell`embargo mirata, che abbia l`obiettivo di mettere il governo Sarraj nella condizione di combattere con maggiore efficacia le organizzazioni terroristiche e la minaccia di Daesh, ma non da Mosca, che continua a manifestare il suo scetticismo. La Russia, membro permanente del Consiglio di sicurezza dell`Onu e quindi con potere di veto, considera prematuri i tempi per una revoca dell`embargo, almeno fino a quando la situazione resterà precaria e volatole come in questo momento.