I lavori del Consiglio regionale, nella seduta pomeridiana, si sono aperti sotto la presidenza dell’on. Claudia Lombardo e poi del Vice Presidente del Consiglio On. Giuseppe Luigi Cucca. All’ordine del giorno l’esame della Mozione n. 108 (Barracciu e più) sulla chiusura dei punti nascita dei piccoli ospedali e sulla necessità di un piano di riorganizzazione dei punti nascita della Regione che tenga conto delle particolari condizioni geomorfologiche e di viabilità del territorio regionale. Mario Bruno (PD), in apertura, ha chiesto la verifica del numero legale. Non essendoci il numero previsto, la presidente Lombardo ha sospeso i lavori per 30 minuti. I lavori riprenderanno alle 17,15. Alla ripresa dei lavori la mozione n. 108 è stata illustrata da Francesca Barracciu (PD). In apertura del suo intervento si è rivolta all’assessore della Sanità, Antonello Liori, accusando la Giunta regionale di aver fatto ricadere la Sanità sarda nel buio, con una spesa in continua crescita, bloccando la riforma avviata dalla Giunta Soru. Barracciu ha evidenziato che a essere danneggiati maggiormente da questa azione politica sono i piccoli ospedali, i cittadini e le cittadine dei centri periferici che, con la chiusura dei punti nascita, saranno privati di servizi essenziali. “Sono già stati chiusi i punti nascita di Sorgono, Muravera, Isili e Bosa - ha sottolineato Barracciu - lasciando le donne e i bambini di questi territori privi della garanzia di sicurezza e di assistenza che deve essere assicurata dal Servizio sanitario nazionale. Non solo. In base ai parametri stabiliti dall’accordo Stato-Regione i punti nascita in Sardegna dovrebbero passare da 23 a 9, di cui 4 saranno a Cagliari. Questo vuol dire che non ne resterà neanche uno per provincia. Un taglio inaccettabile, lesivo dei diritti delle donne e i bambini dei territori periferici”. Secondo Barracciu non si può agire in base a calcoli ragionieristici, ma bisogna partire dalla tutela della salute e la garanzia dei livelli di assistenza: il piano di riorganizzazione dei punti nascita deve tener conto delle particolari condizioni geomorfologiche e di viabilità del territorio. “La Regione ha l’autonomia per farlo. I centri sono stati chiusi unilateralmente, - ha proseguito l’on. Barracciu - causando disagi alle partorienti e ai neonati. Non c’è tutela, garanzia, equità e qualità nell’assistenza e nelle cure. Non basta avere un’ambulanza a disposizione. Faccio l’esempio del mio territorio. Per arrivare da Sorgono a Nuoro bisogna percorrere 70 chilometri pieni di curve. L’evento del parto è imprevedibile e non è possibile programmarlo. Chiediamo quindi, assessore Liori, che in attesa di una riorganizzazione vengano ripristinati i livelli di assistenza in tutto il territorio regionale”.
Per l’esponente del PD il problema del volume degli interventi previsti dall’Accordo Stato-Regione non può essere l’unico elemento di valutazione, mentre invece le diverse situazioni devono essere analizzate in base alle condizioni geomorfologiche del territorio in questione e alla viabilità della stessa zona. “Per dare la possibilità alle equipe mediche di questi piccoli centri di eseguire più interventi chirurgici – ha spiegato Barracciu - ho proposto per esempio, nel caso di Sorgono, la possibilità di una turnazione delle equipe tra Sorgono e Nuoro. Bisogna investire sui piccoli ospedali non continuare a depotenziarli. Le chiedo assessore Liori di rivedere le decisioni assunte, di parlare con i sindaci, con i lavoratori e con tutte le parti interessate, e di rimandare la chiusura quando sarà meglio analizzata la situazione del territorio per garantire i servizi di assistenza e di sicurezza a tutte le donne e i bambini della Sardegna”. (E.L.N.).
