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Nessun decreto sulle intercettazioni: Il Quirinale giustamente blocca il premier

E' fallito il tentativo della maggioranza di accelerare sulle intercettazioni. Determinante il 'no' del Quirinale, ma anche un ragionamento a freddo sui tempi, ormai troppo stretti, visto l'imminente deposito di nuove 'bobine'.

A Bari i magistrati si apprestano a depositare la notifica di chiusura indagini per l'inchiesta sul giro di prostituzione che coinvolge Giampiero Tarantini. E da quel
momento, mettere un freno alla pubblicazioni di certe conversazioni che rischiano di far arrossire chi le legge, sarà praticamente impossibile.

Ecco perché quando Silvio Berlusconi sale al Colle, ieri mattina, con la manovra ormai in tasca, pensa alla concreta possibilità di nuovi interventi per 'sterlizzare' le
intercettazioni dei pm sui giornali. Palazzo Chigi, per bocca di Paolo Bonaiuti,
smentisce la 'tentazione'. Ma trapela da più fronti che in realtà la mossa era stata quantomeno programmata, incontrando la ferma resistenza di Giorgio Napolitano. Dal Colle, a sera, nessuno conferma, nessuno smentisce.

Con il Capo dello Stato, comunque, il premier si sarebbe lamentato per il rischio che intercettazioni imbarazzanti possano mettere in difficoltà non la sua persona, ma più in generale l'istituzione che rappresenta, dunque il Paese che già sta tentando di reagire all'assalto degli speculatori. A maggior ragione, si argomenta in ambienti di governo, se davvero venisse tirato in ballo un leader straniero, ovvero Angela Merkel. 

Rumors indicano anche alcuni ministri e parlamentari al centro di conversazioni scabrose. Solo voci, che per ora non trovano conferme ufficiali. Di certo, durante il Consiglio dei ministri, il premier avrebbe argomentato che quella sulle intercettazioni è "la prima legge che vogliono gli italiani" perché "l'87% è intercettato". A dispetto delle apparenze, inoltre, Berlusconi avrebbe sostenuto che in maggioranza sono in
arrivo 6-9 nuovi deputati.