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Dopo il lungo colloquio tra il premier e Bossi nasce la tregua sullo spostamento dei ministeri

A quattro giorni dai ballottaggi il clima dentro la maggioranza si fa sempre più teso. Nonostante la parola d'ordine sia "ottimismo", nelle file del Pdl così come in quelle della Lega Nord la speranza di poter ribaltare il risultato a Milano è ormai e lontana. E tra i più scettici sul risultato che consegneranno le urne ci sono Silvio Berlusconi ed Umberto Bossi.

Tra i due leader le distanze restano. Dopo le polemiche in seguito all'ipotesi, avanzata dal Carroccio, di spostare al Nord alcuni ministeri ad aumentare la tensione ci pensa ora un nuova richiesta dei lumbard: la modifica della legge elettorale, con tutta una serie di ipotesi per farla giungere in porto, tra cui quella di un governo tecnico.

Proposta che nello stato maggiore del Pdl qualcuno non esista a definire come un' ennesima 'provocazione' a pochi giorni dal voto. Alimentando così i sospetti, anche quelli del Cavaliere, sui continui tentativi di sparigliare le carte da parte di Bossi e dei suoi. Tanto che qualcuno nel Popolo della libertà comincia a pensare che vi sia una volontà precisa di perdere a Milano per indebolire Berlusconi a livello nazionale.

I malumori crescono, dunque. Ma la resa dei conti è rinviata a dopo le elezioni. Nel frattempo il premier prova a correre ai ripari cercando di rinsaldare l'asse del Nord. Dopo un veloce incontro alla Camera con i vertici leghisti, il presidente del Consiglio ed il Senatur, insieme a Roberto Calderoli, decidono di darsi appuntamento a palazzo Grazioli. Una vertice in cui si parla delle ultime 'mosse' per tirare la volata alla Moratti ma, soprattutto, è l'occasione per parlare a quattr'occhi del dopo elezioni. Bossi avrebbe rassicurato Berlusconi di non voler forzare la mano sulla legge elettorale senza accordi con il Pdl, mentre il Cavaliere avrebbe garantito ai leghisti che subito dopo le elezioni si procederà spediti con le riforme a partire dal rilancio dell'Economia. Una tregua che vede nel 'congelamento' del trasferimento di alcuni ministeri a Milano uno dei punti più significativi.

I due leader hanno ribadito il massimo impegno per sostenere il sindaco di Milano anche se appare ormai certo che ne Bossi ne tantomeno il premier di ritorno dal G8 in Francia prenderanno parte al comizio finale della Moratti venerdì a Milano. Nella girandola di incontri avuti a Montecitorio il Cavaliere non ha nascosto l'amarezza per il rischio concreto di una sconfitta nel capoluogo milanese: I litigi non ci hanno certo aiutato, sarebbe stato il ragionamento del capo del governo pronto a puntare il dito contro la stampa che, a suo, dire monta le polemiche in modo strumentale. L'esempio fatto dal presidente del Consiglio ad alcuni parlamentari è quello del decentramento dei ministeri: Non capisco queste polemiche visto che l'argomento è stato solo accennato.

Ma se il Cavaliere prova a minimizzare, il Senatur fa capire che la Lega difficilmente mollerà la presa: Berlusconi "si convincerà”, ribadisce Bossi. 

Nei colloqui privati poi il premier sarebbe tornato di nuovo a criticare quella parte di magistratura "politicizzata" che da anni lo perseguita. Uno sfogo , spiega chi ha avuto modo di parlare con il Cavaliere, in particolare contro i giudici del processo Mondadori. Vogliono portarmi via tutto, avrebbe detto più volte il capo del governo. 

Una preoccupazione che fa passare quasi in secondo piano il rammarico per un eventuale sconfitta di Milano. Quello che però a Berlusconi non sfugge sono le ricadute che i ballottaggi avranno sul governo e nel rapporto con il Carroccio. 

Ecco perché non c'é da perdere tempo. Per domani è stato convocato l'ufficio di presidenza del partito in cui mettere nero su bianco le priorità per i prossimi due anni "non ci sono alternative a questo governo", mette in chiaro il Cavaliere che ribadisce la solidità della maggioranza: "E' certamente più coesa", dice facendo riferimento ai "20' voti di scarto" rispetto all'opposizione oggi sulle votazioni al Dl omnibus. Avanti tutta sulle riforme e sulle intercettazioni perché mette in chiaro il Cavaliere "un Paese in cui non si è sicuri al telefono, non è un Paese davvero libero". Ed é proprio sul terreno delle riforme che il Cavaliere proverà a rinsaldare l'alleanza con i leghisti.