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La guerra dei dazi, 10% alla Cina e 25% a Canada e Messico. Trump: “Presto contro l’Europa”.

Washington, 3 Feb 2025 - I prodotti europei saranno "molto presto" colpiti dai dazi doganali americani, dopo quelli imposti sui prodotti provenienti da Canada, Messico e Cina. Lo ha ribadito il presidente americano Donald Trump alla stampa, spiegando che "si stanno davvero approfittando di noi, abbiamo un deficit di 300 miliardi di dollari. Non ci prendono le nostre auto o i nostri prodotti agricoli, quasi nulla, e noi tutti prendiamo milioni di automobili, quantità enormi di prodotti agricoli". 

Sul timing dei dazi, Trump ha spiegato: "Non ho un calendario ma arriverà molto presto". Inoltre, ha annunciato il presidente Usa, "questa mattina parlerò con il primo ministro Trudeau, e parlerò anche con il Messico. Mettiamo i dazi perché ci devono molti soldi, sono sicuro che pagheranno".

Il Canada intensificherà le sue ritorsioni contro i dazi annunciati da Donald Trump secondo necessità e non farà marcia indietro, nonostante la minaccia del presidente Usa di intensificare le proprie sanzioni. Lo ha affermato il ministro delle Finanze canadese Dominic LeBlanc in un'intervista rilasciata al quotidiano Star Sunday. 

LeBlanc ha detto che quanto annunciato (cioè tariffe del 25% su un massimo di 155 miliardi di dollari canadesi di importazioni dagli Stati Uniti, tra cui alcol e frutta) è solo "la risposta iniziale del governo canadese". "Ma se i dazi Usa saranno ancora in vigore tra settimane e mesi" "allora prenderemo in considerazione altre misure aggiuntive, comprese misure non tariffarie, ma si tratta di una risposta proporzionata che verrà ampliata man mano che vedremo dove si troverà l'economia canadese nelle prossime settimane".

Il ministro non ha voluto commentare le nuove uscite di Trump sui social: "Non credo che sia costruttivo per noi rispondere a ogni post sui social media che il presidente pubblica, il nostro lavoro non è quello di reagire ora per ora a ciò che la gente dice, sia sui social media sia sui media americani, il nostro lavoro è, in questo particolare momento, capire qual è la risposta appropriata, per convincere gli americani che non è nel loro interesse economico continuare così".

Si allarga il trend di proteste dei canadesi nei confronti di Donald Trump e della guerra commerciale che il presidente degli Stati Uniti ha avviato contro il Canada. Dopo i fischi all'inno americano da parte dei tifosi canadesi di hockey a Ottawa, ieri, prima della sfida tra i Senators e la squadra dei Minnesota Wild, la stessa scena si è vissuta in casa dei Toronto Raptors, franchigia di basket Nba: quando è stato eseguito, come tradizione, l'inno americano in omaggio agli avversari, i Clippers di Los Angeles, i tifosi hanno cominciato a urlare "buu" in segno di protesta.

Da parte sua la presidente del Messico, Claudia Sheinbaum, altro stato colpita dai dazi dell’instabile Trump, ha dichiarato che domani annuncerà il suo "piano B" contro i dazi di Donald Trump, sottolineando di essere ancora in attesa della risposta del presidente americano alla sua proposta di dialogo.

"Le tariffe al 25 per cento" decise dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump "avranno un grave impatto sulle economiche di Usa e Messico", ha dichiarato la presidente, che ha anche "respinto categoricamente" la dichiarazione degli Stati Uniti secondo cui il "Messico ha legami con i cartelli della droga".

Di seguito i contro-dazi: ecco i prodotti che potrebbero colpire più duramente le tasche degli americani.

Auto e parti di automobili: Gli Stati Uniti hanno importato dal Messico veicoli a motore per un valore di 87 miliardi di dollari e parti di veicoli per un valore di 64 miliardi di dollari dall'anno scorso, senza contare dicembre, secondo i dati del Dipartimento del Commercio. I veicoli a motore sono stati anche il secondo bene più grande che gli Stati Uniti hanno importato dal Canada lo scorso anno fino a novembre, per un totale di 34 miliardi di dollari.

