Roma, 15 Sett 2016 - l Centro studi Confindustria lima al ribasso le stime del Pil per il 2016 e il 2017 e parla di crescita "bassa e insoddisfacente": per l'anno in corso il prodotto interno lordo passa a +0,7% (da +0,8%) e per il prossimo anno a +0,5% (da +0,6%).
"Nel contesto di accresciuta turbolenza globale - si legge ne 'Le sfide della politica economica' - l'economia italiana presenta una debolezza superiore all'atteso. La risalita del Pil si è arrestata già dalla scorsa primavera. Gli ultimi indicatori congiunturali non puntano a un suo rapido riavvio, piuttosto confermano il profilo piatto. I rischi si mantengono verso il basso. La crescita indicata per il 2017, sebbene già del tutto insoddisfacente, non è scontata e va conquistata". "L'urgenza di misure a favore degli investimenti e che spronino la produttività è ribadita dalla sostanziale conferma delle previsioni Csc di bassa crescita", prosegue il rapporto. "Il forte aumento dell'incertezza - spiega Luca Paolazzi, direttore del Csc - è legato questa volta anche alla questione politica, all'evidente incertezza politica".
"Non riusciamo a schiodarci dalla malattia della bassa crescita di cui soffriamo dall'inizio degli anni Duemila" avverte il capo economista di Confindustria, Luca Paolazzi. I dati Csc mostrano come "prima, durante e dopo la Grande Recessione (in Italia più intensa e più lunga) si è accumulato un distacco molto ampio" con altri Paesi Ue. Tra 2000 e 2015 il Pil è aumentato in Spagna del 23,5%, Francia +18,5%, Germania +18,2%. In Italia è "calato dello 0,5%" e con le dinamiche in corso i gap aumentano oggi "ancor più rapidamente".
Senza flessibilità si rischia una manovra correttiva da 1 punto di Pil. "Il deterioramento" del quadro macro "comporta un peggioramento del deficit e, a parità di obiettivo (ad oggi per il governo è 1,8% nel 2017) richiederebbe uno sforzo maggiore". Per questo "è assolutamente necessario negoziare margini di flessibilità aggiuntivi". Per il Csc nel 2016 la crescita si ferma allo 0,7% e nel 2017 allo 0,5% con deficit al 2,3%, che richiederebbe "una manovra complessiva sui saldi di 16,6 miliardi". L'aggiustamento si renderebbe necessario, spiegano i tecnici del Csc, per "compensare la minor crescita e il mancato aumento dell'Iva" che scatterebbe invece a legislazione vigente. Sulla base delle stime del governo di aprile andavano recuperati "8,2 miliardi per consentire il raggiungimento dell'obiettivo di deficit all'1,8% del Pil" e "il completo annullamento delle clausole di salvaguardia" da 15 miliardi. Ma "il quadro macroeconomico è peggiore di quello prospettato cinque mesi fa dal governo. Ciò aumenta il deficit pubblico e, per mantenere gli obiettivi di bilancio indicati ad aprile, le risorse da recuperare".
Sono 7,9 milioni le persone in cerca di lavoro nel 2016, il 78,1% in più rispetto al 2008. "A causa della lenta risalita dell'attività economica, - spiega il Csc - nel mercato del lavoro italiano permane un ampio bacino di persone a cui manca lavoro (in tutto o in parte) : agli ancora quasi 3 milioni di disoccupati nel secondo trimestre del 2016 (+78,3% rispetto a otto anni prima) bisogna aggiungere gli occupati part-time involontari (2,7 milioni, +95,9%) e i non occupati che sarebbero disponibili a lavorare ma non hanno compiuto azioni di ricerca attiva (1,4 milioni, +40,5%) e quelli che stanno aspettando l'esito di passate azioni di ricerca (705mila, più che raddoppiati, +120,8%). In totale si tratta di 7,9 milioni di persone (+78,1%).
“È vitale proseguire e approfondire il processo riformista" dice il centro studi di Confindustria, che avverte: "Ciò dipende dall'esito del referendum sulle modifiche alla Costituzione" che "migliorerebbero la governabilità del Paese e aiuterebbero a far cader alcuni degli impedimenti" denunciati dalle imprese. Ci sono state "importanti riforme nell'ultimo biennio", ma "in gran parte attendono piena attuazione e la trasformazione in comportamenti". Quando invece "vengono attuate i risultati non tardano a concretizzarsi": per Confindustria "un chiaro esempio è fornito dal Job Act accompagnato dalla temporanea riduzione della contribuzione sociale a carico delle imprese. Quasi i quattro quindi degli oltre 426mila posti di lavoro aggiuntivi creati dall'inizio del 2015 a metà 2016 sono con contratti a tempo indeterminato"