Sembra quasi una Cabala: con i numeri della maggioranza alla Camera il governo finisce ancora una volta a fare i conti con quota 314. Nonostante l' ambizione del premier di puntare alla soglia dei 330 voti, nonostante il pressing del Quirinale, che vuole una maggioranza che garantisca anche un lavoro ordinario delle Camere, anche oggi, infatti, il voto sul conflitto di attribuzione a Montecitorio si è fermato sul fatidico numero. Sono 314 i voti con cui l'aula della Camera ha respinto il voto di sfiducia al premier il 14 dicembre scorso.
Erano, infatti, 314 i voti con cui è stata respinta la mozione di sfiducia al ministro dei Beni Culturali, Sandro Bondi. 314 erano i si alla fiducia in occasione del voto sulla risoluzione di maggioranza sul federalismo municipale. Una soglia definita anche oggi di tutto rispetto dai partiti che sono al governo: ieri sono stati, invece, 12 i voti di scarto con l'opposizione mentre sono 7, tra deputati e ministri, i parlamentari che oggi risultavano assenti, o perché in missione o perché in malattia.
Tra questi il premier, Silvio Berlusconi, il ministro dell'Interno Roberto Maroni e i deputati Giuseppe Palumbo, Alessio Bonciani, Giuseppe Angeli e Antonio Gaglione che, tuttavia, formalmente e' iscritto al Misto ed è noto per le sue assenze in Aula. Sommando questi 7 ai 314, però, la platea di parlamentari che alla Camera appoggia il governo sale a quota 321. Grazie anche al voto dei libdem Daniela Melchiorre e Italo Tanoni e a quello di Aurelio Misiti.
Senza contare, poi, che ci sono state occasioni di voto in cui la maggioranza si è fermata molto più in basso. Come per la fiducia al milleproroghe: 309 voti a favore. O per la risoluzione di Pdl-Lega-Ir sulla Libia che il 24 marzo scorso ha ottenuto solo 300 voti. Ma i numeri restano sempre quelli: il plenum della Camera è di 630 deputati, la maggioranza è fissata a quota 316; o 315 considerato che il Presidente non vota. E il governo è al momento fermo a quota 314.
Una soglia minima, osserva Gianfranco Fini, che può non essere sufficiente a governare i (tanti) problemi del paese. Ma, frena Fini, "al voto si va solo se in Parlamento non c'è una maggioranza" e "in questo caso la maggioranza c'è ancora: forse più numerica che politica, ma c'è ancora". Tanto basta per infiammare l'opposizione. "I 330 - commenta il capogruppo Pd Dario Franceschini - Berlusconi se li è sognati di notte.
Sono un miraggio del premier che come tutti i miraggi si allontana". Ma 12 voti di differenza "bastano" taglia corto il leader della Lega, Umberto Bossi. "La maggioranza tiene e si allarga" grazie anche allo "smottamento continuo dell'opposizione" fa notare il capogruppo Pdl, Fabrizio Cicchitto che polemizza però sulla diffusione del risultato della votazione: "in Aula numeri non sono stati dati. Evidentemente quelli dell'opposizione hanno qualcuno, forse ai vertici della Camera, che li informa".
All'opposizione, ironizza invece il ministro Gianfranco Rotondi, "hanno qualche problema con la matematica". Anche se, poco dopo il voto sul conflitto di interessi, il Governo viene battuto in Aula su un emendamento del Pd alla legge sui piccoli comuni con 274 si e 266 no. Il provvedimento alla fine passa, grazie alla convergenza di maggioranza e opposizione; ma è un caso che proprio oggi esemplifica quelli che sono i timori del Capo dello Stato.
Proprio nei giorni scorsi, infatti, il Presidente della Repubblica aveva espresso ai partiti convocati al Colle il timore che gli attuali numeri alla Camera non siano sufficienti a garantire la governabilità, un tranquillo svolgimento del lavoro ordinario delle Camere ed una normale divisione di ruoli tra Parlamento e governo. Anche oggi, infatti, per il voto su Ruby i banchi del governo erano al completo per fare numero. Dopo le elezioni del 14 aprile 2008 l'esecutivo poteva contare a Montecitorio su 346 voti.