Non solo la telefonata alla Questura di Milano con «la balla» (parola del questore) su Ruby «nipote di Mubarak»: dai nuovi atti inviati dai pm alla Camera, emergono altri episodi (alcuni piccoli, altri di maggior spessore) di un difficoltoso rapporto del premier con le regole dei rapporti istituzionali.
Il primo si percepisce nelle telefonate successive all'arresto il 3 agosto 2010 del dominicano Carlos Ramirez de la Rosa, cioè del fidanzato di Marystelle Garcia Polanco (una delle ragazze delle feste), trovato in possesso di 12 chili di cocaina (costatigli proprio ieri in primo grado 8 anni di carcere con il rito abbreviato) nei giorni in cui l'uomo guidava una Mini Cooper verde affidatagli dalla Polanco, che a sua volta l'aveva avuta in prestito dall'ignara Minetti alla Polanco. Minetti, che il 3 agosto era in vacanza alle Seychelles, racconta alla Polanco chi l'aveva avvisata dell'arresto e cosa (apparentemente un «falso») le sarebbe stato indirettamente raccomandato dal premier per allontanare da lei i sospetti: «A un certo punto - dice Minetti - ero a cena, mi chiama la Barbara Faggioli (altra ragazza delle sere ad Arcore, ndr) e mi dice che lui (Berlusconi, ndr) l'ha chiamata e gli ha detto "chiama subito la Nicole e digli che deve denunciare la scomparsa della macchina"». Significherebbe dire il falso, perché Minetti non era stata derubata dell'auto, l'aveva invece incautamente prestata alla stessa Polanco che a sua volta l'aveva data al proprio fidanzato. Minetti prosegue il racconto alla Polanco: «Allora io ho provato a richiamarlo e lui (il premier, ndr) non mi rispondeva, non mi rispondeva, l'ho richiamato e mi ha detto questa cosa, era già incazzato nero». Quale cosa? Che cosa dice alla Minetti? «Lui mi chiama e mi dice: "Guarda che mi ha chiamato un giornalista e mi ha detto che è successo questo e questo e questo, che hanno fermato un individuo sulla tua macchina con degli stupefacenti e che non è la prima volta. Subito fai questo, subito..."».
Cioè la denuncia della scomparsa dell'auto, che invece Minetti non farà, certa di poter dimostrare (come avvenuto) di essere estranea all'uso della sua auto prestata due volte.
Il secondo episodio riguarda invece la raccomandazione del premier di cui Polanco si giova quando il 4 dicembre 2010 cerca e trova presso il prefetto di Milano una corsia preziosa (due colloqui diretti con Gianvalerio Lombardi) per ottenere la cittadinanza italiana, senza però raggiungere il risultato voluto perché il prefetto correttamente poi le spiega che non ci sono i presupposti (10 anni di permanenza in Italia). Alle tre del pomeriggio una voce da Palazzo Grazioli (una delle residenze del premier) chiama la Polanco: «Buonasera, le dovrei dare il numero di telefono del prefetto Lombardi». Polanco chiama il giorno dopo e a risponderle è la segretaria del prefetto, che inizialmente frappone il filtro ovvio per ogni cittadino comune. Fin quando però la segretaria - di fronte alla ragazza che insiste per «parlare personalmente con il prefetto, mi hanno dato questo numero...» - le chiede quasi una parola d'ordine evidentemente attesa perché preannunciata: «Sì, ma da parte di chi le hanno dato questo riferimento? Qualcheduno che lei mi può essere d'aiuto, mi scusi, come riferimento?». La ragazza allora si apre: «Io la chiamo da parte del presidente Berlusconi, non lo so se era giusto dirlo a lei». Ma certo che era giusto, «signora - le spiega la segretaria del prefetto - me lo deve dire perché ovviamente io ho avuto questo input ma... se lei non mi diceva questo... lei è la signora Garcia?». In un attimo la telefonata passa al prefetto, che fissa un appuntamento alla ragazza, per poi congedarsi con un «grazie, mi saluti pure il presidente». Ma la cortesia del prefetto non andrà oltre: il 17 dicembre le comunica che «io ho fatto fare le verifiche e purtroppo non ci sono i 10 anni di continuità». Nonostante ciò, la ragazza tornerà a insistere e otterrà un secondo appuntamento dal prefetto, la cui segretaria il 13 gennaio le farà una cortesia logistica: «Lei lo sa che può entrare in macchina, non perda tempo a cercare parcheggio, può entrare in Prefettura con la sua auto».
Si moltiplicano, intanto, gli episodi che segnalano un tramestio di iniziative variamente difensive in epoca antecedente all'emergere dell'inchiesta su Il Fatto il 26 ottobre o a ridosso di sue tappe rilevanti. Già erano emersi l'interrogatorio fantasma di Ruby la notte del 6 ottobre; la convocazione ad Arcore che il 15 gennaio Berlusconi (tramite Barbara Faggioli) fa delle ragazze perquisite il giorno prima; il mistero del verbale di indagini difensive reso ai legali del premier Ghedini e Longo da Barbara Guerra ma trovato a casa della Polanco e per giunta senza le firme né della ragazza né degli avvocati indicati nell'atto come coloro che avevano posto le domande; le telefonate dal 7 al 12 gennaio tra Ruby e il suo ex avvocato Luca Giuliante nelle quali la ragazza chiede un aiuto economico che asserisce in passato già intermediato da «un avvocato» e accenna a «una grossa somma»; e gli appunti sequestrati il 14 gennaio a Ruby insieme a 20mila euro in contanti, con le note su «70.000 euro conservati da Dinoia», «170.000 euro conservati da Spinelli» (tesoriere di Berlusconi, ndr) e «4 milioni e mezzo da Silvio Berlusconi ke ricevo tra 2 mesi».
Adesso le intercettazioni colgono altri due passaggi. Il primo segnala che già nella festa ad Arcore del 18 ottobre 2010 (una settimana prima che il caso diventasse pubblico) Nicole Minetti e le altre ragazze sapevano di un grosso problema creato dalle dichiarazioni di Ruby. Minetti il giorno prima spiega infatti alla Polanco che «lui me lo ha detto... è per questa cosa qua... perché è successo un po' un casino... perché 'sta stronza della Ruby... Ma comunque guarda che io oggi vado da quello che la segue... praticamente mi dice tutto quello che lei ha detto alla sua amica». E la notte dopo, finita la festa, alcune ragazze in auto si abbandonano a lazzi e frizzi insultanti nei confronti proprio «della Ruby faccia di m...». Sempre quel 17 ottobre, alle ore 18.18, Minetti telefona al direttore del Tg4, Emilio Fede, informandolo che «io sono qua in questo preciso momento da Luca Giuliante che ti saluta» (in quel momento Giuliante, legale di Lele Mora in altri procedimenti, assiste anche Ruby). Fede sa di cosa si parla: «Ah sì, eh, per quella vicenda lì, eh... La sto seguendo anch'io su un altro fronte». Minetti: «Eh immagino... c'è da mettersi le mani nei capelli». Fede concorda: «Sì, c'è da mettersi le mani nei capelli... Eh io parlo... ti dico subito... ci sono... nell'entourage tre telefoni sotto controllo da parte...». Minetti: «Ah sì?». Fede: «Sì, sì, poi ti dico. Io non ho avuto notizie, ma lui stasera mi aveva accennato che ci vedevamo stasera (...) No, gli devo parlare assolutamente... per fortuna ho trovato delle strade...».