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Suicidio assistito in Svizzera Dj Fabo è morto sereno, mordendo il pulsante che ha attivato il farmaco letale

Dj Fabo "ha morso un pulsante per attivare l'immissione del farmaco letale: era molto in ansia perché temeva, non vedendo il pulsante essendo cieco, di non riuscirci. Poi però ha anche scherzato". A raccontare gli ultimi momenti di vita del Dj Fabo, che ieri ha ottenuto il suicidio assistita in una clinica svizzera, è stato Marco Cappato dell'Associazione Coscioni, che ha accompagnato Fabo in questo suo ultimo viaggio.

Dj Fabo, racconta Cappato, "era sereno, ma all'inizio delle procedure, sempre convinto di voler andare avanti, era in ansia perché temeva di non riuscire a mordere il pulsante che avrebbe attivato l'immissione del farmaco letale. Era preoccupato perché la sua cecità non gli permetteva di vedere dove fosse collocato il pulsante esattamente". Il giovane, cieco e tetraplegico dal 2014 a causa di un incidente stradale, ha però anche scherzato poco prima di dare avvio alla procedura: "E se non ci riesco? Vorrà dire - ha detto Dj Fabo, come racconta Cappato - che tornerò a casa portando un po' di yogurt, visto che qui in Svizzera è molto più buono". Appena terminate le procedure preliminari però, ha proseguito Cappato, "Dj Fabo ha voluto procedere subito, ha voluto farlo subito senza esitare".

"Sono finalmente arrivato in Svizzera e ci sono arrivato, purtroppo, con le mie forze e non con l'aiuto del mio Stato. Volevo ringraziare una persona che ha potuto sollevarmi da questo inferno di dolore, di dolore, di dolore. Questa persona si chiama Marco Cappato e lo ringrazierò fino alla morte. Grazie Marco. Grazie mille".

È con questo messaggio affidato a Twitter che Dj Fabo ha scritto l'epilogo della sua lunga e tortuosa battaglia per il diritto all'autodeterminazione. "Fabo è morto alle 11.40. Ha scelto di andarsene rispettando le regole di un Paese che non è il suo" ha annunciato lo stesso Marco Cappato su Twitter. E, in una nota congiunta con Filomena Gallo, a nome dell'Associazione Luca Coscioni, ha aggiunto: "Il nuovo Welby era il simbolo dell'Associazione Luca Coscioni nella battaglia per una legge sul fine vita, ancora assente in Italia. È morto ieri mattina in una clinica svizzera, costretto all'esilio per liberarsi da una condizione di vita insopportabile. Tre i suoi appelli al Parlamento accolti con altrettanti silenzi e inspiegabili rinvii della discussione sul biotestamento in Aula".

"Fabo ha ottenuto il diritto a morire senza soffrire, ma ci sono tanti, tantissimi cittadini che non hanno questa possibilità - si aggiunge -. Per tutte queste persone continuerà a battersi l'Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica che, da Piergiorgio Welby a Eluana Englaro a Walter Piludu a Fabo, da 11 anni combatte affinché il Parlamento dia una risposta alle richieste dei cittadini e intervenga per colmare il vuoto normativo sul fine vita e nel 2013 ha depositato la proposta di legge di iniziativa popolare Eutanasia Legale.

La notizia della morte Fabiano Antoniani non ha mancato naturalmente di provocare molte reazioni, anche politiche: secondo Roberto Saviano "Fabo è morto in esilio perché il suo Paese, il nostro Paese, non ha ascoltato il suo appello. Cappato spiega come in Svizzera non si pratichi eutanasia a chiunque lo chieda, ma c'è assistenza medica che valuta le condizioni che effettivamente consentano di accedere alla morte volontaria. In Svizzera, appunto. In Italia, invece, nel Paese di cui parlar sempre bene, tutti sordi all'appello di Fabo. Non esiste giustificazione e urgenza possibile per la mancanza di empatia, di attenzione e di umanità del Parlamento e del Paese in cui ti è toccato in sorte di nascere e dal quale sei stato costretto ad auto esiliarti per morire. Perdonaci per aver reso la religione che crediamo di osservare talmente vuota da non saper più riconoscere un Cristo quando lo abbiano di fronte".  Massimo Gandolfini, presidente del Comitato promotore del Family day, ribadisce però "il nostro categorico 'no' ad ogni forma di eutanasia, anche quella nascosta sotto il principio dell'autodeterminazione del paziente".

