Cagliari, 31 Dic 2024 - L'Iran conferma l'arresto della giornalista italiana Cecilia Sala per "violazione delle leggi della Repubblica islamica". La notizia arriva dai media di Stato dopo undici giorni di attesa sulle motivazioni che hanno spinto le autorità iraniane a fermare la giornalista italiana a Tehran.
La nota è del dipartimento generale dei media esteri del ministero della cultura e dell'orientamento islamico iraniano: “La cittadina italiana è arrivata in Iran il 13 dicembre con un visto giornalistico ed è stata arrestata il 19 per aver violato la legge della Repubblica islamica dell'Iran”, si legge.
"Il suo caso è sotto inchiesta. L'arresto è stato eseguito secondo la normativa vigente e l'ambasciata italiana è stata informata. Le è stato garantito l'accesso consolare ed il contatto telefonico con la famiglia", conclude la nota.
Domenica, a quanto si apprende, la nostra ambasciatrice a Teheran Paola Amadei ha incontrato il viceministro degli Esteri iraniano Vahid Jalazadeh, il quale ha detto che ancora non è stato formulato con certezza il capo di imputazione. Presunti "comportamenti illegali" avevano inizialmente specificato, certo è che “violare le regole delle leggi islamiche” resta un'accusa all'apparenza poco impegnativa e aperta ad ogni eventualità.
Una formula vaga, che sembra confermare le ipotesi emerse sin dall'inizio della vicenda sulle reali intenzioni del regime, ossia utilizzare la giovane reporter come pedina di scambio.
La giornalista italiana era partita per l'Iran per svolgere servizi giornalistici il 13 dicembre, con un regolare visto di otto giorni. Poi è stata condotta nella prigione di Evin. La Farnesina ha sciolto il riserbo con una nota dopo 8 giorni, nel momento in cui la reporter non è riuscita a tornare in Italia il 20 dicembre con un volo già prenotato per Roma.
"Siamo a conoscenza della denuncia di arresto in Iran della giornalista italiana Cecilia Sala" ha dichiarato ieri un portavoce del dipartimento di Stato americano al quotidiano La Repubblica, definendo una prassi, quella dell'Iran di arrestare “senza motivo” cittadini stranieri.
“Sfortunatamente, il regime iraniano continua a detenere ingiustamente i cittadini di molti altri Paesi, spesso per utilizzarli come leva politica”, ha proseguito.
Si fa quindi sempre più accreditata la pista che conduce all'arresto a Milano - su richiesta Usa - avvenuto 3 giorni prima rispetto a quello della Sala, dell'imprenditore iraniano Mohammad Abedini Najafabadi, accusato di passare informazioni tecnologiche sensibili (sui droni) ai Pasdaran e ora rinchiuso nel carcere italiano di Opera. La palla potrebbe dunque passare al ministero della Giustizia italiano, che avrebbe l'ultima parola sull'estradizione dell'ingegnere aprendo anche una difficile negoziazione con gli Stati Uniti che invece reclamano il detenuto iraniano sul loro territorio. Per la soluzione potrebbero volerci fino a 60 giorni.
Il legale di Abedini - fa sapere - sta per chiedere gli arresti domiciliari cosa che renderebbe la questione ancor più delicata visto il precedente su cui si interrogano in molti in queste ore: ovvero il caso del presunto trafficante d’armi russo Arthem Uss. Nel marzo 2023, l'uomo riuscì a scappare dalla casa in cui si trovava bloccato da un braccialetto elettronico, proprio mentre pendeva su di lui una richiesta di estradizione degli Usa. Il caso creò un incidente diplomatico non indifferente a seguito del quale il ministero della Giustizia guidato da Carlo Nordio, mise sotto procedimento disciplinare i giudici della corte d’Appello di Milano (poi assolti).
Dall'amministrazione americana è infatti già arrivato l'allarme “pericolo di fuga” per Abedini, ritenuto in grado di sottrarsi così alla giustizia.
La reporter si trova nel carcere simbolo della repressione del regime. "Il suo avvocato non ha ancora avuto la possibilità di visitarla in carcere. Speriamo che lo possa fare nei prossimi giorni e che possa avere quanto prima dei capi di imputazione precisi", ha spiegato il ministro degli Esteri, Antonio Tajani ai giornalisti in Senato.
Difficile stabilire ad ora i tempi che serviranno per ottenere la liberazione della giornalista italiana. "Difficile dirlo, io mi auguro che siano brevi, però non dipende da noi, noi stiamo cercando di risolvere una questione che è complicata e di garantire intanto che sia Cecilia Sala sia detenuta nelle migliori condizioni possibili, che possa ricevere visite consolari, che possa parlare con la famiglia e quindi che abbia un trattamento normale, stiamo lavorando in collaborazione con la presidenza del consiglio, il ministero degli Esteri, la nostra ambasciata a Teheran e il consolato”, ha proseguito il Ministro.
Il caso è divenuto di portata globale, sui social è una vera e propria mobilitazione: la sua foto con l'hashtag #FreeCecilia è divenuta trend topic.
"Ringrazio tutti per l'attenzione che stanno avendo nei confronti di mia figlia", ha detto all'Ansa Renato Sala, suo padre che però ha preferito non aggiungere altro sulla vicenda che resta molto delicata.
Cecilia Sala ha già parlato due volte con i genitori. Ieri ha ricevuto una visita consolare da parte della nostra ambasciatrice in Iran Paola Amidei. "È in buona salute, è in una cella da sola, a differenza della giovane Alessia Piperno che invece era in cella con altre persone che non parlavano nessuna lingua se non la loro. Adesso riceverà attraverso il Ministero degli esteri dell'Iran, su consegna della nostra ambasciata, beni di prima necessità", ha spiegato Tajani. Tuttavia, in accordo con i genitori della giornalista, la Farnesina invita "alla massima discrezione la stampa per agevolare una veloce e positiva risoluzione della vicenda".