Dopo l’illustrazione della mozione 108 da parte della prima firmataria Francesca Barracciu (Pd), la presidente dell’Assemblea Claudia Lombardo ha dato via alla discussione generale. Il primo a prendere la parola è stato Antonio Solinas (Pd) che ha voluto citare altri casi di chiusura dei punti nascita nell’Isola: “Oltre al caso di Sorgono si può parlare anche dell’esperienza di Bosa dove il centro sanitario era stato chiuso l’estate scorsa per consentire ai medici di usufruire delle ferie, garantendo che a settembre sarebbe stato riaperto. Ma ad oggi quel punto nascita è ancora chiuso, nonostante tutti i sindaci del territorio abbiano protestato arrivando anche a occupare il presidio sanitario per veder riconosciuto il diritto dei cittadini e delle donne alla salute”. Oltre a Bosa Solinas ha citato anche la situazione di Ghilarza sottolineando come in tutta la Planargia e il Barigadu la chiusura dei centri parto sia diventato ormai un problema urgente. Per Solinas l’operato della giunta e dell’assessore Liori risponde al tentativo di una razionalizzazione dell’assetto sanitario dell’Isola che va contro la specificità del territorio sardo. Dello stesso parere il collega di gruppo Marco Espa (Pd) convinto che il problema dei punti nascita sia rappresentativo della difficoltà dei rapporti tra lo Stato e la Regione Sardegna. “Come si può pensare che in tutta l’Isola, esclusa la città di Cagliari, siano previsti soltanto cinque punti nascita. La specificità della Sardegna deve essere rispettata - ha proseguito Espa -, lo Stato nazionale ci dà le regole generali, ma noi dobbiamo saper rapportare i problemi al nostro territorio”. Per Espa al contrario i punti nascita devono essere potenziati nell’ottica del rispetto e della tutela della salute delle donne e dei nascituri e al sostegno alla famiglia. “Non dobbiamo accettare meccanicamente le decisioni del ministro Fazio – ha continuato Espa - dobbiamo trovare le soluzioni ottimali, anche con le risorse ridotte a disposizione e mantenere in maniera strategica nei territori i punti nascita”. “Chiediamo dunque - ha concluso Espa - di organizzare i punti nascita tenendo a mente le caratteristiche morfologiche del nostro territorio. Le deroghe ci devono essere e l’assistenza ostetrica deve essere ripristinata in tutta la Sardegna”. (M.P.)
“Cominciamo a fare una riflessione diversa, spogliandoci delle appartenenze politiche”. Con questo invito Nanni Campus (PDL) ha aperto il suo intervento, ricordando che, se da una parte “c’è l’opposizione che deve fare il suo mestiere e può dire tutto, dall’altra bisogna sforzarsi di ragionare con obiettività”. I parametri cui si fa riferimento - ha aggiunto - non sono quelli con cui far quadrare i bilanci ma quelli della qualità di servizi e prestazioni, fissati dall’organizzazione mondiale della sanità. A sostegno della sua tesi, Campus ha citato l’esempio della Scandinavia, un’area dell’Europa certamente atipica per morfologia, clima e bassa densità di popolazione. “Qui - ha affermato l’esponente del PDL - si è scelta da tempo la strada della concentrazione delle strutture, non per smantellare la rete sanitaria ma per creare poli di eccellenza”. L’esperienza ci insegna - ha proseguito - che questa è la strada giusta. Il paziente ha più garanzie se è assistito da un medico che assiste a 100 parti l’anno piuttosto che da uno che ne segue 2 al mese. E lo stesso medico opera meglio se inserito in una struttura dove può contare su altri supporti specialistici e tecnologici. Questo è il vero tema da affrontare”.
