Alla Camera dei deputati e imputati si accorciano i processi e la prescrizione (serve urgentemente al cavaliere per evitare una condanna sicura in primo grado) e al Senato, invece, si lavora per allungare in modo abnorme i processi.
Ieri a Montecitorio si è vissutata un'altra giornata di guerriglia parlamentare con le opposizione, giustamente, hanno fatto di tutto per cercare di bloccare o quantomeno ritardare l'approvazione della cosidetta norma salva Berlusconi, e, ieri notte, infatti, la seduta notturna della Camera per l'esame del processo breve si è conclusa dopo la mezzanotte. Sono stati votati e respinti 4 emendamenti all'articolo 1 del testo, ma gli emendamenti complessivamente ammontano a duecento. La seduta è ripresa dopo l'informativa del ministro dell'Interno Roberto Maroni sull'emergenza immigrazione.
Mercoledì contro l'ostruzionismo si era mosso Gianfranco Fini. «Ove dovessero riproporsi nelle prossime sedute situazioni analoghe la presidenza della Camera ridurrà il tempo massimo degli interventi in relazione al numero degli iscritti a parlare» ha detto il presidente della Camera nel primo pomeriggio ai capigruppo, facendo riferimento in particolare ai ritardi in Aula provocati dall'opposizione in particolare sul processo verbale della seduta precedente. Chi era presente alla riunione riferisce che la decisione del leader di Fli è stata giudicata «tardiva» dalla maggioranza e «inopportuna» dai rappresentanti dell'opposizione.
La manovra ostruzionistica delle opposizioni è comunque riuscita e dopo il rinvio in commissione della Comunitaria 2010 e il via libera definitivo alla nuova legge di contabilità pubblica, alla fine il ddl sul processo breve è slittato alle 21. La maggioranza, temendo un «blitz» del Pd , ha avvertito i deputati della necessità di essere presenti in Aula. «Alle 21 - avevano riferito fonti parlamentari del Pdl prima che i lavori ricominciassero - cercheranno di rimandare il provvedimento sul processo breve in commissione per ucciderlo, ma non ci riusciranno». Che le opposizioni e i democratici in particolare non abbiano alcuna intenzione di fare un passo indietro lo si era capito già dalle parole di Dario Franceschini. «L'opposizione userà tutti gli strumenti parlamentari a disposizione per bloccare l'approvazione del processo breve», ha avvertito l'ex segretario del Pd. «Fino a che ci sarà il tentativo di calpestare le regole, non esiteremo a utilizzare ogni virgola del regolamento per impedire l'approvazione di questa legge», ha assicurato. «Stanno devastando il calendario dei lavori», ha insistito, «chiederanno la seduta notturna e noi staremo qui a fare la nostra parte fino in fondo». E così in effetti è stato: la seduta è stata portata avanti, appunto, fino a mezzanotte, per poi essere aggiornata alle 9 di giovedì con all'ordine del giorno, come primo punto, le comunicazioni del ministro Maroni sul flusso di immigrati dal nord Africa.
Intanto, mentre alla Camera si parlava di processo breve, al Senato è spuntata a sorpresa una norma «allunga processi»: un emendamento del capogruppo Pdl in commissione Giustizia, Franco Mugnai, al ddl sul «giudizio abbreviato» che consente alla difesa di presentare elenchi «infiniti» di testi prolungando i procedimenti - è l'accusa delle opposizioni - «fino alla prescrizione». In più, riparte l'iter della riforma del processo penale con il legale del premier Piero Longo come relatore. E va avanti il ddl di riforma del Csm. Anche nella Comunitaria, ha ricordato Donatella Ferranti (Pd), «hanno infilato la norma anti-toghe sulla responsabilità civile che è una minaccia verso i magistrati che seguono i processi Berlusconi». Mugnai ha tentato di minimizzare: «Chiunque conosca l'articolo 111 della Costituzione sul giusto processo non può che condividere la norma. È una misura tranquillissima. Non capisco la polemica». La «norma Mugna» introduce due misure: la difesa potrà presentare tutte le prove che vuole (sempre che siano «pertinenti») visto che il giudice non potrà più respingere quelle «superflue»; una sentenza passata in giudicato non potrà più considerarsi prova definitiva in un processo, così come prevedeva la «norma Falcone» (art.238-bis cpp) introdotta per i processi di mafia. Nel processo Mills, ad esempio, la sentenza di condanna emessa nei confronti del legale inglese non potrà più essere usata come prova nel filone del processo riguardante Berlusconi. Così si dovrà ricominciare tutto daccapo per accertare i fatti. «Se il processo Mills non morirà con la prescrizione breve, lo farà con l'ingolfa processi», ha commentato ancora la Ferranti. E la capogruppo Pd, Anna Finocchiaro: «Per salvare il premier salveranno anche i delinquenti. Ennesima vergogna ad personam».