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Il Venezuela come la Bielorussia: Maduro perde ma si assegna, come tutti i dittatori, la vittoria con il 51 percento. Ora il paese ha due presidenti, scontri nelle città sull’orlo della guerra civile.

Caracas, 30 Lug 2024 - Forse è presto per parlare di rischio guerra civile. Ma raramente il Venezuela - Paese con una ricca storia di instabilità e in crisi economica da decenni - era stato così vicino allo scontro aperto fra le sue due anime: che in queste ore, di fatto, esprimono due presidenti. 

Accade infatti che le autorità elettorali, controllate dal governo, certifichino la rielezione a un terzo mandato per il presidente uscente Nicolás Maduro con il 51,2%. Con immediata proclamazione ufficiale, nonostante la mancata divulgazione dei conteggi.

Quasi in contemporanea, la coalizione di opposizione rivendica invece l'eclatante vittoria del suo candidato, Edmundo Gonzàlez Urrutia, che avrebbe ottenuto più del 70% dei voti: “abbiamo le prove”, sostiene, anche qui senza il supporto di dati ufficiali ma con la denuncia di brogli dei funzionari elettorali governativi. Alle accuse, il governo replica parlando di "un massiccio attacco informatico al sistema di trasmissione dei dati" del Consiglio nazionale elettorale, motivo del ritardo nella diffusione dei risultati.

La divisione elettorale e la clamorosa reciproca delegittimazione di governo e opposizione si sono immediatamente specchiate nelle proteste spontanee che hanno incendiato le vie di Caracas e di altre città.

Cortei di dimostranti a piedi o in motocicletta hanno fermato il traffico, spesso sbattendo pentole e padelle per fare rumore, mentre in altri punti si creavano barricate o si lanciavano molotov contro gli uffici governativi: “Non vogliamo Maduro, vogliamo libertà”, uno degli slogan ascoltati in queste ore. Nella città di Coro, nello Stato di Falcon, i manifestanti hanno abbattuto una statua dell'ex presidente Chàvez, mentore e riferimento simbolico di Maduro che ne è il successore.

La polizia schierata in assetto antisommossa ha risposto con lacrimogeni, sfollagente e proiettili di gomma, ma in alcuni casi è stata vista indietreggiare di fronte alle cariche dei dimostranti. Gli scontri sono per lo più violenti, si ha notizia di diversi arresti e di almeno un morto - nella città di Maracay, a 120 chilometri da Caracas. La Procura nazionale ha annunciato il divieto delle proteste e in un comunicato avverte che le persone arrestate rischiano l'incriminazione per “incitamento all'odio” con pene fino a 20 anni di carcere.

Di certo il clima è molto teso, come non succedeva da molti anni. E nessuno sa prevedere come andrà a finire.

Le due anime politiche del Venezuela, che periodicamente si scontrano nelle urne e nelle piazze, riflettono in buona parte una profonda divisione sociale ed economica.

I ceti poveri e i dipendenti pubblici sopravvivono infatti grazie ai sussidi governativi e per questo sostengono il presidente Nicolás Maduro e prima di lui Hugo Chàvez, che guidò il Venezuela per 14 anni mettendo in atto un programma politico ispirato a forti elementi di socialismo, populismo e nazionalismo. Chàvez, militare di carriera, fu autore di un fallito colpo di Stato nel 1992, poi vinse le elezioni nel 1998 e mantenne il potere quasi ininterrottamente fino alla morte, per un tumore, nel 2013. Gli successe il suo vice, Maduro, che ha portato avanti le stesse politiche senza avere il carisma del suo predecessore in un contesto di crescente isolamento internazionale e di crisi economica sempre più grave.

L'opposizione, appoggiata dai ceti borghesi defraudati dalle politiche socialiste del governo ma anche da fette di sottoproletariato scontento perché ai margini dell'assistenza pubblica, in questi anni si è presentata spesso divisa o con alleanze molto fragili in vista degli appuntamenti elettorali. Per questo voto presidenziale 2024, l'aggressiva leader anti-chavista Maria Corina Machado non si è potuta candidare perché interdetta dai pubblici uffici per 15 anni a seguito di inchieste che lei definisce politicamente motivate. Al suo posto l'opposizione ha presentato l'ex ambasciatore Edmundo Gonzalez Urrutia, persona colta e incline alla mediazione - tanto da aver collaborato in passato con i governi di Chàvez.

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