La questione della chiusura dei punti nascita è un nodo centrale della politica sanitaria della Regione, che non riguarda solo gli ospedali minori. Partendo da questo dato Pierluigi Caria (Pd) ha citato una serie di realtà di medie dimensioni che rischiano ugualmente la soppressione, come Tempio, Lanusei ed Alghero, ciascuno con circa 350 nati l’anno. Occorre quindi riflettere – ha sostenuto Caria - sui livelli di assistenza che vogliamo garantire, e sarebbe stato giusto farlo con uno studio che, prima di ogni decisione, mettesse in condizioni la Regione di fare la scelta migliore, per esempio “spostando i medici la dove servono, anziché costringere i pazienti a spostarsi. In alcuni contesti come La Maddalena, infatti, alla chiusura di certi servizi come la chirurgia è seguita l’attivazione di altri, come oncologia”. Respingendo la tesi di chi ha paragonato la battaglia per una sanità presente nel territorio a “guerre di campanile”, Caria ha espresso un giudizio critico sulla imminente gara per l’assegnazione del servizio di eli – soccorso: “si prevede l’impiego di due soli elicotteri, ed è facile prevedere che non saranno sufficienti a fronteggiare situazioni di emergenza, come quelle dei parti”. (A.F.)
Nel suo intervento Renato Lai (Pdl) riconduce il riassetto regionale dei punti nascita alle linee guida e gli indirizzi stabiliti dal progetto-obiettivo materno e infantile inserito nel decreto ministeriale del 24 aprile 2000. “Un progetto importante portato avanti dall’allora ministro Rosi Bindi (Pd), che dava priorità alla tutela della salute della donna e del bambino”. Il piano dell’assessorato regionale alla Sanità, secondo Lai, riprende i contenuti di quel progetto dando seguito anche alla grande insoddisfazione nel mondo degli operatori sanitari per la mancata attuazione del documento nazionale. “Nei punti nascita della Sardegna non solo esiste un numero di parti inferiore a 100 - ha sottolineato Lai - ma soprattutto ci sono condizioni di inadeguatezza che pongono la partoriente e il neonato in condizioni di scarsa sicurezza”. Secondo Lai “è ora di mettere mano al problema, non si può continuare con l’immobilismo, è necessario coinvolgere gli operatori coinvolti nel percorso nascita, che peraltro si sono dimostrati favorevoli a questo piano di riassetto e riorganizzazione”. “Non solo - ha concluso Lai - non possiamo mantenere reparti dove nascono meno di 100 bambini, ma non possiamo tenere in piedi dei centri che spesso mettono a rischio la salute delle donne e dei nascituri”.
Il presidente di turno dell’Assemblea Cucca ha poi dato la parola Mario Bruno (capogruppo Pd) che ha voluto chiedere un chiarimento riguardo all’esito della seduta chiusa in mattinata senza alcuna votazione: “Chiedo se i capigruppo di maggioranza, in disaccordo con il proprio presidente, possano affidare a un comunicato stampa la loro posizione senza che la stessa venga espressa in Aula. In particolare mi interessa capire - ha incalzato Bruno - se è ancora in vigore l’ordine del giorno precedente, quello del 22 dicembre scorso in cui l’Assemblea dava mandato alla giunta e al presidente Cappellacci di procedere con l’impugnazione del bilancio dello Stato, o se un comunicato stampa possa mutare la volontà dell’assemblea”.
La risposta del presidente di turno Cucca ha confermato Bruno che “il Consiglio regionale e questa presidenza si attiene esclusivamente a ciò che è riportato nel regolamento e non certo a comunicati affidati alla stampa”.
Anche Uras (presidente del gruppo Comunisti - La Sinistra sarda - Rossomori) è intervenuto sull’articolo relativo all’applicazione degli ordini del giorno: “Questa mattina il presidente della Regione molto correttamente si è appellato all’aula per capire se l’impegno ad impugnare il bilancio fosse un impegno che l’Aula intendesse confermare. Non essendo intervenuto voto contrario l’Aula ha di fatto confermato integralmente il contenuto dell’odg del 22 dicembre 2010”. “È noto - ha proseguito Uras - che per l’impugnazione decorrono termini precisi, non vogliamo dunque trovarci di fronte a una inadempienza da parte della giunta. Sarebbe una rottura insanabile”. Nel concludere il suo intervento Uras ha chiesto che la Commissione di verifica, in ragione dei termini di scadenza per l’impugnazione del bilancio dello Stato, “scelga la migliore iniziativa possibile per rammentare al presidente Cappellacci il suo dovere e l’impegno di dare corso all’odg del 22 dicembre. (M.P.)