Gas: L'anno scorso gli Stati Uniti hanno importato petrolio e gas dal Canada per un valore di 97 miliardi di dollari, la principale esportazione di quel paese verso gli Stati Uniti. Gli Usa sono diventati più dipendenti dal petrolio canadese dopo l'espansione dell'oleodotto canadese Trans Mountain, secondo i dati della US Energy Information Administration.

Cibo e bevande alcoliche: Dall'avocado fresco ai latticini, gli americani fanno molto affidamento sui paesi confinanti per i prodotti alimentari di tutti i giorni. Ad esempio, il Messico è il più grande fornitore di frutta e verdura, mentre il Canada è in testa nelle esportazioni di cereali, bestiame e carne, pollame e altro ancora.

L'anno scorso, gli Stati Uniti hanno importato 46 miliardi di dollari di prodotti agricoli dal Messico, secondo i dati del Dipartimento dell'Agricoltura degli Stati Uniti. Ciò include 9 miliardi di dollari di frutta fresca, con l'avocado che rappresenta 3,1 miliardi di dollari del totale. 5,9 miliardi di dollari di birra e 5 miliardi di dollari di distillati. Un salasso potrebbe arrivare dalla tequila, che può essere prodotta solo in Messico, e dal marchio di birra n. 1 della nazione (Modelo) e dalla birra Corona.

Elettronica, giocattoli, elettrodomestici: L'elettronica di consumo è tra i principali beni che gli Stati Uniti hanno importato dalla Cina lo scorso anno, secondo i dati del commercio federale. Ciò include telefoni cellulari, TV, laptop, console per videogiochi, monitor e tutti i componenti che li alimentano.

La Cina è anche un importante fornitore di elettrodomestici che, insieme a giocattoli e calzature, sono particolarmente esposti ad aumenti in seguito ai dazi di Trump. Più della metà delle scarpe vendute negli Stati Uniti sono prodotte in Cina, secondo i distributori e rivenditori di calzature Usa.

Gli Stati Uniti dipendono dalla Cina anche per i giocattoli e le attrezzature sportive, compresi articoli come palloni da calcio e da baseball, con importazioni pari al 75%.

Donald Trump ha ammesso che i dazi imposti a Canada, Messico e Cina potrebbero avere delle ripercussioni sugli Stati Uniti. Il fallito uomo d’affari, ha tassato 1,4 trilioni di dollari di beni importati, più del triplo di quelli colpiti durante la sua prima amministrazione, e per gli esperti si tratta della più grande scommessa della sua politica economica. 

Ma quanto peseranno sulle tasche degli americani? E in quali settori? Innanzitutto gli analisti sottolineano che durante la prima presidenza di Trump l'inflazione non era un problema. Oggi negli Stati Uniti la vita è molto più costosa in generale e consumatori, investitori e Federal Reserve sono molto più sensibili anche ad aumento moderato del costo della vita. Più nel dettaglio, i dazi sul petrolio messicano e canadese, rispettivamente del 25% e del 10%, avranno per gli esperti ripercussioni sul prezzo della benzina al distributore: gli Stati Uniti infatti importano circa 4 milioni di barili al giorno di petrolio canadese, il 70% del quale viene lavorato dalle raffinerie del Midwest, e oltre 450.000 barili al giorno di petrolio messicano, principalmente per le raffinerie concentrate attorno alla costa del Golfo.   

Poi ci sono i beni alimentari, i cui prezzi sono già alle stelle e che il tycoon in campagna elettorale ha promesso di abbassare. Il Messico è la più grande fonte estera di frutta e verdura per gli Stati Uniti, mentre il Canada è il numero uno per cereali, bestiame, carne e zucchero. Per gli esperti non ci sono dubbi che le tariffe provocheranno un aumento dei costi al supermercato, magari non subito ma di settimana in settimana, quando anche la catena di approvvigionamento comincerà a risentire della guerra dei dazi. 

