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Premierato, sì del Senato. Meloni: “Un passo verso la stabilità”. Ma tutto rimane incerto per il passaggio referendario che di solito no porta bene al presidente del consiglio di turno.

Roma, 19 Giu 2024 - Primo sì del Senato al ddl di riforma costituzionale che prevede l'elezione diretta del presidente del Consiglio. I voti a favore sono stati 109, i contrari 77, un astenuto. Il testo passa ora alla Camera per la seconda delle quattro letture previste.

Era cominciata alle 15.30 circa in Aula la seduta dell'assemblea dedicata alle dichiarazioni di voto e al voto finale sul disegno di legge di riforma costituzionale n. 935 che istituisce il cosiddetto "premierato". Massiccia la presenza della maggioranza di governo per permettere alla “madre di tutte le riforme” di passare liscia alle a palazzo Madama (ricordiamo che la maggioranza al Senato copre 115 seggi, 12 in più della maggioranza assoluta).

La ministra per le Riforme istituzionali e la semplificazione normativa, Maria Elisabetta Alberti Casellati, il ministro per i rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, e il ministro per la Protezione civile, Nello Musumeci, sono seduti ai banchi del governo. Presiede la seduta il presidente del Senato, Ignazio La Russa.

Il testo del disegno di legge è stato più volte modificato, ma manca ancora una nuova legge elettorale.

Così Giorgia Meloni, forte del risultato elettorale, la maggioranza approva al Senato, in prima lettura, il ddl sul premierato e accelera alla Camera sull'autonomia: rispettando così quello che il capogruppo della Lega a palazzo Madama, Massimiliano Romeo, torna a definire "un accordo politico" tra partiti della stessa coalizione di governo e non “uno scambio elettorale”. Ma senza che si registri particolare caos. Anche perché, come osserva in apertura dei lavori il presidente di palazzo Madama, Ignazio La Russa, la seduta è trasmessa in diretta tv e dunque lui "non si aspetta azioni di disturbo". L'unica nota di 'colore' è quella dei parlamentari del centrosinistra che, subito dopo il voto, agitano in aria i volumi della Costituzione. Prontamente imitati da quelli del centrodestra che, oltre ai libri, sventolano anche delle piccole bandiere tricolori. Poi, dopo l'approvazione del testo, salutata con un lungo applauso e definita dalla premier Giorgia Meloni un "primo passo avanti che rafforza la democrazia", tutti i senatori scendono in piazza. Quelli dell'opposizione a Santi Apostoli, per arringare le folle in vista del referendum; quelli di fratelli d’Italia a San Luigi dei francesi per dar vita a quello che loro chiamano un flashmob, con tanto di striscione con la scritta: "fine dei giochi di palazzo-con questa riforma decideranno gli italiani" e con l'inno nazionale cantato a squarciagola davanti a fotografi e telecamere. "Il treno è partito e non si torna indietro" commenta la ministra per le riforme Elisabetta Casellati, che ai banchi del governo stavolta si trova in compagnia di molti esponenti del governo tra cui il vicepremier Matteo Salvini. "Grande soddisfazione" è espressa dal presidente della commissione affari costituzionali Alberto Balboni che ribadisce come per avere almeno una bozza della nuova legge elettorale si dovrà aspettare la prima lettura, cioè anche il via libera della Camera, dove ora sarà trasmesso il ddl. 

Più acceso il clima a Montecitorio che nelle stesse ore approva con 53 voti di scarto l'inversione dei lavori d'aula per approvare al più presto l'autonomia differenziata. La seduta, durante la quale le opposizioni fanno ostruzionismo con interventi a raffica, si interrompe per consentire al centrosinistra di essere in piazza. Un "tempo perduto" che si sta recuperando comunque in seduta notturna. Fi, intanto, presenta 4 ordini del giorno per mettere i suoi 'paletti' alla riforma che sta per diventare legge dello stato. "può piacere o no - taglia corto il ministro Roberto Calderoli - ma stiamo attuando la Costituzione". Di parere opposto l'opposizione che bolla come "pericolose" entrambe le riforme. A cominciare dal premierato. Al Senato, a cominciare dai capigruppo m5s Stefano Patuanelli e di avs Peppe de Cristofaro, si invoca a gran voce il referendum. Un'ipotesi che non sembra spaventare più di tanto La Russa ("non sarebbe nulla di drammatico"). Anche se poi aggiunge che, "da qui alla fine delle 4 votazioni previste" per i ddl costituzionali "tutto è possibile". Al momento, però, anche Azione e Italia Viva, sui cui voti la maggioranza continua a sperare, puntano il dito contro il ddl, con Carlo Calenda che si dice preoccupato anche per le "conseguenze politiche" e con il renziano Enrico Borghi che lo bolla come "rattoppo deludente". "più popolo e meno palazzo" è invece la sintesi che dà del testo il capogruppo Fi Maurizio Gasparri, mentre il dem Francesco Boccia parla di "bulimia di potere" da parte della maggioranza. "è festa oggi, non sciupiamo l'atmosfera", risponde Marcello Pera (Fdi) a chi gli chiede se sia soddisfatto del testo sul premierato così come è. 

Saranno necessarie due deliberazioni da parte di entrambe le camere, a distanza di almeno tre mesi. Se nella seconda votazione entrambe le camere approveranno la legge con una maggioranza dei 2/3 dei rispettivi componenti (maggioranza qualificata), il testo si considererà definitivamente approvato. In caso contrario la legge dovrà essere sottoposta a referendum popolare e questo scenario, stando ai numeri di questo governo, è altamente probabile.

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