Nell’apertura del suo intervento Gian Valerio Sanna (PD) ha ripreso l’argomento sulla vertenza entrate, ricordando al presidente della Giunta regionale che se non verrà rispettato l’ordine del giorno approvato il 22 dicembre scorso dal Consiglio regionale, si potrebbe ravvisare una “responsabilità contabile in capo al presidente della Regione”. Gian Valerio Sanna ha poi proseguito analizzando il problema della chiusura dei punti nascita. Per l’esponente del Pd il rischio, evidenziato nel suo intervento da Lai, si può evitare investendo nei presidi e non chiudendoli. Per Sanna è doveroso tenere conto delle peculiarità dei singoli territori, tenendo anche conto dei dati sullo spopolamento delle zone che vengono prese in esame per la chiusura dei punti nascita. “Non è una scelta logica che si dia una assegno per ogni nuovo nato e contemporaneamente si tolgano i servizi”. Per Sanna non si può da un lato giustificare la chiusura dei punti nascita per razionalizzare la spesa e di contro non si controlla la spesa farmaceutica in continua crescita, le spese legate alla sanità privata e addirittura alla realizzazione di nuove Strutture complesse che “non servono a niente”. “Non ci si può lamentare dello spopolamento delle zone interne, se a una coppia che decide di mettere al mondo un figlio vengono tolti i servizi”.
Il vicepresidente Giuseppe Luigi Cucca ha poi dato la parola a Roberto Capelli (Gruppo Misto). “Assessore Liori non saremmo dovuti arrivare a discutere questa mozione. È necessario - ha evidenziato - razionalizzare la spesa sanitaria, come ha già fatto il Trentino e la Toscana. Ma prima di chiudere un servizio, come quello importantissimo dei punti nascita, va messa in campo un’organizzazione antecedente, con un’offerta di servizi alternativi efficienti, che devono essere spiegati ai cittadini. Soltanto dopo si potrà attuare la razionalizzazione, una brutta parola che a me non piace utilizzare. Quello che noto - ha continuato Capelli - è che sono sempre gli stessi territori a essere presi in considerazione quando si vogliono fare tagli e riduzioni di spesa, ossia le zone interne. È evidente che siamo davanti a una mancata programmazione regionale della sanità. Servono interventi che combattano lo spopolamento, e senza servizi e investimenti non si può arginare l’abbandono dei territori interni°. Capelli ha proposto, confermando l’esigenza della razionalizzazione della spesa sanitaria, la soppressione di alcune Asl invece di chiudere i piccoli ospedali. (E.L.N.)
Nell’esame del problema della chiusura dei punti nascita, occorre tenere conto della complessità della situazione sarda e del processo di impoverimento delle zone interne di cui la sanità è solo un aspetto. È l’opinione de Carlo Sechi (Comunisti-La Sinistra sarda-Rosso mori), che ha ricordato anche i “tagli” di altri servizi pubblici, dalle poste, alla scuola, alla sicurezza. “Abbiamo quindi un problema specifico della nostra isola - ha continuato Sechi - che non può essere risolto con la semplice applicazione dei parametri nazionali. Sotto questo profilo, il tetto di 500 nascite l’anno può essere preso come riferimento, ma poi dobbiamo essere capaci di adattarlo e dimensionarlo sulla nostra realtà”. Anche perché, a parere dell’esponente della sinistra, “questa logica si potrebbe estendere presto alla grandi città, dove da certe periferie può essere difficile raggiungere tempestivamente un ospedale come da un paese dell’interno”. In definitiva, ha concluso Sechi, il criterio dell’economicità non può essere l’unico di cui tener conto nella razionalizzazione della rete dei punti nascita. Per questo dobbiamo cambiare modo di operare, ed è questa la sollecitazione che abbiamo voluto sottoporre all’aula con la nostra mozione”.
