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Caso Consip, Matteo Renzi telefonò al padre Tiziano: “Non dire bugie”. Quindi anche l’ex premier ha mentito dicendo di non sapere nulla.

Roma, 16 Mag 2017 - È la mattina del 2 marzo 2017. Il giorno dopo, Tiziano Renzi deve recarsi in tribunale a Roma per essere ascoltato dai pm titolari dell'inchiesta Consip: in quel momento, il padre dell'ex premier è indagato per traffico di influenze illecite insieme al "facilitatore" Carlo Russo. Si tratta di una vicenda intrigata, che si sviluppa su due filoni principali e nella quale sono coinvolti anche un imprenditore napoletano, Alfredo Romeo, alcuni dirigenti Consip, società che si occupa di buona parte degli acquisti della Pubblica amministrazione, uomini dell'Arma e l'attuale ministro dello Sport, Luca Lotti. Alle 9.45, Matteo Renzi chiama il padre al telefono. Tiziano Renzi è intercettato nell'ambito dell'inchiesta. È accusato, insieme a Russo, perché, sfruttando le sue relazioni con Luigi Marroni, ad di Consip, si sarebbe fatto promettere dall'imprenditore Romeo somme di danaro mensili a titolo di compenso per la mediazione verso lo stesso Marroni in relazione allo svolgimento delle gare di appalto. La convocazione in tribunale riguarda proprio i suoi rapporti con Romeo, con il "facilitatore" Carlo Russo e con l'Ad di Consip.

Padre e figlio sono al telefono. E' il Fatto Quotidiano, oggi, a dare conto di questa conversazione. La posta in gioco non è tanto un'eventuale condanna (il reato di traffico di influenze illecite prevede una pena molto blanda), ma il destino politico di Matteo. Lui, l'ex premier, ha appena letto i giornali. In particolare, ha appena letto l'intervista che Alfredo Mazzei ha rilasciato a Repubblica. Mazzei è il testimone che ha tirato in ballo Tiziano. Le indagini si stanno concentrando anche sui pizzini di Romeo a Russo con i 30mila euro per "T". Matteo conosce bene Mazzei. È l’ex tesoriere del Pd della Campania, in ottimi rapporti con i suoi fedelissimi, l’avvocato Alberto Bianchi e Maria Elena Boschi. Il titolo su Repubblica è una bomba: "Il teste e la cena nella bettola: 'Il manager parlò di strategie con il padre di Matteo". Il pezzo attacca parlando di una cena a tre: allo stesso tavolo siedono Tiziano Renzi e Carlo Russo, parlano di affari. Li raggiunge Alfredo Romeo "da un ingresso riservato attraverso il cortile di un palazzo".

In quella conversazione telefonica, Matteo Renzi vuole capire se il padre ha messo in grave rischio la sua candidatura a premier. Sa che rischia di essere intercettato: "Babbo devi dire tutta la verità ai magistrati". Il brogliaccio dei carabinieri, che annotano i passaggi della telefonata, è riportato nel libro del giornalista Marco Lillo "Di padre in figlio". “È una cosa molto seria", afferma l'ex premier, secondo quanto ricostruito da Lillo: "Devi ricordarti tutti gli incontri e i luoghi, non è più la questione della Madonnina e del giro di merda di Firenze per Medjugorje". E ancora: "Devi dire nomi e cognomi", "Mazzei è l'unico che conosco anche io". "E' vero che hai fatto una cena con Romeo?" chiede Matteo al padre. E i carabinieri - riporta il quotidiano - annotano: "Tiziano dice di no e che le cene se le ricorda, ma i bar no". Ovvero, Tiziano Renzi nega l'incontro al ristorante (la "bettola" citata da Mazzei), ma non un possibile incontro con l'imprenditore campano in un bar. Quindi Matteo: "Non ti credo e devi immaginarti cosa può pensare il magistrato. Non è credibile che non ricordi di avere incontrato uno come Romeo, noto a tutti e legato a Rutelli e Bocchino". E ancora, con fosca previsione: "Andrai a processo, ci vorranno tre anni e io lascerò le primarie", "non puoi dire bugie o non mi ricordo e devi ricordarti che non è un gioco".

"Questa mattina Il Fatto pubblica con grande enfasi delle intercettazioni tra me e mio padre. Nel merito ribadiscono la mia serietà visto che quando scoppia lo scandalo Consip chiamo mio padre per dirgli: 'Babbo, questo non è un gioco, devi dire la verità, solo la verità'". Lo scrive su Fb Matteo Renzi. "Politicamente le intercettazioni mi fanno un regalo. La pubblicazione è come sempre illegittima. Ma non ho alcun titolo per lamentarmi: non sono il primo a passare da questa gogna mediatica. Anzi: ad altri è andata peggio. Qualcuno si è tolto la vita, qualcuno ci ha rimesso il lavoro".