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Omicidio di Orune: arrestati gli assassini di Gianluca Monni. Svolta anche sulla scomparsa di Stefano Masala (2)

Nuoro, 25 Mag 2016 - Alle prime luci dell’alba, i Carabinieri del Comando Provinciale di Nuoro, in concorso con i colleghi del Comando Provinciale di Sassari, del Ros, del Reparto Investigazioni Scientifiche di Cagliari e dello Squadrone Eliportato “Cacciatori di Sardegna” di Abbasanta (Or), hanno dato esecuzione a due ordinanze di custodia cautelare emesse rispettivamente dai giudici per le indagini preliminari del Tribunale di Nuoro, dott. Mauro Pusceddu e del Tribunale per i Minorenni di Sassari, dott.ssa Maria Stefania Palmas, su richiesta della Procura della Repubblica di Nuoro e della Procura della Repubblica per i Minorenni di Sassari, a seguito delle indagini condotte dagli investigatori dell’Arma per l’omicidio di Gianluca Monni, avvenuto la mattina dell’8 maggio 2015 ad Orune.

Le indagini, portate avanti incessantemente per più di un anno sotto la direzione dei Procuratori di Nuoro, dott. Andrea Garau e della Procura per i minori di Sassari, dott.ssa Elena Pitzorno, hanno consentito di fare luce sia sul grave fatto di sangue, sia sulla scomparsa di Stefano Masala, il 29enne di Nule di cui si sono perse le tracce proprio dallo stesso giorno dell’omicidio di Monni.

 

Nella circostanza sono stati arrestati e poi rinchiusi rispettivamente presso l’Istituto Penitenziario per Minorenni di Quartucciu (Ca) e presso il carcere di Nuoro, Paolo Enrico Pinna, appena 18enne, nato a Ozieri residente a Nule (SS), nullafacente (minorenne all’epoca dei fatti per i quali è indagato), Alberto Cubeddu, di 21 anni, di Ozieri, allevatore, cugino del Pinna, in quanto ritenuti responsabili in concorso dell’omicidio premeditato e per futili motivi del minorenne Monni, del porto e della detenzione illegali di un fucile cal. 12, utilizzato per l’omicidio, del sequestro di persona a scopo di rapina e dell’omicidio premeditato di Stefano Masala, della distruzione del cadavere (allo stato ancora non rinvenuto) di Masala, dell’incendio della vettura di Masala, utilizzata per compiere l’omicidio di Monni, della calunnia nei confronti di Masala. Pinna è anche accusato della ricettazione, della detenzione e del porto illegale di una pistola, della molestia nei confronti della fidanzata di Monni, della minaccia con la pistola nei confronti della vittima e di maltrattamenti in famiglia nei confronti della propria madre.

Inoltre è finito in manette Antonio Zappareddu, di 26 anni, di Ozieri, allevatore, in quanto ritenuto responsabile del porto e della detenzione illegali di un fucile e di una pistola (il fatto è emerso nel corso delle indagini ma non ha alcuna attinenza con l’omicidio, così come le armi non sono quelle utilizzate per compiere i delitti di Monni e Masala).

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I fatti – L’otto maggio 2015, alle ore 07.05 circa, a Orune, nel Corso Repubblica, all’altezza del civico 150, un individuo armato di fucile esplose tre fucilate all’indirizzo di Gianluca Monni colpendolo all’avambraccio, al fianco e al torace, uccidendolo sul colpo. Poi la notte tra l’8 e il 9 maggio 2015, in località “Osaspera” nel territorio del comune di Pattada (SS), al km. 42 della S.S. 128 bis, fu ritrovava completamente bruciata la Opel Corsa utilizzata da Stefano Masala la sera della sua scomparsa. L’allarme della vettura in fiamme fu dato da un passante, il quale intorno alle 23:45 circa, mentre faceva rientro a casa, notò la macchina non ancora completamente avvolta dalle fiamme. Quindi il ritrovamento della Opel Corsa permise di poter affermare che si trattasse della stessa auto immortalata dalle telecamere di Orune la mattina dell’omicidio del minorenne. La certezza scaturì dal fatto che quando Masala uscì di casa, la Opel montava i cerchi in lega su tutti e quattro i pneumatici, così come appurato dalle riprese delle telecamere di Nule. Al momento del ritrovamento, invece, presentava il cerchione posteriore destro non in lega e quindi completamente diverso dagli altri, così come la Opel Corsa catturata, la mattina dell’omicidio di Monni, dagli impianti di videosorveglianza del Banco di Sardegna e del Comune di Orune. Non si trattò, pertanto, di una semplice casualità, ma del riscontro oggettivo che quella macchina fu utilizzata per uccidere il giovane studente orunese.

A seguito di questo fatto, mentre le prime fasi delle indagini furono rivolte verso l’individuazione degli assassini, con il passare dei giorni e delle attività investigative poste in essere, venne tratta la conclusione che anche l’altro omicidio fu compiuto dalla stessa mano.

Le prime informali notizie acquisite sul luogo dell’omicidio portarono alla luce un fatto non denunciato e quindi non conosciuto dai Carabinieri di Orune: durante la manifestazione di “Cortes Apertas” tenutasi nel piccolo centro della Barbagia, nei giorni 12 – 13 e 14 dicembre 2014, si scatenò una violenta rissa che vide coinvolto Monni e Paolo Enrico Pinna. Questo giovane nulese importunò la ragazza della vittima e da lì ne nacque un violento alterco dentro la sala da ballo, nel corso del quale Pinna puntò una pistola in faccia all’orunese, minacciandolo. Successivamente Pinna venne disarmato e malmenato da amici di Gianluca che erano corsi in suo aiuto. Il presunto assassino quella sera era in compagnia di Masala.

omicidio orune3Alcuni giorni dopo quei fatti, Pinna ed il padre si recarono a casa della famiglia di Gianluca per chiarire la questione. Nella circostanza Roberto Salvatore Pinna spronò Gianluca ad attivarsi affinché la pistola sottratta al figlio gli venisse restituita.

