Roma, 8 Nov 2016 - Alle 18 di questa sera si sono aperte al Quirinale le consultazioni, attraverso le quali il capo dello Stato cercherà di capire come uscire dall'impasse di questa nuova crisi di governo. Il primo a salire al Colle è stato il presidente del Senato, Pietro Grasso, seguito alle 18.30 dalla presidente della Camera, Laura Boldrini e, alle 19 dall'ex presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.
Le consultazioni proseguiranno domani, venerdì 9 dicembre e sabato 10 dicembre. Uno ad uno, tutti i gruppi parlamentari incontreranno Mattarella, ma sarà comunque sabato la giornata più calda quando saliranno al Colle la delegazione della Lega Nord, formata da Matteo Salvini, e i capigruppo Massimiliano Fedriga e Gian Marco Centinaio, Forza Italia, guidata da Silvio Berlusconi, il Movimento 5Stelle, e infine il Partito democratico. I grillini non dovrebbero essere accompagnati da Beppe Grillo che, al momento, fanno sapere fonti parlamentari, non avrebbe intenzione di partecipare. Anche la delegazione dem sarà orfana del suo segretario, lo stesso che ieri in direzione ha annunciato che parteciperanno, invece, Lorenzo Guerini, Matteo Orfini e i due capigruppo, Ettore Rosato e Luigi Zanda. In questa giornata sarà fondamentale l'incontro con l'ex Cav che ha già garantito a chiare lettere al capo dello Stato fiducia nelle sue decisioni e la "responsabilità" del suo partito in questo momento.
Dopo giorni segnati da colpi di scena, passi in avanti e altrettanti passi indietro, Renzi ha quindi rimesso il mandato nelle mani del capo dello Stato, ma quello che emerge è che il nome del premier non è ancora del tutto fuori dai giochi. Il presidente della Repubblica, si legge nel comunicato del Quirinale "si è riservato di decidere e ha invitato il Governo a rimanere in carica per il disbrigo degli affari correnti". Insomma da quel "si riserva di decidere" si evince che, come da prassi, il capo dello Stato non chiude la porta ad alcuna possibilità sul futuro governo del Paese. Restano quindi aperte tutte le strade, non solo quella di un possibile reincarico, o una supplenza istituzionale di Pietro Grasso, ma anche la possibilità di inviare alle Camere lo stesso Renzi per una verifica della fiducia in Parlamento.
Mattarella resta quindi fedele alla sua convinzione iniziale: questo governo ha la maggioranza in Parlamento e può continuare a esercitare il suo mandato. Per l'inquilino del Colle quindi queste consultazioni serviranno per capire se si può proseguire su questa linea e tentare la riconferma o rimescolare le carte e affidare a un 'traghettatore' l'incarico di modificare la legge elettorale e semmai andare a nuove elezioni. Ovviamente spetterà a Renzi, nel caso in cui fosse richiamato al Quirinale, accettare o meno la strada tracciata da Mattarella; resta il fatto che al momento se non si può parlare di tensione, sicuramente si può attestare che i due continuano ad avere posizioni diverse e con forza tentano di mantenerle. Nella giornata di ieri infatti si erano fatte sempre più insistenti le voci su una pausa di riflessione del premier ormai dimissionario, pronto a formalizzare l'addio a palazzo Chigi venerdì mattina, pausa che poteva servire per valutare la proposta avanzata dal capo dello Stato di restare dopo un passaggio alle Camere. Ancora una volta Renzi però ha scombinato i piani e alle 19 è salito al Colle. Questo aveva fatto presagire un 'no' secco e deciso al reincarico, ma evidentemente non è stato così. Le dimissioni a questo punto possono considerarsi revocabili e la prova è proprio in quella frase, di prassi, "si è riservato di decidere".
Nessuna crisi della segreteria Renzi e congresso quando ci sarà una piattaforma politica comune da cui partire. Questa la linea della minoranza Pd dopo le parole del premier dimissionario Matteo Renzi che in direzione ha proposto un governo di responsabilità tutti insieme oppure le urne. Nico Stumpo, l'ispiratore della linea dura della sinistra Pd incalza: "I congressi si fanno quando c'è una linea politica. Per me il congresso è necessario se si vuole rilanciare l'idea di partito. Se invece deve essere una conta dove ci si divide tra i Sì e i No al referendum trascorso, non penso sia né utile né propositivo per il partito". Per Stumpo le elezioni anticipate non sono il massimo bene possibile. Non è un mistero infatti che la minoranza punti a logorare il più possibile la figura di Renzi. "Non trovo nessuna ragione per cui ci sia un'apertura della crisi della segreteria Renzi", precisa Stumpo.
