Il C-130 dell'Aeronautica militare italiana con la salma del caporal maggiore Matteo Miotto ucciso lo scorso venerdì in Afghanistan in una base avanzata del Gulistan è atterrato alle 10,08 all'aeroporto di Ciampino.
Subito dopo l'arrivo al parcheggio riservato, dal portellone posteriore del C130 dell'aeronautica militare è uscito, portato in spalla da sei alpini del 7mo Reggimento di Belluno cui era in forza il primo caporal maggiore Matteo Miotto, il feretro avvolto nel tricolore. Sotto bordo l'ordinario militare Arcivescovo Vincenzo Pelvi ha quindi benedetto la salma. Subito dopo il ministro della Difesa Ignazio La Russa si è avvicinato al feretro poggiandovi sopra le mani per alcuni istanti cosi come in altre occasioni di rientri di militari caduti all'estero, aveva fatto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano oggi assente a Ciampino, perché affetto da sindrome influenzale.
A bordo di un carro funebre, la salma del primo caporal maggiore Matteo Miotto ha lasciato l'area dell'aeroporto di Ciampino per raggiungere l'Istituto di medicina legale.
La camera ardente sarà allestita nel pomeriggio, dalle 16.30 alle 19.00, presso il policlinico militare del Celio. Domani alle 11 le esequie solenni nella Basilica di Santa Maria degli Angeli.
Il militare, in forza al 7/o Reggimento Alpini di Belluno è stato ucciso lo scorso venerdì in Afghanistan da un cecchino mentre era in servizio all'interno della base avanzata "Snow", nella valle del Gulistan. Miotto, 24 anni, veneto di Thiene, si trovava in Afghanistan da 5 mesi.
Miotto aveva un profilo su Facebook e tra gli interessi raccontava tutta la sua passione per la carriera militare. Tra i gruppi ai quali era iscritto, infatti anche uno degli alpini che si chiama 'Non ho fatto lo stage, sono un alpino'. Il ragazzo, inoltre, era vicino a gruppi di destra come Casa Pound. Il giovane aveva anche aderito alla 84esima adunata nazionale degli alpini a Torino.
A quest'ultima vittima delle operazioni in Afghanistan è stata dedicata il 31 dicembre sera anche la preghiera ecumenica con cui si è aperta la Marcia della Pace svolta ad Ancona.
Miotto è la tredicesima vittima italiana dell'anno appena concluso, la 35ma dall'inizio della missione. Meno di due mesi fa aveva scritto una lettera aperta ai suoi concittadini per raccontare loro la tragedia di un paese in guerra
"Non tutto è chiaro" nella morte di Matteo Miotto, l'alpino italiano ucciso ieri in Afghanistan da un colpo d'arma da fuoco sparato da un cecchino. A dirlo è Francesco Miotto, il papà del militare morto nel Gulistan, che ai microfoni di Skytg 24 ha spiegato: "Quello che ci interessa è che Matteo non ce lo restituisce nessuno". Lui "era orgoglio e speranza per me e mia moglie", sostiene. "Questa è un'esperienza che non auguro a nessuno".
Il papà del soldato ucciso ha raccontato di avere appreso la notizia "con brutalità". "Sono caduto dalla poltrona. Mi ha chiamato un ufficiale, mi pare di ricordare dall'Afghanistan. Mi ha chiesto se ero io, poi mi ha detto: volevo comunicarle che suo figlio è deceduto".
E' facile, adesso "immaginare il vuoto" che lascia la morte di Matteo in famiglia. ""E quando si saranno spente le luci su questa vicenda, allora penso che arriverà il brutto", ha commentato.