Da Pierpaolo Vargiu (Riformatori Sardi) è arrivato, in apertura, un nuovo invito a ragionare andando oltre le contrapposizioni, restando saldamente ancorati all’interesse generale. “Dobbiamo essere capaci di questo - ha affermato Vargiu - per un motivo molto semplice. Con l’accordo fra Stato e Regione stipulato in occasione della finanziaria 2007, che noi abbiamo fortemente criticato, la Sardegna si è accollata interamente la spesa sanitaria: quindi dobbiamo decidere noi, da soli, come organizzare la sanità”. Due, secondo Vargiu, le priorità da perseguire: controllo della spesa e appropriatezza delle prestazioni. Sotto questo profilo - ha evidenziato esponente dei Riformatori sardi - è chiaro che la situazione della Sardegna è particolare, ma è incontestabile che un cittadino di Cagliari che abita vicino al Brotzu sia più avvantaggiato rispetto a chi abita a Sorgono, o da un’altra parte; così come un cittadino milanese che risiede vicino al S. Raffaele ha più opportunità di essere curato tempestivamente rispetto a chi sta in periferia. “Il nostro vero riferimento - ha concluso - deve essere quello della qualità e della sicurezza; e nessun parto può essere considerato sicuro se in quella struttura non c’è una unità di rianimazione”.
Adriano Salis (Idv) con il suo intervento raccoglie l’invito provocatorio del collega Vargiu (Riformatori) a illustrare le linee guida dell’opposizione per il riassetto della Sanità in Sardegna: “Ieri l’assessore Liori ci ha comunicato dei dati importanti sul settore sanitario: in primo luogo nell’Isola la spesa sanitaria per il 55% è concentrata sulla ospedalizzazione, sui grandi presidi sanitari che per lo più sono concentrati nei grandi centri; in secondo luogo la spesa farmaceutica sarda è la più alta d’Italia e chiunque può ravvisare in questo un enorme spreco di risorse; da ultimo in Sardegna ci sono 900 medici in esubero, per un costo complessivo a carico del sistema sanitario intollerabile”. Per Salis questi dati fotografano una realtà che può essere modificata soltanto rafforzando i servizi sanitari, e non chiudendoli, soprattutto nei centri minori. “La struttura morfologica della Sardegna è diversa da quella delle altre regioni italiane, non possiamo essere prigionieri dei numeri perché la realtà dell’Isola ne sarebbe stravolta”. In chiusura del suo intervento Salis, rivolgendosi al presidente di turno dell’Assemblea Giuseppe Luigi Cucca, si ricollega alle questioni poste da Bruno (Pd) e Uras (Comunisti - La Sinistra sarda – Rossomori) sul dibattito della mattinata sulla vertenza entrate: “Un comunicato stampa non può e non deve sostituire un documento ufficiale dell’Aula, si tratterebbe di una lesione del principio di autonomia e potestà dell’Assemblea”.
In risposta Cucca ha ribadito quanto già ricordato a Bruno e Uras: “I comunicati stampa non entrano a far parte degli atti del consiglio”.L’ultimo intervento prima delle dichiarazioni dell’assessore Liori relative alla mozione Barracciu è affidato al capogruppo del Pd Mario Bruno che risolleva la questione entrate: “Mi lascia perplesso la dichiarazione alla stampa di Cappellacci che insiste sull’intendimento di non voler ricorrere contro il bilancio dello Stato. Questo è un precedente pericoloso, chiedo se un atto politico così importante, a due giorni dalla scadenza dei termini, possa essere basato su un parere che forse nemmeno è agli atti della giunta”. Riportando la discussione sull’oggetto della mozione presentata Bruno ribadisce il suo no a una riorganizzazione che non tenga conto delle peculiarità della Sardegna: “Non possiamo uniformarci a un piano nazionale che equipara territori tra i più diversi, dobbiamo tenere conto del principio di uguaglianza e non distinguere in cittadini e malati di serie A e B”. Poi l’attacco alla maggioranza: “Con questo riassetto state cercando di dare copertura giuridica a un commissariamento, state utilizzando la Sanità come uno dei centri di potere, in maniera clientelare, utilizzandola come uno dei pochi collanti che vi mettono insieme”. (M.P.)
