Cagliari, 17 Gen 2025 - Si conferma la tendenza positiva che aveva caratterizzato l’export sardo nella prima parte del 2024. Secondo i dati più recenti di fonte Istat, nei primi nove mesi dell'anno appena concluso si è registrata una variazione del +9,6% rispetto allo stesso periodo del 2023. Il valore complessivo dei prodotti isolani venduti all’estero è passato da 4,9 miliardi a 5,4 miliardi di euro, segnando un incremento di oltre 460 milioni di euro. Se la seconda metà dell’anno confermerà queste tendenze, il 2024 potrebbe chiudersi con un bilancio superiore agli 8 miliardi di euro, avvicinandosi al record di 8,9 miliardi registrato nel 2022.
È quanto si evince da un dossier del Centro Studi della Cna Sardegna che – pur evidenziando una crescita importante dell’export sardo – lancia l’allarme per le esportazioni agroalimentari sarde, messe a rischio dalle politiche protezionistiche annunciate dal rieletto presidente Usa Donald Trump. Il mercato Usa nel 2024 ha infatti assorbito oltre il 52% delle vendite di prodotti agroalimentari sardi e la ancora scarsa diversificazione dei mercati di sbocco potrebbe penalizzare non poco le imprese sarde.
La ricerca della Cna sottolinea come, escludendo il settore della raffinazione petrolifera (che rappresenta oltre l’80% dell’export totale), la crescita annua è arrivata fino a quasi il +33%. Tra i principali traini dell’export sardo figura l’agroalimentare (+9,6%), che si prepara a chiudere l’anno con un nuovo incremento, proseguendo il trend positivo che dura ormai da sei anni. In particolare, il settore caseario, tradizionalmente rilevante, ha subito un rallentamento durante il trimestre estivo, mentre sono emersi con forza il settore vitivinicolo, quello della pasta e, ancora una volta, il comparto oleario, che ha già superato il record di vendite del 2023.
Rimanendo nell’ambito manifatturiero, il settore chimico-farmaceutico ha mostrato una notevole ripresa (+67%), tornando ai livelli del 2022 dopo il calo significativo nel 2023. Il settore della lavorazione dei metalli ha registrato un'impressionante crescita (+80%), seguito da macchinari e apparecchiature (+50%) e tessile (+47%). Al contrario, si rilevano flessioni nelle vendite di prodotti in legno, carta e stampa (-8,5%) e di minerali non metalliferi (-11,9%).
Eppure, come detto, sull’export sardo aleggia l’ombra delle misure protezionistiche degli USA. “Nello scenario futuro aleggia il rischio di un’escalation commerciale tra gli Stati Uniti di Donald Trump e la Cina e che potrebbe coinvolgere anche le produzioni europee - commentano Luigi Tomasi e Francesco Porcu, rispettivamente presidente e segretario regionale della Cna Sardegna –. La Sardegna, se si considera l’export di prodotti manifatturieri al netto del settore petrolifero, è la sesta regione italiana per esposizione verso il mercato statunitense, con oltre il 14% del fatturato estero registrato dai produttori isolani nel 2024. Il settore in assoluto più esposto è quello agroalimentare, uno dei principali bersagli delle politiche protezionistiche adottate dagli USA negli ultimi 15 anni. Il rischio è che, a causa di una difficoltà strutturale nella diversificazione dei mercati di sbocco, l’aumento dei dazi possa penalizzare enormemente i produttori agroalimentari sardi (soprattutto di formaggi e vini), che rischiano di subire danni economici significativi”.
Come già accennato, nei primi nove mesi del 2024, rispetto allo stesso periodo del 2023, l’export regionale ha registrato una crescita significativa del +9,6% in valore. Tuttavia, tra luglio e settembre, il trend positivo si è temporaneamente interrotto (-8,4% rispetto al 2023), un rallentamento attribuibile esclusivamente alla fluttuazione delle vendite di prodotti petroliferi raffinati (-16% nel trimestre). Escludendo le esportazioni petrolifere, il dato del terzo trimestre torna invece positivo, con un incremento del +39%. Considerando il dato cumulato su nove mesi, al netto dei prodotti raffinati, la crescita si attesta al +32,7%.
L’export manifatturiero - Nel settore manifatturiero, i primi nove mesi del 2024 hanno confermato l’ottimo stato di salute del comparto agroalimentare, che ha registrato una crescita del +6,8% rispetto allo stesso periodo del 2023. Le vendite di prodotti in metallo continuano a crescere rapidamente (+80% su base annua), mentre il settore delle sostanze e dei prodotti chimici ha mostrato una forte ripresa: dopo il crollo del 2023, ha chiuso i primi nove mesi dell’anno con un significativo +67%, recuperando completamente i livelli del 2022. Anche il settore dei macchinari (+50%) e il tessile (+47%) mostrano dati positivi. Di contro, si registrano flessioni nei mezzi di trasporto (-16%), con un trimestre estivo particolarmente negativo (-64% rispetto allo stesso periodo del 2023), così come nel settore del legno e carta (-8,5%) e negli articoli in gomma, plastica e minerali non metalliferi (-11,9%).
