Il gigantesco padiglione 18 della fiera di Milano non e' pieno come lo era quello enorme della convention a Bastia Umbra. L'aria non e' elettrica come quella della minuscola piazza di Mirabello, dove fu lanciato l'opa sul Pdl. Gianfranco Fini lo sa e muove cauto i suoi passi, nonostante il prato vero scelto per questo primo congresso di Fli sia verde speranza. Bisognera' sentirlo parlare domenica, il leader di Fli. Ma intanto, dopo la batosta della sfiducia mancata a Berlusconi, Fini traccia una nuova rotta: un antiberlusconismo progettuale e non piu' fatto di invettive.
"Qui gettiamo il seme perché una primavera italiana possa diventare non solo una speranza ma una bella relta' - prova ad affabulare -. Saranno tre giorni intensi e saremo animati da un'unica grande ambizione: la rinascita della nostra amata Italia, una stagione di riscatto e protagonismo. Solo il tempo dira' se siamo all'altezza di un compito così ambizioso".
Nessuno qui oggi - mentre Silvio Berlusconi è asserragliato e combatte la sua battaglia contro quello che chiama 'attacco politico-giudiziario' - usa piu' i toni dell'antiberlusconismo violento di Bastia umbra. Si vira piuttosto, nel documento in 23 pagine e 5 capitoli, verso un antiberlusconismo di fatto, proposto disegnando una destra "del futuro". Un partito moderno, plurale, democratico, repubblicano, nazionale, liberale, con culture che si incrociano in un grande progetto di modernizzazione del paese, un partito di stampo europeo, non populista ma popolare, non omofobo ma tollerante, non xenofobo ma pronto a fare della cittadinanza un guscio di diritti e di doveri, laico ma mai laicista. Una destra simile a quella inglese, tedesca, francese, spagnola, americana.
Lo spavento della mancata spallata, nello scontro finale della fiducia il 14 dicembre, pesa. Il tema del futuro cammino, delle alleanze di domani, del rapporto con il Terzo Polo e quindi della leadership che Pier Ferdinando Casini nei fatti ha preso per se' c'e' tutto. Ma ognuno lo elide a modo suo. Chi negando che mai si andrà a sinistra (Andrea Ronchi, Pasquale Viespoli, Adolfo Urso). Chi spiegando che se un percorso comune c'è è solo quello per "scrivere insieme le regole" (Italo Bocchino, che forse sara' investito del ruolo di segretario) o per "arginare una eventuale emergenza democratica" (Fabio Granata).
Intanto, lasciando Fini "soddisfatto", falchi e colombe sembrano adesso remare nella stessa direzione (fatto salvo l'aspro confronto in commissione statuto che andra' avanti fino a notte fonda sui ruoli da affidare per la gestione del partito) e fanno a gara nel dire che Fli e' la destra nuova, del futuro. "Siamo ai titoli di coda per Berlusconi - spiega bene Bocchino -, che potra' cadere tra due ore per via giudiziaria, tra due mesi perche' la Lega staccherà la spina, tra due anni perchè si arriva fino alla fine della legislatura. E noi ci prepariamo perche' quando arrivera' quel momento Fini e Casini, che il centrodestra lo hanno costruito, saranno gia' pronti con un nuovo contenitore, per costruire un percorso di modernizzazione alternativo alla sinistra".
Mentre intorno la politica gira in un gorgo impazzito, i futuristi si sforzano di guardare "all'Italia del 2020". "Oggi c'è un giro di boa nella nostra storia politica - dice ancora Bocchino -.Non vogliamo più essere berlusconiani, perché quel progetto è fallito, ne antiberlusconiani, perche' non ci appartiene più la contrapposizione sterile. Non ci stiamo piu', usciamo dal teatrino. Dopo venti anni sappiamo chi ne è l'impresario". Si scende dalla giostra, ma solo per cancellare l'idea della destra come Berlusconi la vuole.