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Il dittatore turco Erdogan si avvia verso il sultanato presidenziale e nel frattempo il satrapo chiede estradizione del suo acerrimo nemico Gulen agli Usa

Ankara (Turchia), 17 Lug 2016 - Prima il sostegno alle "istituzioni democratiche" e "al governo democraticamente eletto" contro il tentativo di golpe militare in Turchia. Poi gli appelli a Erdogan perché non faccia avvitare il paese in una spirale di violenza. E la tensione montante per la repressione lanciata dal presidente-sultano. Europa e Stati Uniti hanno avuto un ruolo da spettatori attivi nella notte che, come raccontato da Federica Mogherini, "ha tenuto il mondo col fiato sospeso" e fatto "tornare indietro nel tempo".

L'alto rappresentante e l'Europa sono stati i primi a dare il segnale che i militari ribelli non avrebbero trovato sponde. Soltanto un'ora e mezza dopo, è arrivata la presa di posizione di Barack Obama "al fianco del governo democraticamente eletto", che peraltro ha dato lo spunto a Donald Trump per attaccare il presidente uscente sostenendo che i disordini fossero "un esempio del fallimento" delle sue politiche. Pochi minuti dopo è stata la volta di Angela Merkel e di tutti i leader mondiali, a schierarsi per l'ordine costituito in un paese della Nato, base delle operazioni della coalizione anti-Isis in Turchia, nonché candidato all'ingresso nella Ue e partner chiave dell'accordo per frenare il flusso di rifugiati dal Medio Oriente verso l'Europa. Scongiurato uno scenario di caos e guerra civile, è fondamentale che vengano rispettati il diritto e le regole della democrazia come richiesto da tutti i Paesi alleati. E' questa, secondo fonti di Palazzo Chigi, la posizione italiana frutto dei colloqui tra il premier Matteo Renzi e i ministri competenti. Se i militari golpisti speravano di riuscire a controllare l'opinione pubblica prendendo possesso della televisione pubblica, classico metodo del passato, l'orologio ha dimostrato di non tornare mai indietro. Neppure in Turchia che ha una lunga storia di colpi di stato militari.

Il tentato putsch di ieri, con le notizie sui social network, le immagini dei carri armati nelle strade, l'appello di Erdogan dallo smartphone ed i video delle migliaia di turchi scesi in piazza per fermare i golpisti, è rimbalzato in diretta nelle cancellerie di tutto il mondo, al vertice Ue-Asia a Ulan Bator come alla Casa Bianca. Quando è stato chiaro che il golpe era fallito, un'ondata di sollievo.

Spenta dalla promessa di vendetta di Erdogan: i golpisti "pagheranno duramente", aveva detto appena atterrato a Istanbul nella notte. Al mattino sono scattati gli arresti dei militari e dei giudici ed il premier Binali Yildirum ha ventilato il ripristino della pena di morte con la formula di ricordare che è stata abolita ma che il governo avrebbe dovuto "considerare" cambiamenti legali per accertarsi che simili tentativi di golpe non si ripetano mai più. E dall'Europa Angela Merkel ha lanciato un messaggio di segnale diverso. La Germania, ha detto, sarebbe stata al fianco di "tutti quelli che difendono la democrazia". "Ora è indispensabile che la Turchia ritrovi stabilità, che non si alimenti ulteriormente una spirale pericolosa di violenza, che va fermata" ha ammonito Mogherini, aggiungendo che "alla Turchia di oggi chiediamo rispetto della legge, dello stato di diritto e confronto democratico che sono principi inderogabili e irrinunciabili" ed "anche il modo migliore per affrontare le difficoltà che la Turchia vive".

Ancora più esplicito il presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz: "Un solo uomo al comando e decisioni arbitrarie non sono accettabili in un paese che non solo è un alleato strategico ma anche un paese candidate all'ingresso nell'Unione Europea". Mentre Barack Obama ha invitato "tutte le parti in Turchia ad agire nel rispetto della legge ed evitare azioni che potrebbero tradursi in ulteriore violenza e instabilità".