Brevissima udienza questa mattina nel tribunale milanese. Solo sei minuti, la durata dell’udienza che è stata appunto brevissima e interlocutoria. Senza Karima e senza Silvio. Ma aula del processo Ruby era gremita di giornalisti a più di un'ora dal via del dibattimento che vede Silvio Berlusconi imputato di concussione e prostituzione minorile.
Il processo è stato rinviato al 31 maggio per le questioni preliminari e la costituzione delle parti civili. "Oggi l'elemento significativo dell'udienza è che nessuna persona, né funzionari della questura né la signorina Ruby, si è costituita parte civile".
Lo ha detto l'avvocato Giorgio Perroni, legale del premier, aggiungendo: "Siamo convinti che da questo processo verrà fuori l'estraneità di Berlusconi da tutti e due i reati contestati".
Ruby ha deciso di non costituirsi parte civile al processo a carico del premier. Se Ruby-Karima si fosse costituita parte civile, come era stato ipotizzato fino a ieri sera, avrebbe di fatto ammesso la prostituzione, spiega il difensore della giovane marocchina, Paola Boccardo. Ruby, dice il legale, "non ha avuto rapporti sessuali con Silvio Berlusconi, e non ha subito alcun danno dalla frequentazione di Villa San Martino in alcune serate". L'unico danno subito dalla ragazza, spiega infine, l'avvocato è stato quello mediatico, "che però non può entrare in questo processo".
Il processo non sarà peraltro fermato dalla decisione presa ieri alla Camera, con 12 voti di scarto, di sollevare il conflitto d'attribuzione, a meno che i giudici non accolgano una precisa istanza della difesa o arrivi una pronuncia definitiva della Consulta che rimandi il caso al Tribunale dei ministri.
Continua a far discutere, intanto, lo scoop di ieri del Corriere della Sera, le tre telefonate a Berlusconi trascritte per errore negli atti dei Pm senza autorizzazione.
"La legge è uguale per tutti - osserva Alessandro Sallusti sul Giornale - tranne
che per i magistrati che possono tranquillamente calpestarla sapendo di rimanere impuniti. A occhio, infatti, i Pm della procura di Milano hanno commesso un reato, trascrivendo e allegando ad atti pubblici tre intercettazioni telefoniche del presidente del Consiglio senza l'autorizzazione del Parlamento. Nelle ventimila pagine che costituiscono l'atto di accusa del caso Ruby ci sono infatti tre conversazioni tra il premier e tre ragazze. Se n'è accorto, ma guarda la coincidenza, il Corriere della Sera proprio alla vigilia dell'apertura del processo. (...) Su questo tema la legge è chiara. Primo: i telefoni di deputati e senatori non possono essere intercettati. Secondo: se intercettando una persona terza, gli inquirenti si rendono conto che stanno ascoltando la voce di un parlamentare, l'operazione va subito interrotta. Terzo: se i Pm si accorgono solo a cose fatte dell'indebito ascolto, i nastri e le trascrizioni devono essere buttati, a meno che la Camera di riferimento, interpellata, non decida diversamente. Nel caso in questione tutto ciò non è accaduto. Ilda Boccassini e compagni se ne sono fregati della legge. In un Paese normale oggi sarebbero sotto inchiesta, come capita a qualsiasi cittadino che non rispetta le regole".
"Edmondo Bruti Liberati solca il corridoio dell'ufficio. La pubblicazione sul Corriere della Sera di intercettazioni del caso Ruby finite agli atti, probabilmente per errore, nonostante uno dei due interlocutori fosse il deputato Silvio Berlusconi e senza l'autorizzazione della Camera, non gli ha fatto piacere", scrive oggi il quotidiano di via Solferino.
"Per difendere Berlusconi dallo scandalo Ruby la maggioranza e il governo stanno facendo un danno alle istituzioni che rimarrà nella storia del Paese", dice Enrico Letta a "Otto e mezzo" dopo il sì di Montecitorio al conflitto di attribuzioni alla Consulta. "Al nostro Parlamento - ha aggiunto il vicesegretario del Pd - è stata inferta una delegittimazione squalificante. E' molto grave che si arrivi a questi livelli. Il Paese deve girare pagina". Per Letta la maggioranza sta tentando di portare la vicenda Ruby dinanzi al tribunale dei ministri perché quest'ultimo, se non archivierà, dovrà chiedere l'autorizzazione a procedere alla Camera, "cosa che il centrodestra ovviamente negherà".
In aula oggi non ci saranno telecamere. Il procuratore generale di Milano, Manlio Claudio Minale ha mantenuto la sua posizione, confermando da responsabile della sicurezza del palazzo di giustizia il divieto di ingresso a cine-operatori e fotografi. Il no però non è definitivo. Si sta lavorando a una mediazione per il prosieguo del processo (c'è chi dice già per oggi), ammettendo la sola Rai, servizio pubblico, che poi passerebbe le immagini alle altre emittenti.