Roma, 3 Nov 2016 - Sarebbero almeno 239 i dispersi dopo il naufragio di due barconi al largo delle coste libiche. Lo riferisce in un tweet Carlotta Sami, portavoce dell'agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr). La notizia, scrive la portavoce, è stata confermata da due sopravvissuti che ora si trovano a Lampedusa. Ieri erano stati recuperati 12 cadaveri.
Intanto proseguono i salvataggi a largo del canale di Sicilia. Le navi dell'ong Moas hanno salvato 316 migranti. Responder ha preso a bordo 178 persone da due gommoni. Phoenix altri 138 profughi che all'equipaggio hanno raccontato di avere lasciato Sabrata ieri sera alle 22 e di essere rimasti per sette ore in mare alla deriva. Ancora sbarchi inoltre sulle coste della Sardegna. Dopo i 27 arrivati ieri, questa mattina i carabinieri hanno bloccato 26 cittadini algerini, arrivati sulla spiaggia di Porto Pino nel Comune di Sant'Anna Arresi e a Sant'Antioco, a Maladroxia, sulla costa sud occidentale della Sardegna.
Secondo quanto ricostruito dai militari della Compagnia di Carbonia, 17 migranti sono arrivati durante la notte a Porto Pino, hanno dormito in spiaggia nell'area del poligono militare di Teulada e all'alba si sono incamminati verso il paese dove sono poi stati fermati dai carabinieri. Il secondo sbarco questa mattina intorno alle 7, a Maladroxia. Una residente ha chiamato il 112 segnalando la presenza di nove migranti vicino ad un bar. Tutti gli algerini, una volta visitati e identificati, saranno trasferiti nei centri di accoglienza.
I poliziotti italiani hanno fatto in alcuni casi ricorso a pratiche "assimilabili a tortura" per ottenere le impronte digitali dei migranti: è l'atto di accusa di Amnesty International, che ritiene l'Ue in parte responsabile di questa situazione.
"Le pressioni dell'Ue sull'Italia affinché usi la mano dura con i migranti e i rifugiati, hanno portato a espulsioni illegali e a maltrattamenti che, in certi casi, sono assimilabili alla tortura", scrive l'organizzazione a tutela dei diritti dell'uomo in un rapporto dedicato alla politica degli 'hotspot'. Nei centri di registrazione voluti dall'Ue per facilitare l'identificazione dei migranti al loro arrivo sul suolo europeo, molti migranti rifiutano spesso di essere identificati, il che ha spinto l'Italia ad agire "al di là della legalità" e a condurre "abusi scioccanti" da parte di alcuni poliziotti, spiega Matteo de Bellis, coordinatore del rapporto.
"Nella loro determinazione a ridurre il perdurante movimento di rifugiati e migranti verso altri Stati membri, i leader europei hanno portato le autorità italiane al limite - e anche oltre - di ciò che è legale", spiega De Bellis. "Il risultato è che gente traumatizzata, che arriva in Italia dopo viaggi drammatici, è stata sottoposta in qualche caso ad abusi scioccanti per mano della polizia, ma anche a espulsioni illegali".
Delle 24 testimonianze di maltrattamenti raccolte su un totale di 170 interviste, 16 riguardano episodi in cui qualcuno è stato malmenato. Il rapporto dell'ong riconosce che la gran parte delle volte la procedura per l'identificazione avviene senza alcun incidente: "Il comportamento della gran parte dei poliziotti resta professionale e la gran parte delle registrazioni delle impronte digitali avviene senza incidenti". E tuttavia alcuni episodi destano "seria preoccupazione". De Bellis aggiunge che le testimonianze registrano delle coincidenze l'una con l'altra e che dunque, anche se Amnesty non è riuscita a verificarle una per una, l'ong è "certamente in grado di dire che c'è un problema di uso eccessivo della forza da parte della polizia".