E' in corso a Bruxelles, presso il Comitato delle Regioni, in Rue Belliard 99-101, la conferenza stampa di presentazione degli esposti contro presunte pratiche commerciali sleali ed anticoncorrenziali di alcuni operatori economici, a detrimento degli interessi economici dei pastori produttori di latte che operano in Sardegna. Gli esposti, formalizzati alla Commissione competente (DG-Concorrenza) dell'Ue e all'Autorità Generale della Concorrenza e del Mercato di Roma sono stati promossi dalla Provincia di Cagliari e predisposti dallo studio Iurisconsulting di Napoli, degli avvocati Raimondo Nocerino, Alessandro Barbieri e Andrea Torino.
L'esposto, con ampia soddisfazione dell'amministrazione provinciale, è stato condiviso, partecipato e sottoscritto anche dalle Organizzazioni di categoria agricole, e più precisamente da: Coldiretti, Confederazione Italiana Agricoltori (CIA), Confagricoltura, Confederazione Produttori Agricoli (Copagri).
I sottoscrittori dell'esposto hanno convenuto sul fatto che tale iniziativa non fosse più procrastinabile, ma anzi fosse necessaria al fine di sollevare con decisione una delle cause principali dell'attuale crisi del settore della pastorizia in Sardegna e dell'attuale prezzo del latte/litro, che è diminuito notevolmente negli ultimi anni nonostante i costi di produzione siano invece aumentati a causa della crisi economico-finanziaria e relativo impatto sul settore pastorale, come riconosciuto anche dalla stessa Commissione Europea.
Con l’iniziativa promossa dalla Provincia di Cagliari si è richiamata l’attenzione dell'UE e dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato sull’eventuale fattispecie di intese restrittive della concorrenza idonee a minare lo sviluppo di alcune attività economico-commerciali del territorio della Sardegna e degli operatori che in esso articolano le proprie attività produttive. Si sospetta infatti che il ridotto potere contrattuale degli allevatori di ovini della Sardegna produttori di latte di pecora, nei confronti delle imprese casearie, consente a queste ultime di fare leva sul proprio potere di acquisto per imporre ai pastori un prezzo per litro di latte al ribasso, in violazione delle norme antitrust UE.
I soggetti di cui è stato denunciato il comportamento sono imprese casearie sarde, attive nel mercato della trasformazione di latte di pecora in Pecorino Romano DOP, Pecorino Sardo DOP di diverse stagionature, caciotte ed altri formaggi a pasta molle. Le imprese leader di tale cartello, secondo l’esposto, sono sono le seguenti: Fratelli Pinna Industria Casearia S.p.A, con sede a Thiesi (SS), Sardaformaggi S.p.a, con sede ad Olbia (SS), Mannoni f.lli fu Paolo s.a.s. di Thiesi (SS).
Per i sottoscrittori dell’esposto, tra le altre imprese aderenti al cartello figurano i membri del Consorzio per la Tutela del Formaggio Pecorino Romano, non aventi natura di cooperativa né di caseificio sociale, ed in genere le imprese tutte impegnate nella trasformazione e non aventi natura di cooperativa né di caseificio sociale. Senza pretese di esaustività, fra queste imprese aderenti al cartello sarebbero da annoverarsi le seguenti: Cossu Formaggi S.r.l., Cossu Demetrio Eredi Ind. Cas., G.A.M. Formaggi, Thiesilat s.r.l., tutte di Thiesi, ma anche Ferruccio Podda S.p.a. di Sestu (CA).
I legami intercorrenti fra alcune imprese trasformatrici ed imprese attive nella distribuzione dei formaggi ricavati dal latte di pecora contribuiscono in misura sensibile – secondo l’esposto - a rafforzare il potere di mercato delle imprese in questione e, specularmente, ad acuire il danno concorrenziale per i pastori sardi e le cooperative. Tale circostanza contribuirebbe inoltre a rendere più opaca la segmentazione della catena del valore, con il conseguente ampliamento dello iato tra i costi di produzione ed i prezzi al consumo del formaggio pecorino.
I firmatari dell'esposto ritengono quindi che le imprese trasformatrici attive nel mercato a valle abbiano posto in essere una pratica concordata consistente nella fissazione del prezzo all’acquisto del latte di pecora. Il potere di mercato risultante dal denunciato coordinamento di condotte avrebbe così permesso ai membri del cartello di ottenere prezzi di acquisto particolarmente bassi a danno degli allevatori.
Sulla base di documentazione tratta dalla banca dati "Datima" gestita dall’Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare (ISMEA), recante gli andamenti mensili dei prezzi del latte di pecora in Lazio, Sardegna e Toscana a partire dal gennaio 2005 e fino al 2010, si infatti potuto evincere che il prezzo medio annuali del latte è sistematicamente inferiore rispetto a quello del medesimo prodotto proveniente dal Lazio e dalla Toscana. Ora, dal momento che il latte di pecora prodotto in ogni zona d’Italia ha caratteristiche identiche tale differenza di prezzo si giustifica unicamente in relazione al cartello all’acquisto che le imprese di trasformazione avrebbero posto in essere a danno degli allevatori sardi.
Inoltre, mentre l’andamento dei prezzi del latte prodotto in Lazio ed in Toscana subisce, nei vari anni, variazioni minime in diversi mesi dell’anno, il prezzo del latte in Sardegna si è presentato, per ben tre anni consecutivi, con variazioni sensibili concentrate nel mese di dicembre. Per questo, a seguito dell’esercizio del potere di acquisto ad opera dei membri del cartello, i prezzi del latte sardo, in alcune occasioni, sarebbero risultati addirittura inferiori ai costi di produzione. Tale pratica ha altresì rafforzato la posizione dei membri del cartello nel mercato a valle, attribuendo a tali soggetti un vantaggio competitivo rispetto ai propri concorrenti (quali, ad esempio, le cooperative ed i caseifici sociali) e disincentivando lo stabilimento nel territorio sardo di imprese di trasformazione provenienti dal territorio continentale italiano e da altri Stati membri.
Secondo l'esposto, tra le pratiche facilitanti di tale scenario collusivo va annoverata, in primo luogo, la partecipazione delle imprese attive nel mercato a valle e varie associazioni di categoria (tra cui il Consorzio Pecorino Romano DOP) nel contesto delle quali tali imprese hanno molteplici e frequenti occasioni di contatto utili ai fini della gestione del denunciato cartello all’acquisto. Ulteriore circostanza degna di considerazione è che il numero degli allevatori (circa 11.000, secondo il Rapporto ISMEA) è di molto superiore a quello delle imprese di trasformazione (54, secondo il predetto Rapporto). Ciò comporta, rispettivamente, una frammentazione ed una concentrazione del potere di mercato, con conseguente squilibrio di potere contrattuale tra i fornitori di latte di pecora e gli acquirenti-trasformatori, squilibrio espressamente riconosciuto dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato in un proprio provvedimento. Com.