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Migranti, al via la due giorni del consiglio europeo: focus sul piano Ue-Turchia

Bruxelles, 17 Mar 2016 - Si svolge oggi a Bruxelles, a partire dalle 16, e con la conclusione prevista per domani mattina, il vertice "ordinario" di marzo dei capi di Stato e di governo dell'Ue (Consiglio europeo) dedicato anche questa volta, come per gli ultimi summit straordinari, soprattutto alla crisi migratoria e alla conclusione, si spera, di un difficile accordo con Ankara. L'accordo mira a riportare sotto controllo i flussi di migranti, chiudendo la "rotta balcanica". Riportando in Turchia tutti i migranti, compresi i profughi siriani, che sono entrati illegalmente in Grecia, si spera di dissuaderli dall'affidarsi ai trafficanti, smantellando così il "business model" di questi ultimi nel Mar Egeo.

Al vertice parteciperà il presidente del Consiglio Matteo Renzi, a Bruxelles già alle 13 per intervenire a una conferenza organizzata dal "think tank" Volta sull'iniziativa Odysseus per una proposta di Servizio civile europeo "per reinventare l'Europa". Non è confermata, invece, la presenza del premier italiano al tradizionale pre-summit dei leader di governo del Partito dei Socialisti europei, che si svolge a partire dalle 13:30.

Sul tavolo, una nuova proposta di accordo che sia, naturalmente, accettabile sia per Ankara sia per i Ventotto, e che garantisca il rispetto del diritto europeo e internazionale, risultando comunque efficace per disincentivare i flussi irregolari dei migranti dalla Turchia verso la Grecia e l'Ue.

Il problema di più difficile soluzione è come rendere giuridicamente accettabile il rinvio dalla Grecia in Turchia di persone che avrebbero diritto alla protezione internazionale, quando Ankara, pur avendo firmato la Convenzione di Ginevra del 1951 sulla protezione dei rifugiati, la applica con delle "limitazioni geografiche". In altre parole, riconosce pienamente e automaticamente lo status di rifugiato solo agli europei, mentre per chi proviene da paesi asiatici o africani può essere concessa (com'è stato fatto con i siriani) - ma non è sempre automatico o garantito - una protezione temporanea, con delle decisioni specifiche di legge o delle autorità nazionali. L'accordo potrà funzionare solo se Ankara modificherà la propria legislazione nazionale in modo da garantire ai profughi e rifugiati che saranno riportati dalla Grecia in Turchia una "protezione equivalente" a quella richiesta dalla Convenzione di Ginevra, pur senza abolire formalmente le sue "limitazioni geografiche".

Si parlerà poi di come aiutare la Grecia ad affrontare la crisi umanitaria dovuta all'afflusso massiccio di migranti, e a gestire i centri di identificazione e registrazione ("hotspot") e le domande d'asilo. Inoltre (lo hanno chiesto in particolare l'Italia e la Bulgaria), si discuterà di come impedire che la chiusura della "rotta balcanica" (in particolare al confine greco-macedone) produca un dirottamento dei flussi verso le frontiere turco-bulgara e greco-albanese ("rotta adriatica", verso l'Italia, per il momento solo un rischio paventato).

Se tutto va bene, e la bozza di accordo sarà accettata o modificata con il consenso di tutti i leader dei Ventotto, il testo verrà sottoposto alla delegazione turca, guidata dal premier Davutoglu, che venerdì mattina incontrerà i suoi colleghi dell'Ue. Idealmente, dovrebbero approvare una dichiarazione congiunta da pubblicare poi insieme alle conclusioni del Consiglio europeo.

In realtà le cose potrebbero non essere così semplici. Rispetto alle nuove proposte turche del 7 marzo - oltre alle perplessità già espresse dal Parlamento europeo, che qualche potere in questa vicenda ce l'ha e intende usarlo - ci sono un paio di modifiche, su cui i Ventotto sembrano in principio d'accordo, che probabilmente non piaceranno ad Ankara. La prima riguarda la "ripartenza" rapida del processo negoziale di adesione della Turchia all'Ue, con l'apertura di cinque nuovi capitoli finora bloccati.

Il presidente cipriota Nikos Anastasiades si è opposto duramente, già il 7 marzo, a questa sorta di "fast track" che chiede Ankara, senza fare cenno alle condizioni che andrebbero rispettate per poter riaprire quei capitoli negoziali. Condizioni che, in particolare, riguardano il riconoscimento del governo di Cipro, la riammissione nei porti e aeroporti turchi di navi e aerei ciprioti, e il rispetto degli obblighi verso Cipro nell'attuazione dell'unione doganale Ue-Turchia. Una simile concessione ad Ankara potrebbe addirittura compromettere, indebolendo la posizione di Nicosia, i faticosi ma visibili passi avanti che si stanno compiendo nel negoziato fra greco ciprioti e turco ciprioti per la riunificazione dell'Isola.

I leader dell'Ue, con tutta probabilità, useranno una formula che "prepari", o comunque lasci aperta la possibilità di aprire i nuovi capitoli negoziali, senza però prendere alcun impegno preciso sui tempi e riconfermando tutte le condizioni previste dall'attuale quadro negoziale (compreso il diritto di veto di Cipro come di qualunque altro Stato membro).

L'altra richiesta di Ankara che crea problemi almeno ad alcuni dei paesi europei (forti obiezioni sono venute, fra l'altro, da Francia e Austria) è quella dell'accelerazione della liberalizzazione dei visti per i cittadini turchi che viaggiano nell'area Schengen. Secondo la "roadmap" concordata precedentemente con l'Ue, che prevedeva la liberalizzazione entro novembre 2016, la Turchia avrebbe dovuto rispettare 72 condizioni ("parametri" o "benchmark") prima di vedere abolire i visti, e finora ne rispetta solo 35. I Ventotto diranno probabilmente ai turchi che l'anticipo della liberalizzazione a giugno, da loro richiesta, dipende solo Ankara: si potrà fare se e quando rispetteranno pienamente tutti i parametri. Anche in questo caso, dunque, nessuna concessione sulle condizioni.

Per quanto riguarda, infine, i 3 miliardi di euro aggiuntivi - oltre ai 3 miliardi in due anni già decisi - che l'Ue dovrebbe mettere a disposizione per migliorare le condizioni di vita dei rifugiati in Turchia, i Ventotto resteranno probabilmente sul vago, promettendo semplicemente di velocizzare l'esborso dei primi finanziamenti e di rivedere poi nel 2018 se saranno necessari nuovi fondi.

Dopo l'attacco a sorpresa turco del 7 marzo, insomma, i leader europei dovrebbero rispondere con un contrattacco al vertice di domani. Resta da vedere quale sarà la reazione di Ankara.