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Trattativa Stato-Mafia, Graviano: stragi del ’93 non furono di Cosa Nostra

Palermo, 9 Giu 2017 - I Pubblici Ministeri m di Palermo titolari dell'accusa al processo sulla trattativa Stato-mafia hanno depositato una corposa attività integrativa di indagine: si tratta delle intercettazioni ambientali effettuate in carcere tra il boss Giuseppe Graviano e il co-detenuto Umberto Adinolfi. Da febbraio del 2016 ad aprile del 2017 Graviano è stato ascoltato dalle microspie. Per i Pm le intercettazioni sono rilevanti ai fini del processo. La Procura ha anche chiesto di citare a deporre lo stesso Graviano.

"Poi nel '93 ci sono state altre stragi ma no che era la mafia, loro dicono che era la mafia. Allora il governo ha deciso di allentare il 41 bis, poi è la situazione che hanno levato pure i 450". Lo dice a un compagno di detenzione, non sapendo di essere intercettato, il boss Giuseppe Graviano alludendo alla decisione, presa nel novembre del '93, di revocare il carcere duro per 450 mafiosi.

Le parole di Graviano sono finite agli atti del processo sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia e dimostrerebbero, secondo i Pm, che tra le condizioni messe da cosa nostra alle istituzioni per fare cessare le stragi c'era un allentamento del carcere duro. Graviano ricorda il suo periodo al 41 bis a Pianosa: "Pure che stavi morendo dovevi uscire e c'era un cordone, tu dovevi passare nel mezzo e correre. Loro buttavano acqua e sapone". "Andavano alleggerendo del tutto il 41 bis ...se non succedeva più niente, non ti toccavano, nel '93 le cose migliorarono tutto di un colpo", aggiunge.

"Quella notte si sono spaventati, temevano il colpo di Stato e lui se n'è andato subito a palazzo Chigi assieme ai suoi vertici (lui è l'allora premier Ciampi). Loro non volevano nemmeno resistere, avevano deciso già di non resistere al colpo di Stato". Lo dice, riferendosi alla reazione dell'allora premier Ciampi, dopo le bombe di Milano nel luglio del '93, il boss Giuseppe Graviano, durante un colloquio in carcere con un detenuto che è stato intercettato.

"Berlusca mi ha chiesto questa cortesia... per questo è stata l'urgenza di... come mai questo qua, poi che successe, ero convinto che Berlusconi vinceva le elezioni in Sicilia, Berlusconi...". È quanto dice, senza sapere di essere intercettato, il boss Giuseppe Graviano, detenuto in carcere a un altro detenuto, Umberto Adinolfi, il 10 aprile del 2016. Gli atti delle intercettazioni sono adesso finiti nel dibattimento per la trattativa tra Stato e mafia. Sempre parlando dei suoi presunti rapporti con Berlusconi Graviano aggiunge, alludendo all'intenzione dell'imprenditore di entrare in politica già nel '92: "Lui voleva scendere però in quel periodo c'erano i vecchi e lui mi ha detto ci vorrebbe una bella cosa". Frase che i Pm interpretano come la necessità di un gesto forte in grado di sovvertire l'ordine del Paese.

"Berlusconi quando ha iniziato negli anni '70 ha iniziato con i piedi giusti, mettiamoci la fortuna che si è ritrovato ad essere quello che è. Quando lui si è ritrovato un partito così nel '94 si è ubriacato e ha detto 'Non posso dividere quello che ho con chi mi ha aiutato'. Pigliò le distanze e ha fatto il traditore".  "Tu lo sai che mi sono fatto 24 anni, ho la famiglia distrutta ... alle buttane glieli dà i soldi ogni mese. Io ti ho aspettato fino adesso ... e tu mi stai facendo morire in galera senza che io abbia fatto niente". "Ti ho portato benessere, 24 anni fa mi arrestano e tu cominci a pugnalarmi", aggiunge sfogandosi con un altro detenuto. "Al Signor Crasto (cornuto) gli faccio fare la mala vecchiaia", dice Graviano sempre alludendo, secondo i Pm, a Berlusconi colpevole di averlo abbandonato. "Sa che io non parlo - aggiunge - perché sa il mio carattere e sa le mie capacità ...pezzo di crasto che non sei altro, ma vagli a dire com'è che sei al governo, che hai fatto cose vergognose, ingiuste".