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Stretta sull e pensioni: tagliate a partire dai 1.400 euro

Le forbici della manovra economica invece di colpire le pensioni d'oro, che poi sono tante, colpiranno invece, solo gli assegni previdenziali anche di importo più modesto, quelle da 1.400 euro al mese, per intenderci. E riguarderanno oltre 13 milioni di cittadini. Ma non basta, perché una vera e propria rivoluzione che avrà conseguenze anche sul sistema previdenziale, ad esempio con la revisione delle pensioni di reversibilità.

Il decreto per la correzione dei conti pubblici prevede la mancata rivalutazione per il biennio 2012-2013 delle pensioni superiori a cinque volte il minimo, cioè 2.300 euro al mese (il minimo della pensione Inps 2011 è di 476 euro al mese), mentre quelle più basse, comprese tra 1.428 e 2.380 euro mensili, saranno rivalutate per tener conto dell'inflazione, ma solo in misura del 45%. A ciò si aggiunge l'allungamento dell'età minima di pensione, che dal 2014 salirà di almeno tre mesi con l'anticipo dell'agganciamento automatico alle speranze di vita. 
La riforma dell'assistenza viaggia su un binario diverso: lo scopo è quello di tagliare i sussidi ai furbi e dare più soldi a chi ha veramente bisogno. Ma per arrivare a quell'obiettivo bisognerà razionalizzare e rivedere tutto il sistema delle prestazioni assistenziali, con conseguenze anche sul fronte previdenziale. La delega per la riforma dell'assistenza, che a differenza di quella fiscale, dovrà essere attuata in due anni e non tre, prevede, infatti, la revisione dei criteri per le invalidità, ma anche degli indicatori della situazione economica di ciascun cittadino e dei «requisiti reddituali e patrimoniali» che servono per l'erogazione delle prestazioni assistenziali e previdenziali.

E saranno rivisti anche i principi attuali per l'assegnazione delle pensioni di reversibilità tramandate ai coniugi, e che costano ogni anno la bellezza di 34 miliardi di euro. 

Il riordino dell'assistenza partirà con la razionalizzazione delle prestazioni, eliminando tutte le sovrapposizioni tra i diversi strumenti previdenziali e assistenziali e quelli fiscali che, impropriamente, contribuiscono a sostenere i cittadini meno abbienti. Il secondo passaggio sarà la riorganizzazione delle competenze tra l'Inps, le Regioni e i Comuni. L'Inps sarà agente pagatore e controllore, mentre la prestazione dei servizi sarà lasciata agli enti locali. Le Regioni avranno un fondo per finanziare l'indennità di accompagnamento agli invalidi da ripartire tra di loro secondo standard ben precisi. Mentre ai Comuni, singoli o in forma associata, sarà trasferito il sistema della carta acquisti, con lo scopo di identificare i beneficiari e di integrare le risorse, con fondi propri o convogliando sulla carta acquisti le erogazioni liberali.

La spesa pubblica per l'assistenza e la previdenza, a legislazione vigente, aumenterebbe dai 300 miliardi di euro attuali a 338 miliardi nel 2014. Una crescita fortissima, alimentata da furbizie di ogni tipo, cui il governo ha deciso di porre fine. Per far in modo, c'è scritto nella delega, «di riqualificare ed integrare le prestazioni a favore dei soggetti autenticamente bisognosi». 

Ovviamente spendendo meno. E sfruttando ogni volta che è possibile il volontariato ed il settore no profit, al quale andrebbero destinati «in via prioritaria» i finanziamenti per le iniziative e gli interventi sociali. Purché, naturalmente, sia più efficace e conveniente, dal punto di vista economico.

 

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