La situazione si calmò per alcuni mesi, fino al 20 aprile 2015, giorno in cui venne postata in una chat di WhatsApp la poesia di un poeta estemporaneo di Orune che il Pinna, erroneamente, interpretò come un ulteriore affronto in relazione a quanto gli era successo nel precedente mese di dicembre 2014. Di certo il livore per quella vicenda era sempre vivo e forte, essendo stata troppo grave l’umiliazione inflittagli dagli orunesi ed in particolare dal Monni, ma la lettura di quei versi del poeta orunese diede evidente vigore alla sua sete di vendetta e da quel momento Pinna iniziò a pianificare le modalità esecutive e logistiche che gli consentissero la perfetta riuscita dell’azione criminale, attraverso modalità e mezzi che gli permettessero altresì di avere garantita l’impunità. E immediatamente dopo, appena presa lettura della poesia che riaccese la rabbia vendicativa, Pinna coinvolse il cugino Cubeddu: fu la prima persona a cui chiese un parere sull’interpretazione delle rime dell’orunese, nonché la prima persona a cui manifestò il significato univoco affronto che lui gli attribuiva.

Dopo questo scambio di punti di vista, dal 28.04.2015, Paolo Enrico intavolò con Alberto Cubeddu una discussioni circa l’efficienza della sua motocicletta e contemporaneamente riallacciò i contatti telefonici con Stefano Masala. Infatti, come si evince dall’esame dei tabulati telefonici, Pinna chiamò Masala senza ottenere risposta e questi, non avendo addirittura nella memoria del telefono il numero del Pinna, gli inviò sms chiedendogli chi fosse.

Questo dato di fatto è la prova più nitida della scarsità di frequentazione che oramai – dopo il dicembre 2014 - caratterizzava il rapporto tra i due ragazzi, corroborato dai tabulati che hanno confermato l’esiguità e rarefazione dei rapporti telefonici tra i due dal dicembre 2014 al 28 aprile 2015.

Quindi si è di fronte a due chiari momenti di pianificazione del programma criminoso. Mentre Pinna riallacciava i rapporti con Masala, nello stesso giorno, esattamente nella stessa giornata del 28 aprile 2015, ci si attivava affinché la moto di Alberto Cubeddu fosse resa efficiente e pronta per il post-utilizzo dell’auto di Masala il giorno del delitto. Così alla moto venne fatta la manutenzione presso un’officina meccanica e ai primi di maggio venne provata, risultando perfettamente efficiente e quindi pronta all’uso che ne sarebbe poi conseguito.

La sera del 07.05.2015 iniziò la fase esecutiva, quando Pinna, con l’inganno, fece credere al Masala di aver interceduto nei confronti di una ragazza affinché iniziasse una relazione sentimentale con lui. Si incontrarono, uscirono in macchina assieme, si fermarono in prossimità di un terreno nel quale il Pinna andò a prendere un involucro che mise dentro la Opel Corsa. I due discussero e da allora di Stefano Masala si persero le tracce. Le intercettazioni hanno permesso di poter affermare che venne ucciso ma allo stato attuale inquirenti non sono in grado di poter documentare come il Masala fu ucciso e dove venne occultato e distrutto il suo cadavere.

Con la Opel Corsa sottratta a Masala, Pinna andò ad Orune assieme ad Alberto Cubeddu e i due uccisero Gianluca Monni. Poi si recarono ad Ozieri, nascosero l’Opel Corsa in locali forniti da Cubeddu e, infine, con la moto del cugino, Paolo Enrico fece rientro a Nule. Nella notte l’auto fu poi bruciata.

Al momento non trova risposta il motivo che l’autovettura venne sottratta a Stefano Masala e questi fu ucciso.

Il Paolo Enrico Pinna aveva la necessità di reperire una vettura con la quale raggiungere Orune. Avrebbe potuto rubarla a chiunque avendone certamente le capacità: le intercettazioni dimostreranno non solo la capacità, ma l’esperienza reale, ovvero la presenza in casa Pinna di autovetture rubate, così come le intercettazioni raccontano con chiarezza l’esperienza di Cubeddu nel bruciare le macchine.

Agli atti sono emersi elementi di fatto certi che consentono di ricostruire tale motivo: gli assassini hanno avuto l’idea di far ricadere sull’altra povera vittima, le responsabilità dell’omicidio del minorenne di Orune.

Questa ricostruzione è stata documentata minuziosamente dai militari del Comando Provinciale di Nuoro, grazie anche al supporto delle varie componenti specialistiche dell’Arma, attraverso  rilievi tecnici, esame del materiale in sequestro, relazione di consulenza medico-legale, relazioni dei consulenti del p.m. nominati per l’estrazione del materiale informatico dai supporti telefonici, dal personal computer dagli altri hardware e connessi software, dal tenore delle sommarie informazioni raccolte, dalle emergenze dei tabulati telefonici, dall’esame delle carte geografiche, dalle risultanze dell’attività di intercettazione disposte su decine di utenze telefoniche.

Le indagini continuano a tutto campo, al fine di chiarire ulteriormente la posizione di tutti gli indagati e fare luce su alcuni aspetti della vicenda che, al momento, rimangono oscuri.