I problemi alla supply chain potrebbero essere particolarmente dannosi per il settore automobilistico poiché i pezzi che arrivano da Messico e Canada attraversano il confine più volte prima che il veicolo arrivi al concessionario. Stando ad alcune delle società di ricerca, il prezzo di un'auto media negli Stati Uniti potrebbe aumentare di 3.000 dollari a causa dei tariffe.  In conclusione, gli analisi avvertono che tra le tasse decise da Trump e quelle di ritorsione da parte di Canada, Messico e Cina, gli Stati Uniti potrebbero perdere l'1,5% del Pil nel 2025 e altri 2,1 punti percentuali nel 2026. E poi c'è da considerare l'eventuale risposta della Fed. Anche se Jerome Powell e compagni fossero disposti a trascurare un aumento una tantum sui prezzi, i dazi potrebbero costringere la banca centrale americana a ritardare ulteriormente i tagli dei tassi di interesse.

L'amministrazione Trump ha revocato lo status di protezione temporanea per i venezuelani negli Stati Uniti. Riguarda oltre 300.000 venezuelani, ora esposti a una potenziale deportazione nei prossimi mesi. Lo rivela il New York Times.

Il Segretario di Stato americano Marco Rubio ha avvisato il leader panamense José Raúl Mulino: ridurre immediatamente quella che Donald Trump definisce “influenza cinese” sul Canale di Panama o affrontare potenziali ritorsioni da parte degli Stati Uniti. 

Rubio, in viaggio nel paese centroamericano e in visita al Canale di Panama nel suo primo viaggio all'estero, ha tenuto colloqui faccia a faccia con Mulino, che ha resistito alle pressioni del nuovo governo statunitense sulla gestione di una via d'acqua che è vitale per il commercio globale. Mulino ha detto ai giornalisti dopo l'incontro che Rubio non ha fatto "nessuna vera minaccia di riprendere il canale o di usare la forza". Parlando a nome di Trump, che ha chiesto che il canale torni sotto il controllo degli Stati Uniti, Rubio ha detto a Mulino che secondo Trump la presenza della Cina nell'area del canale viola il trattato con cui gli Stati Uniti cedettero la via d'acqua a Panama nel 1999. Quel trattato richiede la neutralità permanente del canale.

Panama come l’Albania di Meloni: nuovi punti di detenzione, sperando non siano come quelli della Libia. Infatti, il presidente panamense Jose' Raul Mulino ha detto di aver proposto al segretario di Stato americano Marco Rubio che gli Stati Uniti utilizzino Panama come ponte per deportare i migranti irregolari verso altri Paesi dell'America Latina. "Gli ho offerto l'area della pista di atterraggio di Nicanor, a Meteti (provincia di Darien), da cui rimpatriare persone provenienti da altri Paesi come Venezuela, Colombia, Ecuador, tra le altre nazionalità", ha dichiarato Mulino in una conferenza stampa dopo l'incontro con Marco Rubio. 

Il primo luglio, primo giorno del mandato di Mulino, gli Stati Uniti e Panama hanno firmato un accordo con il quale Washington si è impegnata a finanziare con 6 milioni di dollari (5,9 milioni di euro) i voli utilizzati dalle autorità panamensi per espellere i migranti che attraversano il confine senza documenti. 

L'obiettivo era quello di frenare la migrazione attraverso l'inospitale giungla del Darien, al confine con la Colombia. Questa giungla è diventata un corridoio per i migranti sudamericani che cercano di raggiungere gli Stati Uniti. Secondo Mulino, l'estensione dell'accordo consentirà ora ai migranti espulsi dagli Stati Uniti di arrivare a Panama e, dalla piccola pista di atterraggio nella città orientale di Meteti, di essere distribuiti nei loro Paesi. "Penso che questo sia ciò che accadrà, usare Panama e trasferirsi da lì. Sarebbe molto conveniente per noi, onestamente", ha detto Mulino. Secondo il Presidente, gli Stati Uniti potrebbero coprire i costi di adattamento delle strutture. "Possiamo farlo senza problemi, a spese degli Stati Uniti. Panama non investirà un dollaro in questo".

Il presidente panamense José Raúl Mulino, intimorito quanto basta dagli Usa, ha affermato che non rinnoverà il memorandum d'intesa del 2017 per aderire alla Via della Seta cinese e che cercherà di collaborare con gli Stati Uniti su nuovi investimenti, compresi progetti infrastrutturali. Dopo l'incontro con il segretario di Stato Marco Rubio il leader di Panama ha poi aggiunto che la sovranità del Paese sul Canale "non è in discussione".

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