Città del Vaticano, 17 Mag 2016 - “Avviciniamoci, quasi in punta di piedi, a qualcuno dei tanti parroci che si spendono nelle nostre comunità, lasciamo che il volto di uno di loro passi davanti agli occhi del nostro cuore e chiediamoci con semplicità: che cosa ne rende saporita la vita? Per chi e per che cosa impegna il suo servizio? Qual è la ragione ultima del suo donarsi?”. È l’invito con cui Papa Francesco ha aperto nell’Aula del Sinodo in Vaticano la 69esima assemblea generale della Conferenza episcopale italiana (Cei) dedicata al “rinnovamento del clero”. “Vi auguro – ha proseguito Bergoglio – che queste domande possano riposare dentro di voi nel silenzio, nella preghiera tranquilla, nel dialogo franco e fraterno: le risposte che fioriranno vi aiuteranno a individuare anche le proposte formative su cui investire con coraggio”.
Papa Francesco ha invitato il clero a lasciare da parte ambizioni di carriera e di potere. “La vita del presbitero – ha detto – diventa eloquente perché diversa, alternativa. Egli è uno che si è avvicinato al fuoco e ha lasciato che le fiamme bruciassero le sua ambizioni di carriera e potere. Ha fatto un rogo anche della tentazione di interpretarsi come un ‘devoto’ che si rifugia in un intimismo religioso che di spirituale ha ben poco”. Il clero inoltre “non cerca assicurazioni terrene o titoli onorifici”, ma il suo stile di vita è “semplice ed essenziale” e ciò lo presenta “credibile agli occhi della gente, avvinandolo agli umili”. Bergoglio ha portato l’esempio di dom Helder Camara, presule che guidò la chiesa brasiliana di Recife dal 1964 al 1985 e morì nel 1999 nella piccola e povera casa dove aveva vissuto da vescovo. L'anno scorso la Santa Sede ha ratificato il via libera all'introduzione della causa di canonizzazione del ‘vescovo delle favelas’.
Papa Francesco ha dato una duplica indicazione ai vescovi italiani presenti: “Il prete – ha spiegato -, consapevole di essere lui stesso un ‘paralitico guarito’, sia distante dalla freddezza del rigorista, come pure dalla superficialità di chi vuole mostrarsi accondiscendente a buon mercato”. Egli ha poi osservato come il contesto culturale “sia molto diverso da quello in cui il presbitero ha mosso i primi passi nel ministero. Anche in Italia tante tradizioni, abitudini e visioni della vita sono state intaccate da un profondo cambiamento d'epoca. Noi, che spesso ci ritroviamo a deplorare questo tempo con tono amaro e accusatorio, dobbiamo avvertirne anche la durezza: nel nostro ministero, quante persone incontriamo che sono nell'affanno per la mancanza di riferimenti a cui guardare”.
Sulla gestione dei beni economici, il pontefice ha raccomandato ai vescovi di “mantenere soltanto ciò che può servire per l’esperienza di fede e di carità del popolo di Dio”, evitando di appesantirsi in una “pastorale di conservazione”.
"Insieme - ha detto il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei - metteremo anche a fuoco alcune linee di gestione in ambito economico e affronteremo il tema della revisione delle norme circa il regime amministrativo dei tribunali ecclesiastici: ci anima l'impegno a far sì che le finalità della riforma possano trovare efficace e piena risposta nella prassi giudiziaria".
Prima di iniziare il suo discorso, il pontefice si è reso protagonista di un simpatico scambio di battute con il presidente della Cei. “Quest’anno ci sono tanti nuovi, c’è molto odore di olio” ha detto Francesco che, alludendo a un vescovo appena ordinato ha aggiunto: “Tu non hai ancora fatto 24 ore”. Bergoglio ha poi domandato quanti fossero i nuovo vescovi a cui il cardinale Bagnasco ha risposto “Un po’ meno di quaranta”, su un totale di 240 presenti.