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Salario minimo ai lavoratori: Meloni non lo vuole e Brunetta (Cnel) si adegua e sconsiglia questo provvedimento. Meglio il rafforzamento della contrattazione collettiva.

Roma, 5 Ott 2023 – Il documento approvato dalla Commissione informazione del Cnel al termine della prima fase dell’istruttoria tecnica, smonta da diverse angolazioni gli argomenti di chi sostiene che la prima cosa da fare per risolvere il problema delle basse retribuzioni sia introdurre il minimo salariale per legge. Lo fa, implicitamente, senza cioè mai chiamare direttamente in causa il disegno di legge presentato da tutte le opposizioni (tranne Italia viva) per fissare il minimo orario a 9 euro lordi, ma argomentando su diversi piani che il punto centrale è piuttosto il rafforzamento della contrattazione collettiva. Non a caso il documento è passato col voto di tutte le associazioni imprenditoriali e sindacali rappresentate nel Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, tranne la Cgil, che, in quanto sostenitrice della necessità della legge, ha votato contro, e la Uil, che si è astenuta. Il 6 ottobre la stessa Commissione redigerà un documento di proposte e il tutto verrà discusso nell’assemblea del Consiglio, presieduto da Renato Brunetta, il 12 ottobre, così da rispettare il mandato della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che, l’11 agosto, aveva chiesto al Cnel di preparare entro 60 giorni un documento di analisi e proposte sul tema del salario minimo.

Secondo il documento del Brunetta e della sua commissione, l’istruttoria tecnica riconosce che si tratta di «un problema altamente complesso”. E proprio per questo, in riferimento “alle motivazioni politiche di una proposta di legge in materia di salario minimo”, la commissione, facendo riferimento alla relazione degli esperti nominati dal governo Conte sul lavoro povero, ricorda che esso è “il risultato di un processo che va ben oltre il salario” e che riguarda quante ore si lavora abitualmente, quante persone lavorano in famiglia e l’”azione redistributiva dello Stato”. Secondo la commissione, la stessa direttiva europea sui salari minimi adeguati (cui si appellano le opposizioni) esprime «una netta preferenza di fondo per la soluzione contrattuale rispetto a quella legislativa». E l’Italia, si legge nel documento, è nelle condizioni giuste per seguire questa via. La contrattazione collettiva copre il 95% dei lavoratori dipendenti: 13,8 milioni su 14,5 milioni, di cui 13,3 interessati da contratti firmati da Cgil, Cisl e Uil.

La conclusione, si legge nel documento, è che, “quale che sia la decisione politica in merito alla introduzione o meno nel nostro ordinamento giuridico di un salario minimo fissato per legge”, c’è “l’urgenza e l’utilità di un piano di azione nazionale” per “un ordinato e armonico sviluppo del sistema della contrattazione collettiva” così che possa dare una risposta “tanto alla questione salariale (per tutti i lavoratori e non solo per i profili collocati agli ultimi gradini della scala di classificazione economica e inquadramento giuridico del lavoro) quanto al nodo della produttività”.

La contrattazione, però, da sola non basta, riconosce la commissione. C’è una ‘criticità’ che riguarda il “fenomeno dei ritardi nel rinnovo dei contratti collettivi”. Così come bisogna valutare l’”adeguatezza” dei trattamenti retributivi stabiliti dagli stessi contratti. Su questo, nella commissione, si legge, non c’è uniformità di vedute. I dati Istat indicherebbero in 7,5 euro il 50% del salario mediano e in 6,85 euro il 60% del salario mediano, i due parametri indicati dalla stessa Ue per fissare l’eventuale salario minimo orario. Ma si tratta di dati riferiti al 2019 e secondo parte della commissione bisognerebbe “parametrarsi sui trattamenti retributivi dei soli lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato”. In questo caso i valori salirebbero.

Se, come probabile, il governo seguirà le indicazioni del Cnel, è certo che si scontrerà con la Cgil. Il segretario generale, Maurizio Landini, ribadisce: “Io penso che il governo ha fatto un errore nello scaricare sul Cnel la questione del salario minimo. Il Cnel non può sostituirsi né al governo né alle parti sociali. Siamo di fronte a un’emergenza salariale fondamentale e c’è un livello di precarietà incredibile”.

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