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La Direzione Pd approva all’unanimità la relazione del segretario ma la minoranza non vota

Roma, 11 Ott 2016 - La relazione di Matteo Renzi alla Direzione del Pd è stata approvata senza voti contrari e senza astenuti. Lo ha detto Matteo Orfini, chiudendo i lavori, che si sono svolti in un clima teso. Ma la minoranza dem non ha partecipato al voto.

Renzi comincia il suo intervento alla direzione del Pd con un forte richiamo all'unità sottolineando che si è scelta la strada della democrazia interna, non i caminetti del Pd o presunti tali. E considera "ridicolo chi contesta le minime differenze nelle stime sul Pil". "In ogni passaggio cruciale" è stata convocata l'assemblea, ha ricordato Renzi, spiegando di aver voluto mantenere la promessa di discutere all'interno del partito in ogni occasione.

A riprova delle sue intenzioni amichevoli lancia alla direzione del partito la sfida sulla legge elettorale: "Sono pronto a cambiare l'Italicum". Il premier ha proposto, quindi, una commissione Pd per valutare i cambiamenti della legge elettorale con l'ausilio anche delle altre forze politiche, ma ha detto chiaramente: "Non fermo il Paese per tenere unito il partito".

La proposta di Renzi, anche per «smontare qualsiasi alibi», è quella di cominciare subito dopo il referendum, in Commissione alla Camera, una discussione nel merito dell’Italicum che preveda quattro possibili punti di cambiamento: sul ballottaggio, sul premio di lista o di coalizione, sul modo di eleggere i deputati, quindi capilista e preferenze, e sul modo di scegliere i mombri del nuovo Senato. Un’apertura, quindi, articolata, per la quale Renzi indica anche la squadra del partito che dovrebbe occuparsene, ma secondo alcuni della minoranza troppo tardiva e debole.

La proposta di Renzi sull'Italicum non convince Roberto Speranza. "Il punto non è accontentare la minoranza, non è capire se recuperiamo spazio sul referendum. Il punto è capire che chi dice che questo meccanismo", Italicum e riforma costituzionale, "cambia sostanzialmente la forma di governo pone un argomento vero. Se non si risolve questo combinato disposto si è di fronte a un cambio della forma di governo, sul piano sostanziale", dice l'esponente della minoranza dem. "Si vuole fare un comitato? Si faccia. Ma diciamoci la verità: se vogliamo cambiare l'Italicum dobbiamo mettere in campo noi, qui, una iniziativa con la spinta del governo. La proposta che Renzi ha fatto non è sufficiente, sconta ancora questa debolezza".

Critica anche la replica di Gianni Cuperlo, uno dei leader della minoranza dem, che ha annunciato che senza accordo voterà no al referendum e poi si dimetterà da deputato. "Se un accordo vero sulla legge elettorale non ci dovesse essere, il 4 dicembre non posso votare la riforma che ho votato 3 volte in Parlamento ma Matteo ti dico 'stai sereno' perché che se sarà così, un minuto dopo comunicherò le dimissioni alla presidente della Camera".

La replica del segretario ha toccato, punto per punto, tutte le critiche sollevate, soffermandosi in particolar modo sulla richiesta, quasi un aut aut, della minoranza di farsi interprete in prima persona di una proposta del Pd. "Il peccato originale di questa legislatura è il fatto di aver preso il 25 per cento dei voti", è stata la risposta di Renzi. "Un premio di maggioranza eccessivo ci ha consentito di avere la maggioranza alla Camera, ma non al Senato. Chi viene qui a dire facciamo l'accordo nel Pd e poi siamo tutti d'accordo nega la verità dei numeri. Perché vi dico un segreto: da soli non abbiamo i numeri". Da qui l'appello e l'impegno di Renzi: "Facciamo uno sforzo per trovare un punto di caduta" sull'Italicum. "Non la considero una apertura. Garantiamo il massimo impegno da parte nostra, ma non trasformiamolo in tormentone". La proposta di Renzi prevede una delegazione Pd composta dal vicesegretario Guerini, dal presidente Orfini, dai capigruppo Zanda e Rosato e anche dalla minoranza. Il compito, per Renzi, dovrebbe essere innanzitutto quello di sondare le posizioni degli altri partiti.

Matteo Renzi nel corso della direzione del Partito democratico ha parlato anche del Def. "Lottavamo con la Grecia per non recedere, oggi lottiamo per la Champions. I numeri dell'economia sono ancora troppo bassi per le nostre ambizioni. Ci sono segnali positivi ma anche elementi da prendere seriamente in considerazione. Abbiamo - ha aggiunto - ancora sulle nostre spalle anni di difficoltà: i numeri dei ragazzi che se ne vanno sono un problema perché non hanno una ragione per ritornare. Sembra ridicolo chi fa la polemica tra le stime del governo (1%) e quelle dell'Fmi (0,9%). Grazie allo sforzo di tutti noi la direzione di marcia è quella giusta, la velocità ancora no".

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