Il comparto agroalimentare - In ambito agroalimentare, dopo cinque anni di trend positivo, il terzo trimestre del 2024 ha registrato il primo segnale di arretramento del valore dell’export di prodotti lattiero-caseari. Il calo del -20% registrato tra giugno e settembre è stato così pesante da trascinare in territorio negativo la variazione cumulata nei primi nove mesi (-2,0%). Analizzando le vendite estere di pecorino e dolce sardo, che rappresentano la gran parte dell’export nel settore, è evidente come a incidere sia stata la dinamica dei prezzi, che ha confermato il calo dei mesi precedenti (la quotazione di settembre è di 13 euro al kg, contro i 14,2 dello stesso periodo dell’anno prima). Da notare, tuttavia, come un trend di indebolimento emerga anche dall’analisi delle quantità vendute (nonostante il dato medio su nove mesi rimanga superiore a quello del 2023).
In crescita, invece, le esportazioni di vini e altre bevande, che nei primi nove mesi del 2024 hanno registrato un incremento delle vendite estere del +9,1%. Positivo anche il dato relativo a pasta e prodotti da forno (+4,6%), trainato da un trimestre estivo estremamente robusto (+34% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente). Si confermano le ottime performance del settore oleario, che si sta rapidamente ritagliando uno spazio significativo nel bilancio dell’export agroalimentare regionale. Basti pensare che, nei primi nove mesi del 2024, il comparto ha chiuso con un brillante +57%, portando il valore dell’olio sardo venduto all’estero a superare i 7,6 milioni di euro, più delle vendite di tutto il 2023.
Il rischio Trump e la guerra dei dazi - Secondo il dossier della Cna sarda il ritorno di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti solleva interrogativi sulle implicazioni future di un possibile aumento delle tensioni commerciali al livello globale, che potrebbero ripercuotersi negativamente sull’economia sarda.
L’Agenda 47, il programma economico e politico di Trump per il suo secondo mandato, ha come pilastro il ritorno a politiche commerciali protezionistiche, che prevedono l’innalzamento delle tariffe doganali per incentivare la produzione interna e ridurre il deficit commerciale. In un contesto in cui l'Unione Europea è tra i principali partner degli Stati Uniti, le nuove misure tariffarie rischiano di ridurre la competitività delle esportazioni regionali verso il mercato americano, aumentando i costi e scoraggiando gli scambi bilaterali.
Analizzando la percentuale del valore dell’export manifatturiero (escludendo il settore petrolifero) destinato al mercato statunitense nei primi nove mesi del 2024, emerge che, tra le regioni italiane, la Sardegna si colloca al sesto posto, con una quota americana sul totale pari a circa il 14%, un valore nettamente superiore alla media nazionale (10,9%). Si tratta di circa 118 milioni di euro, che, proiettati su base annua (stimando i tre mesi mancanti da ottobre a dicembre), arrivano a 163 milioni di euro. Questi dati evidenziano la significativa esposizione delle aziende esportatrici sarde al rischio di un eventuale inasprimento delle tariffe doganali Usa.
Al livello settoriale, - continua - quello in assoluto più esposto è il settore agroalimentare, che nel 2024 ha esportato negli Stati Uniti prodotti per un valore superiore al 52% del fatturato estero totale (decisamente marginale è l’esposizione nei principali settori dell’export manifatturiero sardo, quello chimico e quello metallurgico). Già in occasione della prima “guerra commerciale” con la Cina, inaugurata dagli USA durante il primo mandato di Donald Trump, gli operatori del settore avevano lanciato l’allarme per il rischio di un aumento delle tariffe, aumento che rischiava di mettere in discussione la crescita di un settore promettente per l’economia dell’Isola. Da allora, l’esposizione verso il mercato americano non è diminuita (era il 49,8% nel 2019), soprattutto nell’ambito dei prodotti caseari e nel comparto vitivinicolo. La limitata diversificazione dei mercati di sbocco, che aumenta il rischio di dipendenza da un singolo mercato, torna quindi a rappresentare una minaccia per lo sviluppo dell’export agroalimentare sardo.
D’altra parte, conclude la nota, se si guarda alla storia del protezionismo made in Usa si scopre che dal 2009 il settore agroalimentare è il secondo in termini di misure implementate, alle spalle soltanto del comparto metallurgico. In quest’ambito, gli interventi principali hanno riguardato il comparto cerealicolo, ma in uno scenario futuro anche settori come il vino, i formaggi e i salumi, già oggetto di precedenti dazi, potrebbero subire pesanti penalizzazioni. Com
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