Il leit motiv ora è "stabilità per il Paese", come va dicendo Pier Luigi Bersani. E in merito Roberto Speranza ribadisce: "c'è una maggioranza politica che può dare stabilità all'Italia ed esprimere una guida sicura del Paese". Di tutt'altro avviso sembra essere un altro protagonista di rilievo della minoranza Pd: Gianni Cuperlo. Per lui infatti "un dibattito ci dev'essere, quindi anche un congresso, rapidamente". Anche per Francesco Boccia il congresso anticipato sarebbe la via più auspicabile. L'ex presidente del Pd che si è seduto al tavolo con la maggioranza e ha sottoscritto l'accordo sulla modifica dell'Italicum un governo di larghe intese serve per "formare una legge elettorale condivisa". Nessuna critica invece per la mancanza di dibattito nella direzione Pd - e in questo si è trovato d'accordo con l'altro esponente di minoranza Stumpo - visto che la direzione è convocata in modo permanente e verrà sicuramente aggiornata. Sempre Cuperlo poi ha letto positivamente l'appello del sindaco Giuliano Pisapia a un centrosinistra unito in cui ci sia anche il Pd ma senza i movimenti di Denis Verdini (Ala) e di Angelino Alfano (Ap). Di tutt'altra opinione il senatore della sinistra dem Miguel Gotor secondo cui quello di Pisapia "è un bel progetto, ma non è il nostro".
Ieri all'assemblea dei gruppi M5s era emerso in modo piuttosto chiaro che la richiesta che verrà rivolta al Presidente Mattarella in sede di consultazione sarà proprio quella di andare al più presto al voto. Una riunione in cui ci si è confrontati sulla legge elettorale con cui si andrà al voto per le prossime politiche. “È sbagliato chiamarla Italicum. Al tavolo con questi per parlare di legge elettorale non vogliamo sederci", dice a margine della riunione Alessandro Di Battista.
Sull'Italicum si sarebbero, appunto, confrontati i deputati ed i senatori e c'è chi spiega che anche i più dubbiosi, su questa legge e sui correttivi che con ogni probabilità arriveranno dalla sentenza della Consulta, si sarebbero convinti. Bisogna andare a votare presto altrimenti, spiega una fonte, questi ricomincerebbero con i loro giochetti. Ed il rischio paventato è che si faccia una legge ancora peggiore.
Al Colle saliranno i due capigruppo di Senato e Camera, Luigi Gaetti e Giulia Grillo. Nell'assemblea c'è anche il deputato Riccardo Nuti, finito nella vicenda delle cosiddette firme false raccolte a Palermo. Ma dell'argomento, viene assicurato, questa sera non si è parlato. Confronto, dunque, a tutto campo sul risultato del referendum e sul da farsi dopo le dimissioni di Renzi. Non è mancato, nella riunione, a proposito delle prossime consultazioni, chi ha osservato che l'Italicum, approvato con la fiducia, e che disciplina solo le elezioni della Camera dei deputati, è stato firmato dal Presidente Mattarella, mentre a Costituzione vigente esisteva ancora il bicameralismo e la partita delle riforme era ancora da concludere. Una bella domanda, c'è chi sottolinea a bassa voce, da fare al Capo dello Stato. L'Italicum, viene ancora sottolineato, è una legge che non c'è mai piaciuta, ma una volta modificata è la strada più rapida per andare al voto.
Dello stesso avviso dei grillini, la Lega (così come Fratelli d'Italia) che ribadisce: "Solo una strada: voto subito". Il leader Matteo Salvini non vede alternative per la crisi di governo e lo ribadisce su Facebook. "Il governo - argomenta - vuole imporre con la forza l'accoglienza di migliaia di immigrati anche ai 5.400 Comuni che fino ad oggi hanno detto no. E vuole regalare ai 'sindaci buonisti' 500 euro per ogni immigrato ospitato. Ma quale governo? A casa Renzi e Alfano, e a casa anche i 174.000 sbarcati quest'anno! Solo una strada: voto subito", chiosa Salvini.
Il governatore della Liguria Giovanni Toti, i un'intervista al 'Corriere della Sera', spiega che non intende appoggiare un nuovo governo, ma si impegna per una legge elettorale condivisa e che consenta ai partiti e alle coalizioni di organizzarsi per dare "governabilità al Paese".
Il centrodestra adesso deve 'costruire l'alternativa per il Paese, e lavorare per proporre unitariamente al Parlamento una proposta di legge elettorale che intervenga rapidamente, da discutere con gli altri partiti, subito dopo la decisione della Consulta sull'Italicum - prosegue Toti - Penso a una legge che garantisca la rappresentanza del voto degli italiani e al contempo stabilità e governabilità, lasciando scegliere davvero agli elettori da chi essere governati'. Quanto alla scelta del leader della coalizione, 'prima - aggiunge - dovremmo porci ' il problema dell'agenda politica che gli italiani ci hanno dettato: povertà, insicurezza della classe media, periferie, immigrazione, concorrenza, tutela del lavoro'. E sulla legge elettorale, Toti osserva: 'È in discussione al Senato una legge sui partiti: potrebbe essere l'occasione per ragionare anche di primarie regolamentate per legge'.