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Perché la presidente del consiglio dei Ministri italiana continua a mentire e coglie ogni occasione per attaccare durante la magistrature? Di cosa ha paura? E sul Caso Almasri niente avviso di garanzia ma solo informata che era sotto inchiesta. Ora il Parlamento bloccato fino a martedì.

Roma, 30 Gen 2025 - All'indomani della notizia di indagine ricevuta dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, insieme al ministro della Giustizia Carlo Nordio, il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi e il sottosegretario Alfredo Mantovano, in merito alla vicenda del libico Almasri, la premier scrive in un post su X: "Il nostro impegno per difendere l'Italia proseguirà, come sempre, con determinazione e senza esitazioni. Quando sono in gioco la sicurezza della Nazione e l'interesse degli italiani, non esiste spazio per passi indietro. Dritti per la nostra strada".

Ieri pomeriggio la decisione congiunta di nominare quale unico legale l’avvocata Giulia Bongiorno, che ha difeso il ministro Salvini nel processo Open Arms. “Una scelta che sottolinea la compattezza del governo anche nell’esercizio dei propri diritti di difesa”, viene spiegato. Bongiorno in mattinata è stata vista entrare a palazzo Chigi.

Dopo la notizia dell'avviso di garanzia, è stata rinviata l'informativa del ministro dell'interno Piantedosi e di quello della giustizia Nordio sul caso Almasri. 

Dal centrosinistra la replica è dura: non si può andare avanti con la normale attività parlamentare mentre il governo non fa chiarezza sul rilascio e il rimpatrio del criminale libico. Così viene immediatamente convocata la conferenza dei capigruppo a Palazzo Madama, poco dopo anche a Montecitorio. Risultato: lavori fermi fino a martedì prossimo, quando entrambe le capigruppo sono di nuovo convocate. Il clima di tensione fa saltare anche la riunione del Parlamento in seduta comune, che avrebbe dovuto votare per l'elezione dei quattro giudici mancanti della Corte Costituzionale, a cui più volte il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha richiamato le Camere.

Meloni attraverso un video pubblicato sui suoi canali social aveva mostrato quello che ha impropriamente definito “avviso di garanzia” ripercorrendo la vicenda: "La notizia di oggi è questa, il procuratore della Repubblica Francesco Lo Voi, lo stesso del fallimentare processo a Matteo Salvini per sequestro di persona mi ha appena inviato un avviso di garanzia per i reati di favoreggiamento e peculato in relazione alla vicenda del rimpatrio del cittadino Almasri avviso di garanzia inviato anche al ministro Carlo Nordio, Matteo Piantedosi e Alfredo Mantovano presumo al seguito di una denuncia che è stata presentata dall'avvocato Luigi Li Gotti ex politico di sinistra molto vicino a Romano Prodi conosciuto per avere difeso pentiti del calibro di Buscetta, Brusca e altri mafiosi".

"Vale oggi quello che valeva ieri: non sono ricattabile, non mi faccio intimidire. È possibile che per questo sia invisa a chi non vuole che l'Italia cambi e diventi migliore ma anche e soprattutto per questo intendo andare avanti per la mia strada a difesa degli italiani, soprattutto quando in gioco la sicurezza della Nazione". Così conclude la premier.

Secondo la legge costituzionale numero 1 del 1989 il presidente del Consiglio e i ministri, per reati compiuti nell’esercizio delle loro funzioni possono essere indagati solo da un particolare collegio di giudici, detto tribunale dei ministri, che esiste in ogni distretto di Corte d’Appello ed è composto da tre magistrati sorteggiati ogni due anni. Se una procura riceve una denuncia di questo genere la legge stabilisce che mandi gli atti al tribunale dei ministri “omessa ogni indagine”, e che comunichi ai membri del governo interessati di averlo fatto. È questa comunicazione che Meloni ha ricevuto.

Le notizie per i reati ministeriali vengono trasmesse al procuratore della Repubblica, il quale “senza compiere nessun tipo di indagine, entro quindici giorni trasmette gli atti al Tribunale dei ministri, dandone immediata comunicazione ai soggetti interessati”. Solitamente questa notifica è accompagnata dalla richiesta di archiviazione.
Però stavolta, stando a quanto dice Meloni lasciando chiaramente intendere nel suo video un interesse a colpirla per qualche ragione, la richiesta di archiviazione non è arrivata.