Fabo era arrivato in quella clinica ieri. Una scelta presa dopo il terzo rinvio dell'approdo in aula del ddl sul Biotestamento. "Lo Stato obbliga a emigrare" per poterci "liberare da una tortura insopportabile e infinita" aveva detto. Cieco e tetraplegico in seguito a un incidente d'auto tre anni fa, Fabiano Antoniani, questo era il suo nome, aveva fatto un ultimo appello prima di andare in Svizzera per "poter morire".

"Sono finalmente arrivato in Svizzera e ci sono arrivato, purtroppo, con le mie forze e non con l'aiuto del mio Stato- aveva postato poche ore fa su Twitter- Volevo ringraziare una persona che ha potuto sollevarmi da questo inferno di dolore, di dolore, di dolore. Questa persona si chiama Marco Cappato e lo ringrazierò fino alla morte. Grazie Marco. Grazie mille"

Lo stesso Cappato aveva spiegato in un video sul suo profilo Facebook di essere "in Svizzera con Fabiano Antoniani", in un paese dove organizzazioni quali Exit et Dignitas forniscono un'assistenza al suicidio nel quadro previsto da un articolo del Codice penale in virtù del quale l'assistenza al suicidio non è punibile se non ci sono "motivi egoistici". "Un tipo di aiuto e di assistenza - aveva sottolineato nel post - che dovrebbe essere riconosciuta a tutti i cittadini ovunque invece di condannare e costringere persone a questa sorta di esilio della morte che ritengo debba essere al più presto superato".  Ora rischia fino a 12 anni di carcere, secondo Filomena Gallo, segretario dell'Associazione Coscioni.

"Oggi mi autodenuncio e spero di essere incriminato e di potermi difendere in un processo". Lo ha detto in un'intervista a Radio24 Marco Cappato, il tesoriere dell'associazione Luca Coscioni che ha accompagnato in Svizzera il dj Fabo per morire. "In Italia è reato l'istigazione al suicidio - ha aggiunto Cappato - ma in questo caso non c'è stata alcuna istigazione". Quel post aveva ricevuto centinaia di commenti e condivisioni. Tutti messaggi per Fabo, anche sul suo profilo social, di saluto, affetto, commozione, tristezza, "auguri di buon viaggio". Ma anche critiche allo "Stato sordo". A questi si erano aggiunti, però, anche gli appelli come quelli di Dj Aniceto, "per favore vivi", e di Matteo Nassigh, 19 anni, disabile gravissimo dalla nascita: "Non chiedere di morire, noi non possiamo correre, ma siamo pensiero e il pensiero migliora il mondo".

Appelli che non sono riusciti ad aprire un varco nel buio infinito che avvolgeva l'esistenza di Fabiano. "Finalmente sei a preparare le tue amate serate e un giorno ci accoglierai a modo tuo! Che tu possa ora esser libero" è uno dei tanti post di cordoglio comparsi poco fa.

All'Associazione Coscioni le voci sono spezzate. Come quella di Filomena Gallo. "Fabiano era un uomo circondato dall'amore, l'amore della fidanzata, della famiglia, degli amici sempre presenti. Ma non ne poteva più, non riusciva più a vivere in quelle condizioni. Siamo ancora sconvolti. Ce lo aspettavamo, certo, ma è triste che un italiano debba andare all'estero per affermare la propria libertà". Fabo era diventato un simbolo, "ha voluto lui così", dice Gallo, "ci ha cercato e ha scelto di condurre una battaglia pubblica. Ha chiesto l'aiuto di Marco Cappato per arrivare in Svizzera, per affermare il diritto inalienabile alla libertà individuale". Anche di fronte "a un Parlamento che sceglie di non scegliere, che neanche discute le proposte di legge per l'eutanasia legale, e costringe un italiano ad andare a morire da solo, senza il suo Stato". Le ultime parole di Fabo sono state comunque di gioia: "Ci ha detto che si sentiva finalmente libero, e ci era arrivato con le sue forze, con la sua tenacia, la sua dignità".