Approvato all'unanimità il ddl che contiene la riforma costituzionale della riforma della giustizia. Le bozze, già pronte dallo scorso novembre, sarebbero state tirate fuori dai cassetti del ministero della Giustizia giovedì. E oggi, nel corso della riunione a palazzo Chigi, si è deciso di varale. La riforma prevede un ddl costituzionale per separare le carriere di giudici e pm, per dividere in due il Csm e per dare più poteri al ministro della Giustizia. Non è escluso che - secondo quanto si è appreso - il governo intenda procedere anche con un ddl sulla responsabilità civile dei magistrati. Un Consiglio dei ministri straordinario sarà convocato nei prossimi giorni per l'approvazione definitiva mentre martedì si riunirà un comitato di ministri e di tecnici per approfondire i contenuti del testo del ddl. La decisione è stata presa dopo il via libera all'unanimità alla relazione del Guardasigilli Alfano.
La bozza di riforma contenuta in tre fogli di schede riassuntive che il Guardasigilli Angelino Alfano aveva sottoposto all'attenzione del Quirinale lo scorso novembre aveva ricevuto un altolà dai finiani che, per bocca della presidente della Commissione Giustizia Giulia Bongiorno, contestavano la prevista maggioranza laica del Csm, l'attribuzione di maggiori poteri al ministro della Giustizia, l'ipotesi di una polizia giudiziaria più autonoma dal pubblico ministero. La trattativa si era interrotta in contemporanea con lo strappo politico tra Pdl e Fli.
Ora - secondo quanto si è appreso - il governo potrebbe decidere di andare avanti lo stesso. In tal caso, con un ddl costituzionale sarà previsto che i giudici saranno indipendenti da ogni potere e soggetti solo alla legge, mentre i pm potrebbero diventare un «ufficio» organizzato secondo le norme sull'ordinamento e con la facoltà di esercitare l'azione penale secondo priorità stabilite dalla legge. E ancora: l'uso della polizia giudiziaria non avverrà più indiscriminatamente ma «secondo modalità stabilite dalla legge»; verranno creati due Csm, uno dei giudici e l'altro dei pm mentre un organismo ad hoc (una sorta di alta corte di disciplina) vaglierà i procedimenti disciplinari di tutte le 'toghè. Nelle originarie bozze, inoltre, era prevista l'inappellabilità delle sentenze di assoluzione in primo grado e l'attribuzione al ministro della Giustizia di maggiori poteri, incluso quello di partecipare alle riunioni dei Csm senza diritto di voto.
Il progetto di riforma della giustizia riparte nel momento in cui il presidente del Consiglio si sente politicamente più forte dopo la fuoriuscita di alcuni senatori e deputati di Futuro e Libertà. Berlusconi, dopo aver incassato due rientri importanti, è convinto che la maggioranza crescerà ancora alla Camera: l'obiettivo resta quello di «aggiungere» almeno dieci deputati ai 316 attuali, per garantirsi il riequilibrio delle Commissioni e la tenuta nei prossimi passaggi parlamentari. E il traguardo sarebbe in vista: Mi avevano dato per finito e invece..., sarebbe stato il ragionamento del Cavaliere con chi ha avuto modo di sentirlo a cui avrebbe confidato, come rivela il Corriere: I miei avversari non esistono più. Si parla anche dell'ipotesi di formare un nuovo gruppo a Montecitorio in modo da avere più rappresentanti nelle Commissioni e in particolar modo nell'ufficio di presidenza che dovrà essere chiamato a pronunciarsi sull'eventuale conflitto di attribuzione da sollevare davanti alla Consulta per il caso Ruby anche se lo stesso Berlusconi anticipa che «non presenteremo richiesta di conflitto di attribuzione». Mercoledì prossimo, quando i «numeri» in Parlamento saranno più chiari, Berlusconi dovrebbe ritoccare la squadra di palazzo Chigi con l'innesto dei responsabili. Per lunedì prossimo il partito ha convocato a Milano parlamentari, ministri, sottosegretari e presidenti di commissione lombardi per studiare le prossime iniziative politiche contro la giustizia ad orologeria perché, riferiscono, «non si può accettare una così palese violazione della volontà parlamentare».
Nel frattempo Gaetano Quagliariello, vicecapogruppo vicario del PdL al Senato, in un intervento sul Tempo chiede di ripristinare l'immunità parlamentare: «Liquidare come "spirito di autoconservazione della casta" i ripetuti voti con cui in diverse circostanze il Parlamento ha preservato lo spazio della politica e la sovranità popolare da incursioni giudiziarie, significherebbe non aver compreso la reale posta in gioco». Per Quagliariello si tratta di «una grande anomalia italiana» a causa della quale è oggi possibile «l'attacco alle istituzioni democratiche».