Al termine del dibattito in Aula è intervenuto l’assessore regionale della Sanità, Antonello Liori. Rispondendo a Barracciu e agli altri consiglieri regionali intervenuti ha voluto sottolineare che la ratio della riorganizzazione dei punti nascita non è stata di tipo economico, ma proprio di tutela delle donne e dei bambini. In particolare l’assessore ha sottolineato che i troppi tagli cesarei, rispetto al totale, hanno portato l’Organizzazione mondiale della Sanità a dare la maglia nera all’Italia dopo il Messico. “Il numero dei tanti tagli cesarei non ci preoccupa per la spesa che grava sulla Regione, ma per la tutela e salute delle donne e dei bambini. Negli ospedali pubblici, infatti, non si decide di eseguire un taglio cesarei perché più conveniente economicamente, ma come medicina difensiva. Questo vuol dire che il medico non riscontra un sistema di controllo e di cura adeguato nell’ospedale in cui deve operare”.
Partendo da questo presupposto l’assessore Liori ha sottolineato che nella riorganizzazione non si sta tenendo conto delle indicazioni del governo nazionale come vincolanti, ma si sta valutando la tutela della salute delle donne e la tutela degli operatori che, facendo pochi interventi in strutture non adeguate, hanno paura ad operare.”Non vedo perché un cittadino di Sorgono o di Desulo debba nascere in minor sicurezza di chi nasce a Cagliari. Riconosco, certamente, il disagio, ma la tutela e la sicurezza per le mamme e i bambini sono più importanti”. L’assessore ha garantito che sono allo studio servizi di assistenza alternativa, tra cui quello di ostetricia a domicilio. L’assessore Liori ha anche riferito che il governo erogherà alla Regione 40 milioni di euro per aver raggiunto i livelli richiesti per i percorsi dei servizi materno-infantili. Fondi che saranno utilizzati per potenziare maggiormente gli stessi servizi per far fronte anche alla chiusura dei punti nascita. (E.L.N.)
“Mi dichiaro totalmente insoddisfatta della relazione dell’Assessore Liori, perché manifesta la totale chiusura al confronto ed all’ascolto delle ragioni degli altri”. Partendo da questa premessa, l’intervento di Francesca Barracciu (Pd), primo firmatario della mozione contro la chiusura dei punti nascita in Sardegna, si è sviluppato con accenti fortemente critici anche nei confronti di alcuni consiglieri di maggioranza, in particolare Campus e Lai del Pdl e Vargiu dei Riformatori sardi, dei quali ha respinto con fermezza le argomentazioni. Il dato più preoccupante - ha proseguito Barracciu - è che alle chiusure già decise ha fatto seguito il vuoto: “niente servizi alternativi, nessun miglioramento della qualità, nessun incremento dei livelli di sicurezza per le donne che devono partorire”. A suo giudizio “la politica che il governo regionale ha seguito sui punti nascita è diretta conseguenza della confusione in materia sanitaria che regna nella maggioranza, divisa sui contenuti della riforma ed impegnata soltanto a spartirsi le Asl. Avete criticato il nostro piano sanitario ma non siete stati capaci di proporne un altro. Spero di sbagliarmi ma ho paura che dopo i tagli dei punti nascita arriveranno quelli dei reparti di chirurgia e pronto soccorso, e forse altri, di molte realtà”.
Dopo la replica di Barracciu, la Presidente Lombardo ma messo in votazione la mozione, che ha registrato 23 voti favorevoli, 28 contrari e 3 astenuti, ed è stata quindi respinta dall’aula. (A.F.). Red-com