"Le trattative con l'Iran non si risolvono, purtroppo, con il coinvolgimento dell'opinione pubblica occidentale e con la forza dello sdegno popolare, ma solo con un'azione politica e diplomatica di alto livello. L'Italia lavora incessantemente per liberarla, seguendo ogni strada", ha scritto il ministro della Difesa Guido Crosetto sui social.
"Rivivo quei momenti, ma sono certa che l'Italia non dimenticherà Cecilia Sala, le mando un abbraccio" ha detto in esclusiva a Rainews.it la blogger italiana che a Evin aveva passato 45 giorni tra l'ottobre e il novembre del 2022, i mesi più caldi della protesta anti-governativa per Mahsa Amini, accusata di “interferenze straniere”.
Sulle motivazione che avrebbero potuto indurre le autorità iraniane all'arresto, molti ragionano anche su un video in cui la giornalista era apparsa senza velo, poi sparito dai suoi social, mentre raccontava la vita a Teheran e le iraniane senza velo che ha incontrato per le strade, cosa ritenuta “fuori legge” secondo la lettura sciita della legge islamica (sharia) che regola la società iraniana. Chiunque osi violare l'uso obbligatorio del velo potrebbe essere accusata di "fare guerra contro Dio" o addirittura di "incitamento alla prostituzione".
E c'è la pista dello scambio di prigionieri fortemente corroborata da un altro arresto eccellente avvenuto in territorio italiano su mandato Usa: quello dell'iraniano Mohammad Abedini Najafabadi, accusato di aver passato informazioni strategiche sui droni ai Pasdaran. La procura di Milano ha aperto un fascicolo per decidere sulla sua estradizione già richiesta dagli Usa.
"Stiamo seguendo con attenzione la vicenda. Auspichiamo che sia scarcerata e possa riprendere al più presto la sua attività di giornalista, come è suo diritto. Il giornalismo non è reato". Lo dice Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia.
Preoccupazione e solidarietà espressa da tutto il mondo politico, dai leader dei partiti e dagli attivisti per i diritti umani, da Patrick Zaki all'Anpi.
Federazione Nazionale della Stampa e Federazione Internazionale: “Sia rimessa immediatamente in libertà senza condizioni”
La Federazione nazionale della Stampa italiana sta intanto attivando tutti i propri contatti per conoscere le condizioni e la situazione della giornalista. Il sindacato chiede che “la collega Cecilia Sala sia rimessa immediatamente in libertà”,
La Federazione internazionale dei giornalisti (Ifj) si unisce alla Fnsi nel chiedere alle autorità iraniane di liberare “immediatamente e incondizionatamente” la giornalista. “Deploriamo la strategia iraniana di imprigionare i giornalisti stranieri per ottenere qualcosa in cambio. La nostra collega italiana Cecilia Sala - dichiara il segretario generale della Ifj, Anthony Bellanger - è l'ultima vittima di questa macabra pratica. Chiediamo alla comunità internazionale di fare pressione sulle autorità iraniane affinché rilascino subito la reporter”.
Cecilia Sala doveva tornare a Roma il 20 dicembre, ma dal mattino del 19 non ha più risposto al telefono, giorno in cui doveva recarsi ad appuntamento ma è stata fermata in albergo e da lì prelevata dai pasdaran. Da allora ha contattato casa solo due volte al telefono: “Sto bene, ma fate presto”, ha detto ai genitori ma il messaggio sembrava “blindato” e come letto dalla giornalista che alla domanda della madre che le chiedeva dove fosse ha risposto: “Non posso dirlo”.
Poi ha parlato anche con il compagno e collega giornalista del Post, Daniele Ranieri. In un articolo del Post si legge che Sala ha affermato di stare bene ma che avrebbe usato frasi in italiano che sembravano una traduzione dall'inglese più che espressioni spontanee e che non le è stato dato modo di aggiungere altro.
Calabresi: "Cecilia Sala andava agli incontri di lavoro con un fixer"
La giornalista e scrittrice è esperta di esteri, collaboratrice del Foglio e Chora Media. Seguite sui social da oltre 400mila followers su Instagram. In Iran non tornava da qualche anno, e aveva ottenuto un regolare visto giornalistico, da una decina di giorni durante i quali aveva pubblicato già alcuni reportage su come stesse cambiando lo scenario in Iran dopo la caduta, in Siria, di Assad.
"Cecilia era lì perché da tempo voleva tornare a Teheran, aveva scritto gran parte del suo ultimo libro 'L'incendio' sul movimento delle giovani iraniane.
A inizio dicembre le era stato concesso un visto di 8 giorni, un visto che, ho visto un carteggio, poteva avere una proroga. Era seguita da un fixer dell'ambasciata per gli incontri e aveva fatto le prime 3 puntate di Stories": così Mario Calabresi, direttore di Chora Media, parla della giornalista Cecilia Sala arrestata a Teheran a 'Il Cavallo e la Torre' su Raitre. "Venerdì 20 doveva tornare in Italia ma dal giorno prima il telefono era muto. Ci ha preoccupato che Cecilia, che non ha mai ritardato l'invio del suo podcast perché è molto meticolosa, verso le 14.30 non ha mandato nulla e non aveva fatto il check in dell'aereo. E' stata subito attivata l'unità di crisi della Farnesina".
Comments are closed.