Cagliari, 19 Sett 2024 - In Sardegna, negli ultimi giorni, migliaia di bambine e bambini hanno varcato le porte delle nostre scuole per la ripresa dell’anno scolastico.
Molte e molti di loro hanno genitori non italiani, sono nate e nati in Italia, parlano italiano – e spesso anche il dialetto – giocano e studiano con i loro compagni e le loro compagne, ma continuano a chiedersi perché non possano essere italiani nonostante si sentano tali. La risposta, purtroppo, risiede in una legge anacronistica, ingiusta e discriminatoria. Una legge che - di fatto - genera “migranti” facendo si che i giovani e le giovani che nascono, crescono e si formano in Italia non possano avere la cittadinanza a meno di attraversare il lungo e impervio percorso verso una cittadinanza comunque impossibile da raggiungere prima del raggiungimento della maggiore età.
Lo Ius Scholae è una misura di giustizia e buon senso. Riconoscere la cittadinanza a chi è cresciuto, educato e si è formato nel nostro Paese non è solo una questione di equità nei confronti di questi ragazzi e queste ragazze, ma anche un passo cruciale verso una società più inclusiva e giusta. È il momento di riconoscere pienamente chi già vive e contribuisce alla nostra comunità.
Una parte della politica insiste che chi non è nato da cittadini italiani debba "meritarsi" la cittadinanza. Tuttavia, allo stesso tempo, ritiene giusto che migliaia di persone nate e cresciute all’estero, spesso senza mai aver messo piede in Italia né conoscendo la nostra lingua, possano ottenere la cittadinanza italiana semplicemente per discendenza da un trisavolo. Un evidente paradosso che non può più essere ignorato.
Lo Ius Scholae rappresenta una riforma essenziale, un punto da cui partire per correggere questa disparità e dare voce a chi già vive, studia e si sente italiano. È il momento di aprire gli occhi e dare cittadinanza a queste generazioni di ragazze e ragazzi, riconoscendoli per ciò che sono: parte integrante del nostro presente e futuro. Com
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