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Dopo gli scontri ad Atene è in atto la tragedia greca

 

I soldi non bastano mai. Almeno per rassicurare mercati sempre più tesi e convinti che in Grecia sia in atto un fallimento. E allora dal consiglio direttivo della Bce si leva la voce di Nout Wellink, che fa due conti: il Fondo europeo di stabilità finanziaria deve essere raddoppiato a 1,5 miliardi di euro, dice al quotidiano olandese Het Financieele Dagblad. 

L'aumento sarebbe necessario a garantire l'appoggio al settore privato per
un secondo pacchetto di aiuti alla Grecia - come chiede a gran voce la Germania - e alla copertura dei rischi potenziali provenienti da Irlanda e Portogallo. Nell'intervista Wellink, che si dimetterà da presidente della Banca centrale olandese alla fine di questo mese, ha anche detto che lui è "assolutamente contrario a una partecipazione non volontaria degli investitori" nel fondo di salvataggio, un po' l'incubo dei contrari alla proposta Schauble.

Pechino questa mattina ha fatto sapere di essere pronta a continuare ad acquistare titoli del debito pubblico di paesi europei, nonostante il rischio default della Grecia. Anche a Pechino, come a Washington, si temono gli effetti negativi di una crisi dell'area euro sulla ripresa internazionale.

Il caos scoppiato ieri ad Atene durante le proteste contro le misure di austerità ha avuto ripercussioni sui mercati: il rendimento dei titoli di Stato a dieci anni ha raggiunto un nuovo record attestandosi al 18,4%. Gli investitori temono che un default della Grecia, sempre più vicino, possa nuocere alle banche di altri Paesi in una reazione a catena che gli esperti descrivono come catastrofica. Ma soprattutto, i mercati non credono che il primo ministro George Papandreou riuscirà a portare a casa il voto decisivo di fine mese sulle misure di austerità e su un nuovo piano di privatizzazioni.

Papandreou, però, rilancia. "Domani formerò un nuovo governo e subito dopo chiederò un voto di fiducia al Parlamento", ha detto ieri sera bocciando come inaccettabili le condizioni imposte dall'opposizione per formare un governo di unita nazionale, necessario a ricevere la rata successiva del prestito di salvataggio da Unione europea e Fondo monetario internazionale. I conservatori, infatti, hanno chiesto al premier di dimettersi e di rinegoziare le condizioni per il pacchetto di aiuti.

Ma neppure un governo di unità nazionale potrebbe rinegoziare il piano di aiuti alla Grecia con Ue e Fmi, dice chiaro il ministro dello Sviluppo, Mihalis Chrysohoidis, in tv. "Non sto dicendo che non dovremmo rinegoziare - ha spiegato il ministro - ma che è sbagliato pensare che un nuovo governo potrebbe andare a Bruxelles domani e rinegoziare tutto".