Un appello a una "rivolta popolare" oggi in tutte le province siriane è stato lanciato su Facebook, all'indomani delle manifestazioni represse ieri nel sangue nelle principali città del Paese, soprattutto nel sud. "Oggi, sabato, rivolta popolare in tutti i governatorati siriani", è scritto nel testo, che contiene un'espressione popolare araba intraducibile impiegata dagli insorti siriani che lottarono contro il mandato francese e ripreso in una celebre serie televisiva in onda in questi giorni nel Paese.
Secondo un dirigente siriano, nelle dimostrazioni anti-regime di ieri hanno perso la vita 13 persone, fra cui due vigili del fuoco e un impiegato uccisi dai manifestanti, mentre il bilancio delle organizzazioni per la tutela dei diritti umani è di almeno 25 morti. Le proteste di piazza sono proseguite ieri a Daraa, epicentro della rivolta, dove decine di persone sono morte dal 18 marzo, e si sono estese a Sanamein, Daeel, Damasco, Duma, Banias e Hama, dove una rivolta dei Fratelli musulmani fu repressa nel sangue nel 1982, secondo attivisti per i diritti umani.
L'esercito siriano è "legatissimo al potere perché sia i militari che gli uomini di regime appartengono alla minoranza alawita, dunque sciita che governa un Paese a maggioranza sunnita. Quindi è improbabile che l'esercito voglia aprire una crisi che consegnerebbe la Siria ai sunniti".
A tratteggiare questo scenario è il politologo Gilles Kepel, intervistato da La Stampa. Kepel sottolinea che sebbene ci sia stato un miglioramento nei rapporti tra Usa e Siria permane "tensione". "Mi sembra che in questo momento - aggiunge Kepel - la politica americana in Medio Oriente consista più nel seguire gli avvenimenti che nel cercare di guidarli".
Inoltre, il politologo rileva che quanto è accaduto a Daraa è "percepito come uno scontro confessionale", una situazione diversa da quella che si è verificata in Egitto."E' certo però che la comunità alawita possa pensare, di fronte al sollevamento sunnita - afferma - ad una secessione".
Per Kepel, in Siria il vertice del potere "è diviso". "Pare che l'attacco a Daraa sia stato effettuato all'insaputa di Assad. E la 'valse-esitation' di questi giorni, è un segno che il regime è incerto, anzi spaccato". Ma l'incertezza non deriva dal fatto che il Paese è guidato da un leader giovane come Bashar al Assad, perché "le strutture vere sono ancora quelle forgiate da suo padre Hafez". Come in un effetto domino, secondo il politologo, in Medio Oriente stanno cadendo tutte le tessere ma a spaventare di più è la destabilizzazione dell'Arabia Saudita. Infine, Kepel sottolinea la mancanza di un ruolo europeo che non ha "un'esistenza politica".
Le autorità della Siria hanno liberato oltre 200 prigionieri politici, per lo più islamici. Lo ha affermato l'Osservatorio siriano per i diritti umani basato a Londra, citato dall'agenzia Afp.