Se i ministri in questione appartengono a camere diverse, o non sono parlamentari, decide il Senato. Se appartengono a una sola camera decide la camera di competenza, anche se sono coinvolti ministri non parlamentari.

L’indagine della procura di Roma è nata da un esposto presentato da Luigi Li Gotti, avvocato con una carriera politica iniziata nella destra post fascista, come Meloni, poi proseguita nell’Italia dei Valori e nel centrosinistra (fra il 2006 e il 2008 fu sottosegretario alla Giustizia nel governo guidato da Romano Prodi).

"In relazione all'indicato procedimento gli atti sono stati inoltrati al collegio per i reati ministeriali del tribunale dei ministri". Lo si legge nella comunicazione di "iscrizione nel registro delle notizie di reato", firmato dal procuratore Francesco Lo Voi, nei confronti della premier Giorgia Meloni, dei ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi e del sottosegretario Alfredo Mantovano.

L’indagine della procura di Roma è nata da un esposto presentato da Luigi Li Gotti, avvocato con una carriera politica iniziata nella destra post fascista, come Meloni, poi proseguita nell’Italia dei Valori e nel centrosinistra (fra il 2006 e il 2008 fu sottosegretario alla Giustizia nel governo guidato da Romano Prodi). Oggi Li Gotti, intervistato da Radio24, ha detto di non aver mai parlato in vita sua con Romano Prodi.

"Si segnala, al fine di fare chiarezza, il totale fraintendimento da parte di numerosi esponenti politici dell'attività svolta dalla procura di Roma, la quale non ha emesso, come è stato detto da più parti impropriamente, un avviso di garanzia nei confronti della presidente Meloni e dei ministri Nordio e Piantedosi ma una comunicazione di iscrizione che è in sé un atto dovuto perché previsto dall'art. 6 comma 1 della legge costituzionale n. 1/89. La disposizione impone al procuratore della Repubblica, ricevuta la denuncia nei confronti di un ministro, ed omessa ogni indagine, di trasmettere, entro il termine di quindici giorni, gli atti al Tribunale dei ministri, dandone immediata comunicazione ai soggetti interessati affinché questi possano presentare memorie al collegio o chiedere di essere ascoltati. Si tratta, dunque, di un atto dovuto". Così in una nota l'Associazione nazionale magistrati.

Oggi lo ribadisce all'Ansa il segretario generale dell'Anm Salvatore Cascuaro: "La comunicazione di avvenuta trasmissione degli atti al tribunale dei ministri è un atto dovuto, contemplato da una legge costituzionale che prevede che l'attività di indagine venga svolta dal tribunale dei ministri e non dalla procura della Repubblica. Solo in caso di denunce manifestamente infondate e fantasiose ci potrebbe forse essere un margine ridottissimo di valutazione ed evidentemente non è stato ritenuto un caso rientrante in quella tipologia".

La ricostruzione dei fatti - Almasri viene arrestato a Torino il 18 gennaio. Dopo 96 ore, però, è scarcerato: l'arresto non viene convalidato e il criminale viene accompagnato all'aeroporto di Caselle, fatto salire su un volo di Stato insieme alle sue guardie del corpo armate e riportato a Tripoli. Qui viene accolto e portato in trionfo tra grida di scherno nei confronti dell'Italia. 

Almasri, secondo i giudici della Corte penale internazionale, "ha picchiato, torturato, sparato, aggredito sessualmente e ucciso personalmente detenuti, nonché ha ordinato alle guardie di picchiarli e torturarli". Nel carcere di Mitiga, da lui diretto, al febbraio 2015 sono stati uccisi almeno 34 detenuti e 22 persone, compreso un bimbo di 5 anni, hanno subito violenze sessuali dalle guardie.

Il ministro Piantedosi in Parlamento ha detto che il generale libico è stato espulso perché “soggetto pericoloso”.

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