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Banche, eurogruppo: crisi Italia non è acuta. Renzi: l’intesa è a portata di mano

Bruxelles (Belgio), 12 Lug 2016 - È massima la prudenza sul caso bancario italiano. Sulla trattativa in corso tra Italia e Commissione europea non sono emerse - ai margini delle discussioni dell'Eurogruppo - novità rispetto a quanto emerso negli ultimi giorni.

Le discussioni riguardano la posizione dei creditori delle banche che saranno interessate a ricapitalizzazioni cautelative: l'Italia preme per salvaguardare anche gli investitori istituzionali, mentre la Commissione ritiene che un problema di fiducia nel sistema bancario e comunque un problema di proporzionalità nella valutazione degli oneri sui vari soggetti indicati dalle regole del 'bail-in' emerga solo in riferimento agli investitori non istituzionali, quali sono i risparmiatori che hanno investito in obbligazioni convertibili.

Con i giornalisti, il ministro Padoan ha parlato genericamente di "altri strumenti precauzionali", oltre alla possibilità già prevista e autorizzata da Bruxelles di garanzie pubbliche per fronteggiare eventuali crisi di liquidità, strumenti che saranno 'visti'. Sono proprio tali strumenti oggetto del difficile negoziato con la Commissione europea. La cosa certa è che né le autorità comunitarie né - almeno finora - l'autorità di supervisione bancaria, cioè la Bce, giudicano 'emergenziale' la situazione delle banche italiane, tale cioè da richiedere una sorta di 'sospensione' delle regole del 'bail-in' per una serie intera di creditori.

Prudente si è dimostrato innanzitutto il ministro delle finanze tedesche Schaeuble. Anche il presidente dell'Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem, che è ministro olandese ed è pressato come non mai dagli euroscettici e dagli eurodubbiosi del parlamento nazionale in vista delle prossime elezioni in Olanda, previste per la prossima primavera. Dijsselbloem adesso indica che la situazione italiana non "è una crisi acuta" e così prende tempo.

L'appello alla prudenza è anche volto a calmare le acque in Borsa, a evitare sfiducia oltreconfine. "I risparmiatori saranno tutelati dal governo", dice il nostro ministro dell'Economia Padoan. Non si parla di banche italiane all'Eurogruppo, dice Padoan, visibilmente molto irritato per il racconto mediatico dell'"affaire", delle trattative Roma-Bruxelles. Infatti le ricapitalizzazioni preventive con interpretazioni flessibili delle regole del 'bail-in' non fanno parte dell'ordine del giorno dell'Eurogruppo appena concluso e neanche dell'Ecofin di martedì. Però è uno dei temi sui quali intervengono pubblicamente molti ministri e per Padoan è l'occasione per verificare direttamente qual è l'umore degli altri governi circa gli spazi possibili per trovare una soluzione.

Il vicepresidente della Commissione, Valdis Domborvskis non si è sbilanciato, ribadendo che l'Ue collabora con Roma e che ci sono "diverse modalità in cui la questione può essere affrontata, se dovessero emergere problemi di liquidità o di capitale, nel rispetto delle regole europee e senza danneggiare la stabilità finanziaria o gli investitori al dettaglio".

Comunque è il 29 luglio la data di riferimento: l'Eba divulgherà i risultati degli stress test. Se entro quella data non si saranno individuate chiare soluzioni al caso Mps e al resto dei problemi aperti nel sistema italiano in relazione alle ricapitalizzazioni cautelative, allora sì che ci potrebbero essere dei problemi seri di instabilità.

Sul tema delle banche italiane è intervenuto, invece, con toni piuttosto aspri il Financial Times, con un editoriale che parla di crescenti dubbi sul settore e sulle riforma attuate. Sostenendo che in Italia vi sarebbero perfino "più sportelli bancari che pizzerie", immagine che comunque il quotidiano attribuisce all'Ocse, e che la soluzione ai problemi non può che passare da dolorosi tagli a "decine di migliaia di posti di lavoro". Paradossalmente, lo steso quotidiano riconosce al governo Renzi di "esser stato quello che ha fatto di più negli ultimi 20 anni per riformare il frammentato settore". "Ma molti temono che sia troppo poco e troppo tardi" e sfortunatamente il tempo per agire sta finendo", proprio mentre si avvicinano i referendum sulle riforme costituzionali.

Il presidente del Consiglio Matteo Renzi, intervistato da Beppe Severgnini su Corriere.it ha rilanciato la palla in Europa: "La sintesi dell'Economist è che il problema sono le banche ma io penso che in Ue il problema non è la banca italiana. Sono molto più preoccupato dei derivati delle banche di altri Paesi che non dei Non performing loans, i crediti incagliati, delle nostre". E poi: un accordo con l'Europa sulle banche "compatibile con le regole attuali è alla portata di mano". "Vogliamo che i risparmiatori e i correntisti italiani siano al sicuro".

Il premier ha sottolineato che "la tranquillità rispetto ai problemi di alcune realtà bancarie italiane la assicuriamo puntando a un obiettivo banale: vogliamo che i risparmiatori e i correntisti italiani siano al sicuro, punto. Poi le banche si devono fondere, ci devono essere meno poltrone nei cda". Poi, dopo aver ribadito che il problema principale sono i derivati nelle banche estere, Renzi ha aggiunto: "In Italia abbiamo una questione particolare rispetto agli altri. Nel 2010, 2011, 2012 forse si doveva fare allora l'intervento sulle banche che si decise di non fare. Merkel ha messo 247 miliardi di euro nelle banche tedesche, perché ha pensato fosse una buona occasione per il sistema tedesca. Ora le regole sono cambiate, è impossibile farlo con le modalità di allora". E "non fu fatto per valutazioni politiche dei governi di allora".